In una tranquilla cittadina del Kyushu, la giovane Suzume si imbatte in una curiosa porta, che si erige intatta tra le rovine di un edificio fatiscente, come se fosse stata salvata per magia dalla devastazione. La porta non si apre su nulla ma la ragazza sente comunque l’impulso di girarne il pomello e di spalancarla.Di colpo, in seguito al suo gesto, una serie di altre porte altrettanto misteriose, sparse in tutto il Giappone, iniziano ad aprirsi una dopo l’altra… ma dovranno essere richiuse al più presto, o la calamità che si nasconde dall’altra parte sarà libera di abbattersi sul Paese! Seguendo il mistico richiamo delle porte, inizia così per Suzume un incredibile viaggio per chiuderle tutte, come una novella Pandora che tenta di sigillare il proverbiale vaso.
Da questo effetto sliding doors nasce l’idea per la suggestiva trama di Suzume, il nuovo romanzo di Makoto Shinkai, il geniale autore di Your Name (titolo di enorme successo con oltre 350.000 copie vendute solo in Giappone): un testo meraviglioso da cui è tratto il film di animazione campione d’incassi ai botteghini giapponesi e in concorso al Festival del Cinema di Berlino.
“Sotto una cupola dalla struttura in acciaio, il cui soffitto è completamente collassato, c’è uno spazio circolare
ampio abbastanza da poterci correre i cento metri, il cui pavimento è ricoperto da qualche centimetro d’acqua limpida.
E, proprio al centro di quella distesa liquida, svetta una porta
bianca. Fra i mattoni e i pezzi di ombrelloni sparsi in giro, quel
varco si erge solitario e inviolato, come se qualcuno o qualcosa
gli avesse concesso uno speciale permesso per non sgretolarsi
o gli avesse impedito di farlo”.
Suzume, sia nella sua forma letteraria che cinematografica, prende forma grazie a un ricordo dell’autore, il terribile terremoto che ha sconvolto il Giappone nel 2011.
“Quando avevo trentotto anni, un terremoto ha scosso la parte est del Giappone. Non sono stato direttamente coinvolto nel disastro, ma è stato un po’ il leitmotiv dei miei quarant’anni.”
Scrive Makoto Shinkai nella postfazione del romanzo.
“Mentre facevo animazione, scrivevo romanzi e crescevo i miei figli, nella mia testa continuavo a pensare a cosa avevo provato in quel momento. Perché? Perché è andata così? Perché è toccato a qualcuno a cui tenevo e non a me? Posso continuare a vivere come sto facendo ora? Posso continuare a sfuggire alla realtà delle cose? Posso fingere che non sia successo niente? Cosa posso fare? Cos’avrei dovuto fare?”
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