Dopo il successo delle prime due pellicole, Terrifier 3 arriva nelle sale con ambizioni che, almeno inizialmente, sembrano promettere un’evoluzione della saga. Damien Leone, regista e sceneggiatore, continua a fare di Art il Clown il protagonista di un universo narrativo che, purtroppo, appare più statico che dinamico. Se nei primi minuti del film possiamo quasi credere che Leone abbia trovato una nuova formula per rendere l’esperienza horror più interessante, ben presto ci accorgiamo che il risultato finale è una miscela di gore, ripetitività e noia.
Terrifier 3 parte con un’introduzione che colpisce subito: un ambiente natalizio che diventa il palcoscenico ideale per Art, che arriva come il “Babbo Natale sbagliato” in una casa apparentemente tranquilla. L’idea di ambientare l’inizio del film durante le feste natalizie, con una famigliola che si trova ad affrontare un incubo sanguinoso, è senza dubbio originale. La regia di Leone sfrutta al meglio il fuoricampo, dove il suono dei passi sul tetto e la percezione infantile del pericolo amplificano la tensione. La scena è splatter, ma dosato, e la violenza è disturbante proprio per la sua minuziosa costruzione. In questi primi cinque minuti, c’è una speranza che Terrifier 3 possa davvero evolversi rispetto ai capitoli precedenti, che lo avevano spesso accusato di mancanza di ritmo e di contenuti.
Purtroppo, questa sensazione non dura. Dopo i primi minuti, il film perde rapidamente il suo slancio. Da lì in poi, Terrifier 3 torna a essere un racconto che si trascina senza sostanza, e quella promessa di maggiore riflessione e fantasia viene spenta, come un cerino nel vento.
Gore, sì, ma con un cuore vuoto
La trama di Terrifier 3 si può riassumere con poche parole: Art ritorna per tormentare Sienna e il fratello, seminando morte e violenza in modo sempre più truculento e sadico. Ogni uccisione è un’occasione per Leone di spingersi oltre, mostrando l’ennesima tortura sanguinolenta, ma la trama non ha la forza di supportare tutto questo. Le scene di violenza, ormai una firma della saga, non hanno più quel fascino di novità che caratterizzava il primo film. Qui, nonostante la perizia degli effetti speciali, l’orrore è più una vetrina per la maestria tecnica dei creatori di effetti speciali che un momento di tensione. C’è anche il tentativo di rinnovare, con scene più “fantasiose”, come quella della motosega sotto la doccia e una sequenza che ricorda un momento di American Psycho, ma tutto appare come un esercizio di stile fine a sé stesso.
Quello che resta, alla fine, è un film che ha il cuore di Terrifier ma la spinta di un treno che sta andando fuori strada. L’assenza di un motore narrativo solido e l’eccessiva dilatazione dei momenti “di raccordo” rendono il film una maratona che si fa fatica a seguire. Il mix di gore e introspezione psicologica, spesso privo di qualsiasi spessore, diventa il vero problema: non c’è nulla di interessante nelle relazioni tra i personaggi e nulla che faccia evolvere la trama. La violenza fine a sé stessa, per quanto scioccante, non basta più a reggere la pellicola.
Terrifier 3 e la sua ambizione incompiuta
Damien Leone ha cercato di far crescere il suo universo narrativo, espandendo il ruolo di Art e creando una sorta di mitologia interna. Tuttavia, come notato da Federico Gironi, il film non riesce a fare il salto che ci si aspetterebbe da un terzo capitolo. Nonostante gli enormi incassi e la continua popolarità tra i fan più accaniti, Terrifier 3 non riesce a emergere come qualcosa di più che un semplice film di gore per adolescenti in cerca di adrenalina. Sebbene Leone abbia evidentemente capito cosa vuole il suo pubblico—gli amanti della violenza gratuita, della crudeltà e della provocazione—questo non è sufficiente a giustificare un film che manca di una struttura solida.
Il tentativo di dare al film una dimensione “sovversiva”, di rompere con le convenzioni del cinema horror più raffinato, appare forzato e, in alcuni casi, vuoto. Quasi come se Leone volesse sembrare provocatorio senza mai esserlo veramente. La critica alla retorica natalizia o ai valori familiari, che si percepisce qua e là, non ha la forza di dare al film una direzione chiara e, soprattutto, risulta incompiuta.
Una saga per i fan, ma a quale prezzo?
Se c’è una cosa che Terrifier 3 sa fare bene, è soddisfare i fan più accaniti, quelli che frequentano le convention, che collezionano poster e pupazzi di Art il Clown. Questo film, con il suo eccessivo gore e le sue scene grottesche, è fatto apposta per chi cerca shock, per chi si nutre di horror grezzo e senza compromessi. Ma proprio questa carenza di ambizione narrativo-cinematografica rischia di rendere la saga sempre più sterile, persa in un loop di autocompiacimento che la rende più simile a quei prodotti che, in teoria, dovrebbe criticare.
Il rischio maggiore, come sottolineato anche nella recensione di Gironi, è che la saga perda la sua freschezza e diventi un prodotto sempre più standardizzato, incapace di rispondere alle aspettative del pubblico senza sacrificare la propria identità. A forza di ripetere gli stessi schemi, Terrifier 3 potrebbe trasformarsi in un film che non ha più nulla da dire, se non la volontà di continuare a produrre violenza per il semplice gusto di farlo.
Terrifier 3 è un film che sa divertire chi cerca solo gore e follia, ma che delude profondamente chi spera in un’evoluzione della saga o in un’introspezione che vada oltre il sangue. Nonostante le ambizioni di Leone di creare un universo più ampio, il film finisce per essere una copia dei precedenti, con qualche scena eccessiva in più e una noia crescente. È difficile non rimanere con l’impressione che questa saga sia ormai giunta al suo limite, intrappolata nel suo stesso ciclo di violenza e ripetizione. Se Terrifier è il vostro tipo di horror, allora non vi deluderà. Ma per tutti gli altri, è difficile immaginare cosa ancora possa offrire.
Aggiungi commento