35 anni fa, nel lontano 1989, al Festival del Cinema Fantastico di Roma, veniva presentato un film destinato a diventare una pietra miliare del genere cyberpunk: “Tetsuo: The Iron Man”. Diretto da un allora sconosciuto Shin’ya Tsukamoto, questo capolavoro giapponese conquistò subito gli appassionati del cinema underground, trovando ulteriore consacrazione nelle notti di Fuori Orario, diventando così un vero e proprio film-culto. Ora, a 35 anni di distanza, ripercorriamo la storia e l’impatto di questa pellicola che ha lasciato un segno indelebile nella cinematografia mondiale.
La trama di “Tetsuo” ruota attorno a un auto-feticista estremo che innesta componenti metallici nel proprio corpo. Questo macabro rituale sfocia in una terribile reazione di rigetto che lo spinge a fuggire per la città, dove viene investito da un automobilista e la sua fidanzata. Credendolo morto, i due decidono di sbarazzarsi del corpo nel bosco, ma scoprono che l’uomo è ancora vivo e li ha visti in volto. Temendo di essere perseguitati, i due fingono di essere una coppia innamorata nel tentativo di confondere i ricordi dell’agonizzante feticista. Da quel momento, l’automobilista subisce una graduale metamorfosi in un uomo-macchina. Inizia con la scoperta di un piccolo condensatore al posto di un pelo di barba, fino alla trasformazione del pene in una gigantesca fresa che porta alla morte della fidanzata. Il climax arriva con lo scontro finale tra l’automobilista e il feticista, in un’ambientazione post-industriale che diventa parte dei loro corpi, fondendoli in un’unica creatura biomeccanica pronta a seminare distruzione.
“Tetsuo” è un film che ha vinto un premio al Fantafestival di Roma, sebbene alcune critiche lo abbiano definito prolisso e ripetitivo. Tuttavia, è innegabile il suo trionfo nella tecnica della stop-motion, che dona al film un fascino unico, trasformandolo in un quadro in perenne, nevrotico movimento. La pellicola è un bombardamento di immagini folli e musiche techno elettroniche che si fondono per creare un’opera d’arte avanguardistica. Ci sono echi di David Lynch, soprattutto del periodo pre-“Elephant Man”, e più che una trama lineare, “Tetsuo” offre suggestioni visive: un mutante, un duello, un amplesso di sangue, un’acciaieria spettrale.
Il cinema di Shin’ya Tsukamoto pone domande fondamentali sulla nostra realtà e sulle nostre vite, esplorando temi come la fusione tra uomo e metallo, la potenza dell’inorganico, e i processi di trasformazione che ci attraversano. La figura femminile e lo spazio urbano diventano luoghi di sviluppo e esplosione di queste tematiche. Oggi, Shin’ya Tsukamoto è un regista affermato a livello internazionale, premiato nella sezione Orizzonti del Festival del Cinema di Venezia nel 2011. Ma è con “Tetsuo: The Iron Man” che ha lasciato un’impronta indelebile, continuando a realizzare opere visivamente potenti e radicali, segnando il cammino del cinema indipendente giapponese con la sua visione unica e rivoluzionaria.
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