La storia dell’arte è una finestra aperta sul pensiero, la cultura e la spiritualità delle epoche passate. Tuttavia, alcuni dettagli presenti in celebri opere sembrano suggerire una narrazione più enigmatica: la presenza di oggetti volanti non identificati (UFO) o fenomeni celesti anomali. Gli alieni sono tra noi? Forse no, ma c’è chi giura di aver trovato tracce della loro presenza nei luoghi più insospettabili: i capolavori della pittura, della scultura e persino nei monumenti più iconici. Dimenticate i documenti segreti di Area 51: gli indizi di antichi incontri ravvicinati sarebbero sotto i nostri occhi, racchiusi in opere d’arte che attraversano i secoli. Dalla paleoastronautica alla clipeologia (lo studio delle presunte tracce aliene nell’arte antica), ecco una guida per nerd appassionati di misteri e fantascienza.
Il termine “clipeologia” deriva dal latino clypeus, che significa “scudo”, in riferimento agli “scudi di fuoco” riportati da autori latini come Plinio il Vecchio e Tito Livio. Fu coniato nel 1959 dall’italiano Umberto Corazzi, uno dei primi a ipotizzare che queste antiche descrizioni potessero riferirsi a fenomeni simili agli avvistamenti UFO moderni. La clipeologia si differenzia da altre teorie correlate, come l’archeologia spaziale o la teoria degli antichi astronauti, concentrandosi esclusivamente sulle testimonianze storiche di fenomeni celesti insoliti, anziché su presunti contatti o influenze extraterrestri.Tra i suoi sostenitori spiccano nomi come Gianni Settimo, fondatore della rivista Clypeus nel 1964, e figure internazionali come Robert Charroux e W. Raymond Drake.
Questi elementi hanno acceso dibattiti tra storici dell’arte, appassionati di ufologia e studiosi di simbolismo. Sono davvero testimonianze di avvistamenti alieni tramandati attraverso l’arte, oppure semplici simboli religiosi o allegorie reinterpretati con occhi moderni?
L’Astronauta di Palenque: il pilota stellare dei Maya
Immaginate di trovarvi nel cuore della giungla messicana, davanti al maestoso Tempio delle Iscrizioni. Al suo interno si cela uno dei misteri più affascinanti della cultura Maya: il coperchio del sarcofago del re Pakal. Osservandolo, non si può fare a meno di notare una scena sorprendente. Pakal sembra seduto in una posizione peculiare, le mani su leve e pulsanti, e dietro di lui appaiono linee che ricordano le fiamme di un propulsore. Un’immagine che ha acceso la fantasia di molti appassionati di ufologia. Secondo loro, quella sarebbe la prova di un contatto tra i Maya e civiltà extraterrestri: Pakal non sarebbe un semplice re, ma un “pilota spaziale” intento a guidare un’astronave. Gli studiosi, però, offrono una spiegazione più razionale. Secondo gli esperti di arte precolombiana, le “fiamme” dietro Pakal sono in realtà le radici dell’Albero della Vita, simbolo sacro che rappresenta il collegamento tra il mondo dei vivi, l’aldilà e il divino. In questa prospettiva, il re Maya è raffigurato nel suo viaggio spirituale verso l’aldilà, non ai comandi di una navicella. Chi ha ragione? Dipende tutto dal punto di vista. Se amate le teorie sugli antichi astronauti, è facile vedere in Pakal una sorta di “Han Solo” ante litteram. Se invece seguite le interpretazioni degli archeologi, troverete l’immagine di un re che affronta il suo ultimo viaggio spirituale. Ma, ammettiamolo, l’idea di un re Maya al comando di un’astronave è troppo affascinante per non strapparci un sorriso.
I Dogu: gli astronauti perduti del Giappone antico
Spostandoci in Giappone, la storia si ripete. Qui troviamo le statuette Dogu, risalenti al periodo Jomon (1000-400 a.C.), che hanno scatenato altre teorie sui “visitatori dallo spazio”. Queste figure umanoidi presentano tratti inusuali: occhi enormi, teste sproporzionate e dettagli che sembrano visiere o maschere. Alcune di esse sembrano indossare una tuta spaziale, con particolari su braccia e gambe che, con un po’ di fantasia, richiamano guanti e stivali pressurizzati. Per i sostenitori della teoria degli antichi astronauti, è la prova che i giapponesi del tempo avrebbero incontrato esseri alieni, immortalati poi in queste piccole sculture. Gli storici, però, offrono una lettura diversa. I Dogu, spiegano, erano oggetti rituali, forse legati ai culti della fertilità. Gli occhi sproporzionati? Una stilizzazione simbolica che rappresentava la vigilanza o il risveglio spirituale. Le “tute spaziali”? Probabilmente abiti cerimoniali o scelte stilistiche. Tuttavia, ammettiamolo, con quegli occhioni da anime e quei dettagli futuristici, i Dogu sembrano usciti da un concept art di Mass Effect. Le spiegazioni accademiche sono logiche, certo, ma chi non riesce a immaginare questi piccoli “esploratori spaziali” atterrati per sbaglio in Giappone? Tra scienza e fantasia, la scelta è vostra.
