Tornando a casa racconta la realtà di quattro pescatori dei nostri giorni, tre del napoletano e uno tunisino, che dalla Sicilia dove hanno la loro barca, si spingono fino alla zona africana per aumentare il loro pescato. Una notte sono intercettati da una motovedetta libica, quest’evento, insieme alla lontananza dai familiari li spinge a far ritorno nella loro terra, nel mare di Pozzuoli. Qui sono malvisti, gli viene intimato di ripartire e gli vengono rubate le reti. Costretti a indebitarsi fanno ritorno in Sicilia, ma il più giovane di loro, distrutto da una disgrazia personale, decide di cambiare la sua vita e di cancellare tutto il suo passato persino la sua identità.
Nonostante il quadro desolante e disperato, fatto di lotta continua per il mantenimento, il film non scade mai nel drammatico o nel patetico, e i protagonisti risultano sempre personaggi forti, fieri e degni di essere rappresentati. Sono stati azzardati paragoni con il neorealismo, forse anche per gli attori non professionisti scelti fra veri pescatori, e con La terra trema. Certo le attinenze tematiche e stilistiche non mancano, ma il clima culturale è molto diverso e siamo ben lontani dai personaggi viscontiani perseguitati dalla sorte, ignoranti, affamati e costretti ad affrontare una natura nemica. Sicuramente c’è un notevole realismo che dà ancora più forza ad un film compatto e coerente, ottimo esordio del ventinovenne Vincenzo Marra , già assistente di Mario Martone e Marco Bechis. L’opera non perde mai il ritmo e il suo fuoco interiore e non scade mai; gli attori o come sono stati ribattezzati i “pescatori” dimostrano grande sensibilità e notevoli doti interpretative con le quali donano un carattere di epicità ed universalità ai loro personaggi che assurgono al simbolo di un’umanità, che non deve più affrontare le grandi problematiche legate alla sopravvivenza, ma che si sente comunque lacerata interiormente, sola e persa in questo infinito mare.
Valeria Doddi