Quanti di voi possono dire di non aver mai sentito la frase “Wow! Ma qui siamo su Star Trek!” almeno una volta nella vita? Di solito qualcuno la dice quando esce qualche nuovo dispositivo tecnologico sofisticato, o qualche nuovo software all’avanguardia. Ormai Star Trek è diventata un termine di paragone con la realtà. Ciò accade anche perché la fantasia di Gene Roddenberry è stata di ispirazione nel corso del tempo per molti ingegneri e inventori. Le tecnologie descritte in Star Trek in realtà, danno forma da sempre a quello che vorremmo avere nella vita di tutti i giorni. Io, ad esempio, quando ero piccolo e vedevo la Serie Classica o la Next Generation, sognavo sempre di poter avere un giorno un computer così avanzato da poterci parlare per usarlo. Oggi posseggo un Amazon Echo e Alexa è stato il coronamento di quel sogno. Ma la tecnologia “alla Star Trek” non si ferma certo agli assistenti vocali.
A pensarci bene, in alcuni aspetti abbiamo anche superato Star Trek, almeno la Serie Classica. La ricerca tecnologica ci ha portato a livelli che mai avremmo immaginato negli anni ’80, tantomeno ci avrebbero pensato i nostri genitori negli anni ’60. E ormai siamo così abituati ad alcune di queste cose, che non ci facciamo neanche più caso. Oggi, quando guardiamo un episodio di Star Trek, molte cose che vediamo le troviamo quasi scontate. Siamo così abituati all’utilizzo quotidiano di certe tecnologie che non ci sorprendono più. In questo articolo metterò a confronto i dispositivi presentati all’interno delle vecchie serie, con quello che abbiamo oggi, per vedere a che punto siamo arrivati.
Star Trek Vs Realtà: la tecnologia nella vita di tutti i giorni
La Domotica e gli Assistenti Vocali
Un aspetto della vita quotidiana contemporanea che ci fa pensare più volte a Star Trek è sicuramente la domotica. Primi fra tutti gli assistenti vocali. Chi non ha mai sognato di poter chiedere una cosa al computer senza doversi mettere alla scrivania, o senza dover prendere in mano tablet e smartphone, accedere, collegarsi a google etc? Gli assistenti vocali basta chiamarli per nome e chiedere. E se siete Trekkie estremisti e ipernostalgici come me, vi do un suggerimento: Amazon Echo permette di personalizzare il nome del dispositivo. Quindi, se “Alexa” non vi soddisfa, potete scegliere un altro nome, tra quelli proposti. E c’è anche “Computer”. Io l’ho provato, ma poi mi si attivava ogni volta che dicevo alla mia compagna “mi metto al computer!”, quindi sono tornato ad Alexa.
Inoltre, collegando gli elettrodomestici compatibili ai rispettivi assistenti vocali, la vostra casa diventerà una piccola Enterprise. Volete giocare? “Alexa, accendi XBox!”. Volete guardare una serie o un film? “Alexa, metti i Griffin su Amazon Prime Video!”, o “Ok Google, metti Voltron su Netflix!”. Avete un robottino aspirapolvere e volete pulire il pavimento? “Alexa, imposta pulizia della casa con il robottino!”. Volete chiamare un amico? “Ok Google, chiama Tizio”, oppure “Alexa, fai una telefonata a Caio!”. Siete in auto e volete raggiungere una meta di cui non conoscete la strada? “Ok Google, portami a via Tal dei Tali!”. Impostando correttamente le varie skill e le routine, potrete utilizzare i vostri assistenti vocali per fare praticamente tutto. Anche per acquistare oggetti online, o per farvi dare le notizie del giorno.
L’IoT
Ma la domotica è solo la versione casalinga di una cosa ancora più grande: l’IoT, ovvero l’ Internet delle cose (Internet of Things). Grazie a questa moderna tecnologia, le città del mondo si stanno adattando al modello di smart city, snellendo così i servizi utili per i cittadini e velocizzando la città stessa. Pensate all’asservimento semaforico per i tram, il Car Sharing con cui potete scegliere una delle macchine disponibili e aprirla dal vostro smartphone, le app che vi segnalano i parcheggi liberi e le colonnine di ricarica se avete l’auto elettrica e quelle che vi dicono esattamente tra quanto tempo passa il prossimo autobus e vi permettono di acquistare il biglietto senza dover cercare un’edicola.
Grazie ad App come il navigatore Waze poi, se siete in auto e un vostro amico (che possiede Waze) è nei paraggi, vi viene segnalato dal navigatore, consentendovi magari di chiamarvi (sempre usando il vivavoce, mi raccomando) e tenervi compagnia nel traffico. Un po’ come quando il Capitano Kirk vede un’altra astronave in lontananza e chiede a Uhura di aprire un canale audio con l’altro capitano!