Dal Medioevo al Rinascimento, non mancano opere che, se analizzate con un tocco di immaginazione moderna, sembrano custodire tracce di antichi avvistamenti extraterrestri.
Il XV secolo fu un periodo di grande fermento artistico, ma anche di misteriose suggestioni. Un esempio celebre è l’affresco “Il miracolo della neve” (1428-1432) di Masolino da Panicale, situato nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. La scena racconta la miracolosa nevicata che portò alla fondazione della basilica, ma se osserviamo il cielo, ecco che le nuvole circolari e luminose assumono una forma curiosamente familiare. Non sembrano forse simili a dischi volanti? Per i clipeologi (studiosi di presunti UFO nell’arte antica) la somiglianza è evidente. La nube principale, che ospita un medaglione divino, somiglierebbe a un UFO, e la “nevicata miracolosa” viene talvolta reinterpretata come una pioggia di misteriosa “bambagia aliena”, una sostanza descritta in altre cronache di presunti avvistamenti UFO. Questa interpretazione non è accettata dagli storici dell’arte, i quali vedono semplicemente un’iconografia religiosa classica. Tuttavia, il fascino di queste teorie resiste, complice la spettacolarità visiva dell’opera stessa.
La Madonna e l’UFO? Il Mistero di Palazzo Vecchio
Forse l’opera più discussa in ambito ufologico è “La Madonna con Bambino e San Giovannino”, conservata a Palazzo Vecchio, Firenze. Attribuito a un artista della scuola fiorentina, il dipinto mostra, in alto a destra, uno strano oggetto discoidale brillante nel cielo. Più curioso ancora è il dettaglio di un uomo con il suo cane, entrambi rivolti verso l’oggetto, quasi a voler attirare l’attenzione dell’osservatore.
Gli ufologi sostengono che l’oggetto sia un UFO, mentre gli storici dell’arte propongono una spiegazione più “terrena”: potrebbe trattarsi della stella di Betlemme o di una rappresentazione simbolica del sole. Ma il dubbio rimane, e il fascino del mistero continua ad alimentare le discussioni.
La Palla di Fuoco di Raffaello
Anche un gigante come Raffaello sembra aver flirtato con l’ignoto. Nella “Madonna di Foligno”, realizzata nel 1512, si vede una misteriosa “palla di fuoco” nel cielo sopra la casa del committente, Sigismondo de Conti. Cosa rappresenta esattamente? Per Vasari, si trattava di un fulmine. Ma altre fonti del tempo parlano di un “fuoco celeste” o di una “meteora”. Naturalmente, per gli ufologi, quella sfera luminosa che emette raggi non può essere una semplice meteora: la vedono come la prova di una tecnologia avanzata all’opera.
UFO in Battaglia: Norimberga, 1561
La cronaca più affascinante arriva però dal cielo di Norimberga, il 14 aprile 1561. Quella mattina, gli abitanti della città assistettero a uno spettacolo incredibile: secondo le cronache, una vera e propria “battaglia aerea” si svolse sopra le loro teste. Sfere, cilindri volanti e forme discoidali sembravano scontrarsi tra loro in cielo. L’evento durò oltre un’ora, e il testimone visivo di questa scena, l’incisore Hans Glaser, realizzò una xilografia per documentare l’accaduto.A cosa assistettero davvero i cittadini di Norimberga? I razionalisti suggeriscono che si sia trattato di un fenomeno naturale mal interpretato (forse riflessi solari su nubi alte). Ma l’immagine di Glaser ha ispirato numerosi racconti ufologici, e ancora oggi la “Battaglia di Norimberga” viene citata come una delle più misteriose testimonianze pre-moderne di un avvistamento UFO.
Il Monastero di Visoki Dečani: Piloti nel Passato?
