Nell’affascinante universo della mitologia europea, la viverna emerge come una delle creature più enigmatiche e suggestive. Rappresentata come un serpente alato ma dotata di sole due zampe, la viverna si distingue nettamente dai dragi, che vantano sei arti e dimensioni imponenti. Mentre i dragi sono spesso descritti come implacabili guerrieri, le viverne incarnano un’altra essenza: quella di esseri spaventosi, ma anche simboli di sfide superate, di coraggio e di protezione, presenti in molte tradizioni, tra cui quella italiana.
La cultura italiana è ricca di leggende che hanno per protagonisti questi creature fantastiche. Uno dei racconti più celebri è quello del leggendario Thyrus di Terni. Questa viverna, che irretiva il borgo umbro nel XII secolo, divenne un simbolo di paura e disperazione per i cittadini, costretti a vivere nell’ombra della morte e della devastazione. Fu solo grazie al coraggio di un valoroso cavaliere che la comunità poté sperare in un futuro migliore. Il guerriero, spinto dall’amore per la sua gente, affrontò il terribile mostro, liberando il borgo dalla sua minaccia. Da quel giorno, la figura di Thyrus non venne dimenticata, ma anzi, assunse un posto di onore nello stemma del Comune di Terni, a testimonianza di una vittoria che rappresentava non solo la sconfitta della bestia, ma la rinascita della comunità.
La scritta in latino che si trova sotto il gonfalone del Comune, “Thyrus et amnis dederunt signa Teramnis“, racchiude in sé il legame indissolubile tra il fiero cavaliere, il fiume e la città stessa, unendo passato e presente in un abbraccio di memoria e identità. La viverna, dunque, non è solo un simbolo di paura, ma diventa il custode di storie di lotta e resistenza.
Ma l’Umbria non è l’unica regione italiana a essere segnata dalla presenza di queste creature. Un’altra viverna minacciava il borgo di Fornole e le campagne circostanti. La popolazione, colpita dalla ferocia della bestia, si rivolse al Santo più venerato, San Silvestro. La leggenda narra che il Papa giunse in Umbria per liberare il popolo dalla terribile minaccia. Con un atto di grande coraggio e fede, San Silvestro riuscì a domare la viverna, rendendola docile, come era già accaduto con il serpente del Foro Romano. In segno di gratitudine, gli abitanti di Fornole costruirono una chiesetta nei pressi della tana del drago, ornandola con un affresco che rappresenta l’iconografia di San Silvestro. Questa testimonianza non solo celebra la liberazione, ma rafforza il legame tra fede, protezione e comunità, trasformando la paura in un simbolo di speranza.
La viverna, con la sua forma snodato e il suo volo inquietante, continua a popolare le leggende e l’araldica medievale, rappresentando non solo un pericolo da affrontare, ma anche la metafora di battaglie interiori e collettive. In un’epoca in cui la paura e l’ignoto sembrano essere sempre presenti, le storie di viverne e dei cavalieri che le affrontano ci ricordano che, anche di fronte alle sfide più oscure, il coraggio e la determinazione possono prevalere, trasformando il terrore in trionfo e preservando la memoria di un passato che continua a influenzare il presente.
Questa ricca simbologia, permeata di significato, fa delle viverne non solo creature leggendarie, ma veri e propri archetipi di una lotta continua tra luce e oscurità. La loro presenza, sia nell’araldica che nelle storie tramandate di generazione in generazione, rappresenta un invito a esplorare le ombre e a scoprire la luce che, anche nei momenti più bui, può brillare con forza e chiarezza.