Le videochiamate
Ed ora, ecco una funzione che una volta rappresentava un “sogno trekkiano”, e oggi è stata implementata così bene, da aver addirittura superato lo stesso sogno. Sto parlando delle videochiamate. Negli anni ’60, vedere Kirk che si faceva passare le chiamate “sullo schermo” era quasi magia. Negli anni ’80, quando lo faceva Picard, il sogno sembrava già più accessibile, quantomeno si iniziava a parlarne. Già negli anni ’90, con i primi software come NetMeeting, si cominciava a vedere una luce. Poi nel 2003 arrivò la 3 con i primi videofonini. E intanto nei computer cominciava a spopolare Skype.

Oggi la videochiamata non è più un sogno. Ogni software di comunicazione che si rispetti è dotato di messaggistica scritta, vocale e video. E grazie agli ultimi aggiornamenti, in parte dovuti anche alla pandemia da Covid-19, con questi software è possibile fare vere e proprie videoconferenze. Zoom e Skype permettono l’accesso fino a 100 partecipanti. In questo settore, quindi, abbiamo superato Star Trek.
Le telecomunicazioni
Nella Serie Classica, c’erano due oggetti che sicuramente attiravano l’attenzione di tutti: il Comunicatore e l’auricolare di Uhura. Il comunicatore era un dispositivo grande quando il palmo di una mano, con uno sportellino che nascondeva un modulatore di frequenza. Quando un membro dell’equipaggio voleva chiamare la nave, o un altro membro, bastava aprire lo sportellino, cercare la frequenza giusta, e aspettare che l’altro rispondesse. Quando qualcuno chiamava invece, questo oggettino emetteva un suono, il personaggio lo prendeva, apriva lo sportellino, premeva un tasto e rispondeva. Vi ricorda qualcosa? Qualcuno ha detto “cellulare”?
Nel 1996, Motorola lanciò nel mercato un particolare modello di telefono cellulare, primo nel suo genere, che non somigliava più ad una cornetta telefonica, come andava in quegli anni, ma prendeva esattamente la forma del Comunicatore di Star Trek. Si chiamava StarTAC e non è ancora chiaro se il nome volesse essere un richiamo alla popolare serie Sci-Fi.
L’altro oggetto che ho citato invece, era un particolare auricolare con una parte esterna che terminava con una specie di microfono. Quando Uhura riceveva una chiamata, le bastava toccare la punta del microfono e rispondere. Come si fa oggi con i moderni auricolari bluetooth. Le prime versioni erano auricolari singoli, con un bottoncino per rispondere. Le versioni moderne sono auricolari a coppie, che tuttavia possono anche essere utilizzati singolarmente, che rispondono al semplice tocco del polpastrello. Qui siamo arrivati al livello di Star Trek.
Per quanto riguarda i cellulari invece, il modello Star Trek lo abbiamo superato già da un pezzo. Anzi, grazie agli smartphone ormai il cellulare è diventato obsoleto. Ma di questo parlerò nel prossimo paragrafo.
Tablet, Smartphone e Touch-Screen
Questo argomento riguarda più la serie Next Generation, in cui tutti i membri dell’equipaggio erano dotati di uno o più PADD (che compaiono di nuovo in Discovery con il nome “datapad”). Questi dispositivi erano di due dimensioni. C’erano quelli piccoli, che ricordavano i nostri smartphone e quelli grandi, che ricordavano i tablet da 10 pollici. Venivano usati esattamente come i nostri smartphone e tablet, attraverso il tocco delle dita. Servivano per lavorare. Vi si potevano leggere i rapporti, i diari di bordo, le diagnostiche dei computer e dei motori e le cartelle cliniche dei pazienti dell’infermeria. Ognuno aveva il suo PADD con la sua configurazione personale, a seconda del compito svolto all’interno della nave. In molti posti di lavoro oggi avviene la stessa cosa. Tablet e smartphone aziendali con app preinstallate che predispongono il dispositivo all’utilizzo professionale. Li usano i tecnici che vengono a installarci il router a casa, o quelli che vengono ad effettuare la lettura del gas. In questo possiamo dire di essere allo stesso livello di Star Trek Next Generation.

