Esattamente 20 anni fa debuttava in Italia Un tipo imprevedibile (Happy Gilmore), una commedia sportiva che ha conquistato il cuore di molti grazie al suo umorismo irriverente e all’energia travolgente di Adam Sandler, che vestì i panni del protagonista con il suo tipico stile spassoso e esagerato. Diretta da Dennis Dugan, questa pellicola è diventata un cult del genere, anche se non priva di alcune caratteristiche che potrebbero sembrare inusuali per una storia sportiva, ma che, proprio per questo, l’hanno resa memorabile.
Nel film, Sandler interpreta Happy Gilmore, un uomo la cui unica passione è giocare a hockey su ghiaccio. Tuttavia, nonostante il suo ardore, non è certo un prodigio del pattinaggio e nemmeno del gioco, ma vanta un talento straordinario per i tiri potenti, un colpo che gli è stato insegnato dal padre. La sua vita sembra una serie di fallimenti: dopo non essere riuscito ad entrare nella squadra di hockey della sua città per l’ennesima volta, si trova senza lavoro e, per di più, la sua fidanzata lo lascia, etichettandolo come un perdente. Ma il destino ha in serbo qualcosa di inatteso per lui: durante una visita alla casa della nonna, che sta rischiando di essere pignorata a causa di debiti fiscali, Happy scopre di possedere una forza incredibile nel golf. Riesce a lanciare la pallina oltre 400 yards, un’impresa che sembra impossibile per un novizio. È il primo passo verso la sua risalita, un percorso che lo vedrà presto nel mirino di Chubbs Peterson, un ex campione di golf che intuisce il potenziale di Happy e lo coinvolge in un torneo che potrebbe cambiare la sua vita.
Il film non perde tempo a lanciare Happy in una serie di eventi che ruotano attorno al suo ingresso nel circuito professionistico di golf. Vinto il torneo grazie a una buona dose di fortuna, Happy si trova in corsa per la “giacca d’oro” e l’assegno che gli permetterà di riscattare la casa della nonna. Ma, al contrario di quanto ci si aspetterebbe, Happy non ha alcun interesse a vincere il torneo. Il suo obiettivo è solo quello di racimolare la somma necessaria per pagare i debiti, e si rifiuta di seguire i consigli di Chubbs, il quale cerca di insegnargli la tecnica per migliorare nel gioco. Qui emerge una delle caratteristiche fondamentali del personaggio: la sua natura disordinata e poco convenzionale, ma anche la sua determinazione nel fare le cose a modo suo.
Nonostante il suo approccio poco ortodosso, Happy diventa un idolo tra i tifosi, attirando l’attenzione dei media per il suo comportamento bizzarro. L’unico a non apprezzarlo è Shooter McGavin, un avversario deciso a ostacolare la sua ascesa, ma non per le sue abilità nel golf, quanto per la sua capacità di distrarre il pubblico con la sua personalità eccentrica. Happy diventa il volto della competizione, e mentre le sue disavventure lo portano a guadagnare una fortuna, Shooter tenta di corromperlo offrendo la casa alla nonna in cambio della sua ritirata dal torneo. Questo, però, non ferma Happy, che decide di rispondere con una sfida ancora più grande, puntando tutto sull’ultimo torneo, dove, se vince, si riprenderà la casa; se perde, abbandonerà per sempre il golf.
La sfida finale è il cuore del film, con un Happy più motivato che mai, spinto dalla memoria di Chubbs, che purtroppo morirà durante il corso della trama. La morte del suo mentore lo colpisce profondamente e diventa il motore che lo spinge a migliorare nel gioco, soprattutto nel gioco corto, il suo punto debole. L’allenamento con Chubbs si rivela cruciale, e la scena in cui Happy, dopo aver ucciso il coccodrillo che aveva causato la perdita della mano dell’ex campione, lo porta come “sorpresa” a Chubbs è una delle più esilaranti e simboliche del film, rappresentando un mix perfetto di umorismo e momenti emozionanti.
Il clou arriva nel torneo finale, dove Happy dimostra i suoi miglioramenti, mentre Shooter, ostacolato dalle proprie ansie, commette errori fatali. La battaglia tra i due culmina in un drammatico confronto, segnato dall’aggressività di Shooter, che cerca di sabotare Happy usando metodi poco ortodossi, come l’agente che lo investe con una golf car. Nonostante il dolore, Happy continua a giocare, ma il suo punto di forza, il colpo potente, è compromesso. Solo l’incoraggiamento della nonna, che gli ricorda l’importanza di ciò che conta veramente, lo riporta in carreggiata. Con un tiro corto impossibile, Happy riesce finalmente a battere Shooter, trovando non solo la vittoria ma anche il vero amore in Virginia, la sua compagna di viaggio. Il finale del film è una celebrazione della sua crescita, sia come giocatore che come persona, con un tocco di leggerezza e spirito da commedia che permea tutto il film.
Un tipo imprevedibile è una pellicola che mescola il genere sportivo con una comicità irriverente e sopra le righe, tipica di Adam Sandler. Se da un lato il film si appoggia su uno schema narrativo prevedibile – il ragazzo che, partito dal basso, riesce a trionfare grazie al suo talento e alla sua perseveranza – dall’altro riesce a divertirci grazie alla carica comica del protagonista e a momenti davvero esilaranti. La presenza di Sandler è il vero cuore pulsante del film, con il suo mix di goffaggine e carisma che riesce a farci ridere e, allo stesso tempo, a farci tifare per lui. La sua performance, affiancata da un cast di supporto ben calibrato, con Christopher McDonald nel ruolo di un antagonistico e arrogante Shooter McGavin, conferisce al film una dinamicità che lo ha reso un classico del genere.
Anche se non privo di momenti prevedibili e di clichè, Un tipo imprevedibile è una commedia che non smette di divertire, ancora oggi, dopo 20 anni. Con il suo spirito anarchico, le sue gag improbabili e l’inconfondibile umorismo di Adam Sandler, il film è una di quelle opere che ha segnato un’epoca e che, a distanza di anni, continua a essere una delle pietre miliari delle commedie sportive.
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