Cinquanta anni fa, il 07 dicembre 1973, debuttava nelle sale italiane un film destinato a cambiare per sempre il modo di raccontare la fantascienza. Stiamo parlando de “Il mondo dei robot” (Westworld), il primo lungometraggio diretto da Michael Crichton, celebre scrittore e futuro creatore di Jurassic Park. Se oggi parliamo di intelligenze artificiali fuori controllo, il merito (o la colpa) va anche a un film del 1973: “Il mondo dei robot” (Westworld). Scritto e diretto da Michael Crichton, questo film ha gettato le basi per un tema che sarebbe esploso negli anni successivi: la ribellione delle macchine contro l’uomo. Non a caso, è considerato un cult assoluto nel mondo della fantascienza e uno dei primi a usare la grafica computerizzata negli effetti speciali.
Un parco a tema… fuori controllo
La storia si svolge in un futuro prossimo (l’anno 2000, visto dagli anni ’70 come un’epoca “avanzata”) all’interno di Delos, un parco divertimenti d’élite in cui i visitatori possono vivere avventure immersive in tre mondi tematici: l’Antica Roma, il Medioevo e il Far West. I protagonisti, Peter Martin (Richard Benjamin) e John Blane (James Brolin), scelgono il Westworld, dove possono giocare a fare i cowboy, affrontare duelli e sedurre donne locali, tutte rigorosamente androidi.
Il parco garantisce un’esperienza priva di rischi, poiché gli automi sono programmati per non nuocere agli ospiti. Ma qualcosa inizia a incrinarsi. Un serpente-robot morde un turista, una cortigiana si ribella, e presto il caos si scatena: il software centrale si blocca, gli androidi si ribellano e l’idillio diventa un incubo.
A incarnare questa rivolta è Il Pistolero (Yul Brynner), un implacabile cowboy-robot ispirato al suo stesso personaggio ne I magnifici sette (1960). Lo vediamo muoversi con andatura lenta e implacabile, lo sguardo gelido e il volto sempre più danneggiato a ogni scontro. È un Terminator ante litteram, una macchina assassina che insegue i protagonisti fino all’estremo delle loro forze. La sua figura divenne un’icona, replicata e citata innumerevoli volte nel cinema e nella televisione.
Tecnologia e visione: la nascita della CGI
Il mondo dei robot non è solo uno spartiacque narrativo, ma anche tecnico. È il primo film della storia del cinema a utilizzare la CGI (Computer-Generated Imagery). Sebbene rudimentale rispetto agli standard odierni, la soggettiva del Pistolero – un effetto “pixelato” per mostrare la visuale del robot – fu rivoluzionaria. L’effetto, ottenuto grazie al lavoro di John Whitney, richiese settimane di elaborazione per pochi secondi di filmato, ma aprì la strada all’uso della grafica digitale nel cinema.
Questa scelta visiva non solo rafforzò l’atmosfera inquietante, ma fornì un simbolo visivo memorabile. Vedere il mondo dal punto di vista della “macchina” non era mai stato così disturbante e, al contempo, affascinante.
Crichton e la paura della tecnologia
Alla regia c’è Michael Crichton, un nome che diventerà sinonimo di fantascienza e thriller tecnologico. Questo è il suo debutto alla regia, ma l’impronta autoriale è già evidente. Come farà con Jurassic Park due decenni dopo, Crichton esplora il tema della creazione fuori controllo. Se nel suo romanzo del 1990 il pericolo è rappresentato dai dinosauri, qui sono gli androidi a ribellarsi.
La critica di Crichton non si limita alla paura per la tecnologia, ma si estende al comportamento umano. Gli ospiti del parco, che pagano somme esorbitanti per sfogare i loro istinti più bassi (violenza, sesso, dominio), non sono migliori degli automi che sfruttano. I visitatori si sentono al sicuro dietro il paravento della “finzione”, ma la ribellione dei robot ribalta la prospettiva: chi è il vero “disumano”?
La ribellione del Pistolero non è solo il guasto di una macchina, ma una metafora potente sul controllo: chi controlla chi? Gli esseri umani pensano di essere padroni del proprio destino, ma cosa accade quando il “giocattolo” si rompe?
Cast e performance: Yul Brynner, l’androide indimenticabile
Se Il mondo dei robot è diventato un cult, gran parte del merito va alla performance iconica di Yul Brynner. Con la sua andatura lenta e metodica, la giacca nera e l’espressione glaciale, Brynner crea un personaggio spaventoso e carismatico. Il Pistolero non parla mai, ma la sua presenza domina lo schermo. Quando il suo volto inizia a sciogliersi, mostrando il lato meccanico sottostante, l’orrore è palpabile.
James Brolin e Richard Benjamin interpretano i due protagonisti umani, ma è Brynner a rubare la scena. La sua figura, con il volto danneggiato, sarà fonte d’ispirazione per James Cameron, che modellerà il T-800 di Terminator (1984) proprio su questa immagine.
Un’eredità duratura: dai sequel alla serie HBO
Il successo de Il mondo dei robot portò alla realizzazione di un sequel nel 1976, Futureworld – 2000 anni nel futuro, che esplorò ulteriormente il concetto di realtà virtuale. Seguì anche una serie TV, Beyond Westworld (1980), che però venne cancellata dopo soli cinque episodi.
Ma la vera eredità del film venne recuperata nel 2016, quando Jonathan Nolan e Lisa Joy crearono la serie HBO Westworld. La serie espanse il concetto di ribellione delle macchine in modo più complesso e filosofico, introducendo temi legati alla coscienza e alla natura del libero arbitrio. La serie ha ricevuto numerosi premi e ha riacceso l’interesse per il film originale, che molti spettatori hanno riscoperto con occhi nuovi.
Il “virus informatico”: un’intuizione geniale
Un dettaglio spesso trascurato è che Il mondo dei robot è il primo film in cui compare il termine “virus” in relazione a un sistema informatico. Nella pellicola, il guasto agli androidi viene descritto come un “virus” che si diffonde tra le macchine, provocandone il malfunzionamento. Oggi il termine è comune, ma all’epoca era un’intuizione profetica di Crichton. Oggi, nel contesto di un mondo sempre più automatizzato, in cui l’intelligenza artificiale gioca un ruolo cruciale nella nostra quotidianità, l’idea che un “virus” possa compromettere un’intera rete di macchine risuona più forte che mai.
All’epoca, Il mondo dei robot venne accolto con entusiasmo dalla critica, soprattutto per la performance di Yul Brynner e la regia solida di Crichton, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa. Il film incassò circa 10 milioni di dollari a fronte di un budget di 1,2 milioni, dimostrando che il pubblico era pronto per storie più profonde sulla tecnologia e il suo impatto.
Anche se alcune recensioni sottolinearono la lentezza della parte centrale, il fascino visivo e la potenza del messaggio lo resero un film di culto. Ancora oggi, la figura del Pistolero viene parodiata e omaggiata in I Simpson, Futurama e altre opere della cultura pop.
Il mito di Crichton non muore mai
Il mondo dei robot non è solo un film di fantascienza, ma un’opera che ha lasciato un’impronta indelebile nel modo in cui percepiamo l’intelligenza artificiale. La paura di essere superati dalle nostre stesse creazioni è un tema che risuona ancora oggi, mentre la figura del Pistolero continua a essere un archetipo del “killer robotico”.
Se amate i film come Terminator o Matrix, non potete ignorare il film che ha aperto la strada. E la prossima volta che vi troverete in un parco a tema con troppa tecnologia, ricordate: le macchine non dimenticano. E non si fermano.