E se ricordate bene, a partire dagli utlimi film cinematografici della Serie Classica e dalla Serie Next Generation, appaiono i primi Touch-Screen. Grandi pannelli di vetro con cui i protagonisti interagiscono tramite il tocco delle dita, che servono un po’ a tutto. Pilotare la nave, aprire mappe per localizzare gli altri membri, leggere dati etc. Beh, in ambito spaziale finalmente ci siamo arrivati anche noi. La capsula Crew-Dragon della SpaceX infatti viene pilotata tramite un touch-screen, alla stessa maniera di Geordie e Data
E lo spazio?
Finora abbiamo parlato di tecnologie quotidiane, per lo più casalinghe o da ufficio. Ma a livello di tecnologie spaziali come siamo messi? Su Star Trek abbiamo diversi tipi di velivoli: ci sono le Navette, custodite all’interno degli hangar delle navi principali, grandi come furgoncini, che vengono utilizzate per l’esplorazione di spazi piccoli in cui la nave madre non può entrare, o per atterrare sui pianeti, laddove non è possibile utilizzare il teletrasporto. Poi abbiamo le astronavi, vere protagoniste del franchise, i cui nomi danno il titolo a ben tre serie (Enterprise, Voyager e Discovery) e in ultimo, le basi stellari Deep Space, una delle quali protagonista di una serie, Deep Space 9.
Purtroppo, nella nostra realtà in questo ambito siamo ancora molto indietro rispetto a Star Trek. Ma anche noi possiamo vantare una rosa di elementi niente male. Abbiamo ad esempio le nostre Navette, ovvero le Capsule Sojuz e Crew-Dragon. E abbiamo anche le Blue Origin (ma sono ancora Work in Progress). Piccole (si fa per dire) navicelle pensate per equipaggi dai 3 ai 7 elementi, che partono da Terra per andare ad agganciarsi alla Stazione Spaziale Internazionale, e per riportare gli astronauti a Terra. Queste Capsule sono le eredi di altre navicelle più grandi usate fino al 2011: gli Shuttle. A differenza delle Capsule, essi erano simili a piccoli aerei e potevsano ospitare anche loro fino a 6 elementi. La parte più grande veniva utilizzata come stiva di carico per i satelliti da portare in orbita, o per i moduli aggiuntivi da agganciare alla Stazione Spaziale.
E poi abbiamo la Stazione Spaziale. In realtà dovrei dire “le” stazioni, perché l’attuale ISS è solo l’ultima di una serie. Le nostre stazioni però, a dispetto del nome, non sono vere e proprie “stazioni”. Non rappresentano “basi” spaziali, bensì sono sempre state molto più simili a delle astronavi. Infatti non stanno ferme in un punto, come il nome farebbe intendere, ma orbitano attorno al pianeta, con tanto di “aggiustamenti di rotta” periodici. La planimetria non è quella di una base, ma è molto più simile a quella di un vascello trekkiano. La ISS ha gli alloggi per l’equipaggio, una sala ricreativa con la palestra, una sala da pranzo e vari laboratori per gli esperimenti. Se dovessi paragonare la ISS a una delle navi di Star Trek, direi la Discovery, che per l’appunto è un vascello scientifico.
Per quanto riguarda l’esplorazione dello spazio profondo invece, per ora ci stiamo affidando a delle sonde. La più famosa, nonché quella che è giunta più lontano di tutte è la Voyager. Guardacaso lo stesso nome della nave della Federazione che è giunta più lontano di tutte le altre, nel famoso Quadrante Gamma.
E ora attendiamo che il buon vecchio Elon Musk finisca di perfezionare le SpaceX Starship, per vedere come sarà la prossima generazione di Navi Spaziali.
Ma non finisce qui!
Le tecnologie che ho citato finora, sono solo quelle che già esistono da un po’. Ma ci sono diversi work in progress che, una volta terminati e messi in commercio, ci faranno fare un balzo in avanti mai visto prima. Come ad esempio i droni con passeggero, piccole automobili con dalle 6 alle 8 eliche in grado di volare autonomamente e trasportare persone ovunque. Le macchine volanti, insomma…oppure alcuni esperimenti in campo medico, come lo stimolatore per occhi molto simile al visore di Geordie di cui parlo in questo articolo sul mio blog. O come il Tricorder, che grazie ad un concorso sta diventando realtà.
Insomma, ciò che una volta era solo una fantasia nella testa di un autore, nel tempo è diventato ispirazione per gli inventori e oggi è realtà per tutti noi. Essere visionari, in fondo, vuol dire questo. Vedere ciò che gli altri non vedono. Guardare avanti e dare forma a ciò che tutti vorrebbero vedere. L’immaginazione non è solo una bella dote con cui scrivere un buon libro o una sceneggiatura. Con l’immaginazione possiamo fare grandi cose, ma anche farle fare ad altri. E Gene Roddenberry era un visionario lungimirante e geniale.
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