The Great Wall, diretto dal celebre Zhang Yimou, è un film che ha sollevato un ampio dibattito, ma che alla fine non ha soddisfatto né il pubblico né la critica, nonostante le enormi aspettative legate alla sua produzione e alla presenza di un attore di punta come Matt Damon. Ambientato durante la dinastia Ming, il film mescola storia, mitologia e fantasia in una versione decisamente surreale della celebre Grande Muraglia. La trama segue due mercenari europei, William Garin (Matt Damon) e Pedro Tovar (Pedro Pascal), giunti in Cina per recuperare la polvere nera. Durante il loro viaggio, si trovano coinvolti in una lotta epica contro i mostri Taotie, esseri terrificanti che minacciano l’umanità ogni sessant’anni.
L’idea di fondo, che combina eventi storici e leggende cinesi, potrebbe sembrare affascinante, ma la realizzazione lascia a desiderare. Il film, infatti, si presenta subito come un prodotto confuso. La fusione tra la storia della Cina e gli elementi fantastici risulta mal gestita, con scelte narrative che sembrano più adatte a un film d’azione hollywoodiano che a una produzione epica cinese. La sceneggiatura è debole, e i dialoghi appaiono come mera giustificazione per le numerose sequenze d’azione, piuttosto che un tentativo di costruire una trama solida e coinvolgente. Ma il vero tallone d’Achille del film sono gli effetti speciali: il ricorso al green screen è evidente, e la resa visiva risulta di bassa qualità, degna più di un prodotto a basso budget che di una superproduzione.
Matt Damon, pur essendo il volto principale della pellicola, non riesce a dare al suo personaggio quella profondità emotiva che ci si aspetterebbe. La sua interpretazione è piatta, priva di sfumature, e l’attore sembra limitarsi a recitare con espressione impassibile per tutta la durata del film. Lo stesso si può dire di Willem Dafoe, che purtroppo non riesce a farsi notare nemmeno nei panni di un personaggio secondario, con una recitazione che appare fuori posto rispetto al contesto epico e fantastico che la pellicola avrebbe voluto evocare.
Nonostante queste gravi lacune, The Great Wall riesce comunque a sorprendere in alcuni aspetti visivi. La Grande Muraglia è rappresentata con grande dettaglio, così come le armature e gli elmi dei soldati cinesi, che richiamano in modo affascinante le tradizioni storiche cinesi. Purtroppo, questi dettagli positivi non sono sufficienti a salvare il film, che, per via di una regia altalenante e di una trama invasa da stereotipi, risulta ben lontano dal successo che ci si aspettava. Inoltre, la scelta di ambientare la storia in Cina ma di includere un cast prevalentemente occidentale, con Matt Damon come protagonista, ha suscitato non poche polemiche. Molti spettatori e critici hanno accusato il film di “whitewashing”, sollevando discussioni sulla rappresentazione dei popoli asiatici nel cinema occidentale e sul rischio di ridurre a cliché la cultura cinese, rappresentata da un eroe bianco che interviene per salvare una civiltà non occidentale.
Anche se The Great Wall non riesce a soddisfare le aspettative, offre comunque una riflessione interessante sulla simbologia dei muri, un tema più che mai rilevante nel nostro mondo contemporaneo, dove le frontiere e le barriere sono al centro del dibattito globale. La Muraglia stessa, pur essendo una difesa contro le invasioni, diventa simbolo di chiusura e segregazione, invitando a riflettere sul fatto che i muri, per quanto imponenti, non sono la soluzione definitiva ai conflitti. The Great Wall è una pellicola che, nonostante le ambizioni, finisce per essere un film dimenticabile. La sua trama confusa, l’uso degli effetti speciali poco convincente e la controversa scelta del cast lo rendono un prodotto che non fa onore alla tradizione cinematografica cinese. Più che un’epica di grande respiro, il film si rivela una sequenza di immagini spettacolari e azioni poco credibili, senza riuscire a lasciare un segno significativo nel panorama del cinema storico e fantastico.