Nel monastero di Visoki Dečani, in Serbia, risalente al 1350, c’è un affresco della Crocifissione che ha lasciato perplessi studiosi e appassionati di UFO. Ai lati della croce si vedono due strane figure all’interno di quelli che sembrano “dischi volanti” con piloti a bordo. Le figure hanno i volti visibili e sono immerse in oggetti che potrebbero essere interpretati come “cabine di pilotaggio”.La spiegazione tradizionale sostiene che queste figure rappresentino il sole e la luna, secondo la simbologia cristiana. Tuttavia, la somiglianza con immagini di piloti in cabina ha dato nuova linfa alle teorie sugli “antichi astronauti”, ipotesi sostenuta da autori come Erich von Däniken.
Un Satellite nel Rinascimento? La Glorificazione dell’Eucaristia di Salimbeni
Se credete che i satelliti siano un’invenzione moderna, guardate con attenzione la “Glorificazione dell’Eucaristia” di Bonaventura Salimbeni, dipinta nel 1600. Al centro della scena c’è un globo con due antenne, simile per forma e dimensioni a uno Sputnik. In realtà, l’oggetto è tradizionalmente interpretato come il “Globo Celeste”, un simbolo teologico usato per rappresentare la sovranità divina sul mondo. Eppure, la somiglianza con un satellite moderno ha fatto scattare l’immaginazione degli appassionati di misteri.
Aert de Gelder e l’UFO del Battesimo di Cristo
A chiudere questa carrellata di stranezze c’è il dipinto “Il Battesimo di Cristo” (1710) di Aert de Gelder. La scena sacra è dominata da un oggetto ovale luminoso sospeso nel cielo, da cui scendono raggi di luce che colpiscono direttamente Giovanni Battista e Gesù. Per gli storici dell’arte, si tratta di una classica rappresentazione dello Spirito Santo. Ma per gli ufologi, quell’ovale non è una colomba né una manifestazione divina: è una nave spaziale che osserva e interviene in un momento cruciale della storia umana.
Un Cubo Borg nel Surrealismo?
Chiudiamo con un salto nel XX secolo: Un mondo di Ángeles Santos, conservato al Museo Reina Sofia. Il dipinto mostra un pianeta cubico abitato da figure che sembrano uscite da un episodio di Star Trek. Con le loro teste calve e i loro occhi giganti, non sfigurerebbero come comparse in un film di fantascienza.
Simbolismo o testimonianze celesti?
La lettura di questi dettagli dipende in larga misura dal contesto storico e culturale. Nelle epoche passate, l’arte sacra utilizzava simboli celesti per rappresentare concetti religiosi come la presenza divina o la trascendenza. Per esempio, le aureole, le nubi luminose o i raggi di luce erano metafore visive della grazia e della divinità. Tuttavia, gli appassionati di ufologia propongono una lettura alternativa: se questi artisti avessero rappresentato ciò che avevano visto o ciò che era stato tramandato oralmente come fenomeno straordinario? È possibile che alcune di queste immagini siano state interpretate in chiave religiosa, ma originate da avvistamenti inspiegabili?
Diversi studiosi hanno cercato di approfondire il tema senza pregiudizi. Ad esempio, Jacques Vallée, astrofisico e pioniere della ricerca sugli UFO, ha spesso sottolineato come i racconti di avvistamenti extraterrestri siano presenti in molte culture, spesso mascherati sotto forme religiose o mitologiche. In parallelo, gli storici dell’arte evidenziano che l’intenzione dell’artista è fondamentale: gli autori rinascimentali e medievali non avevano né il concetto né la conoscenza degli UFO come li intendiamo oggi. Molti elementi interpretati come “astronavi” erano, per l’artista, simboli familiari e contestualizzati nelle credenze del tempo.
Un dibattito ancora aperto
L’idea che opere d’arte storiche possano contenere riferimenti a UFO è affascinante perché unisce due ambiti apparentemente distanti: la storia dell’arte e l’ufologia. Sebbene gli storici tendano a spiegare questi dettagli come metafore religiose, i sostenitori di una presenza aliena nel passato vedono nelle opere d’arte un’indiretta testimonianza visiva di contatti extraterrestri. L’interpretazione di questi dettagli rimane aperta. Forse si tratta semplicemente di arte e simbolismo che riflettono le preoccupazioni, le paure e le speranze delle epoche passate. Oppure, chissà, potrebbero davvero rappresentare uno sguardo verso il misterioso cielo che ci sovrasta, a suggerire che non siamo mai stati davvero soli. In ogni caso, queste opere continuano a catturare l’immaginazione e a stimolare dibattiti, ricordandoci che, a volte, l’arte è più di quello che appare.