Dopo quindici anni di attesa e una serie di eventi tumultuosi che hanno segnato il suo sviluppo, S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl arriva finalmente sugli schermi dei giocatori di tutto il mondo. Questo sparatutto in prima persona, con forti elementi di survival horror, è il quarto capitolo della serie S.T.A.L.K.E.R. e segna un ritorno trionfale, ma non senza i suoi inevitabili difetti. La lunga attesa non ha fatto altro che aumentare la curiosità per questo gioco che, come da tradizione, si muove tra atmosfere inquietanti e scenari apocalittici.
Heart of Chornobyl ci porta ancora una volta nel cuore della Zona, quel territorio radioattivo e pericoloso attorno alla centrale di Chernobyl, dove la realtà e l’inconcepibile si mescolano in modo imprevedibile. Il protagonista, Skif, è un uomo comune che si trova ad affrontare il caos scaturito dall’apparizione di un artefatto misterioso che distrugge la sua casa. Sostenuto dal dottor Hermann (già presente in Call of Pripyat), Skif si troverà coinvolto in una ragnatela di cospirazioni, vendette e lotte tra fazioni rivali. Non più un semplice sopravvissuto, ma un uomo pronto a scavare nel cuore di un mondo che sembra volergli infliggere ogni sofferenza possibile.
La trama di S.T.A.L.K.E.R. 2 non è così lineare come in altri giochi. Non si tratta di una narrativa unica e compatta, ma di una serie di piccoli racconti intrecciati che si sviluppano in modo episodico. Ogni quest ci conduce in un angolo diverso della Zona, ampliando l’esperienza di gioco e immergendoci in un mondo sempre più complesso e sfaccettato. Un mondo che, a tratti, sembra essere mosso da leggi proprie, come una macchina perfetta che, senza alcun riguardo per il giocatore, continua a girare e a produrre situazioni imprevedibili.
Un aspetto che spicca fin da subito è l’incredibile vastità della mappa di gioco, che include molti luoghi già visti nei precedenti capitoli della saga, ma con una resa grafica incredibilmente dettagliata grazie all’Unreal Engine 5. La bellezza della Zona, con i suoi paesaggi desolati e le sue luci inquietanti, non ha mai avuto una resa così affascinante e, al contempo, spaventosa. L’esplorazione diventa un’esperienza in sé, tra scoperte e momenti di pura tensione. Ogni angolo potrebbe nascondere una minaccia, e ogni passo può rivelarsi l’ultimo se non si è abbastanza preparati.
Tuttavia, l’esplorazione non è mai lineare o priva di ostacoli. La distanza tra una quest e l’altra può sembrare infinita, e spostarsi da un punto all’altro diventa una prova di resistenza. Il fast travel esiste, ma richiede di parlare con degli “autisti” a pagamento, il che aggiunge un altro livello di realismo e fatica al già difficile viaggio. È un mondo dove la sofferenza è parte integrante dell’esperienza, ma dove la ricompensa arriva sempre sotto forma di nuove scoperte o artefatti da collezionare lungo il cammino.
Il ritmo narrativo del gioco può risultare sbagliato per alcuni: spesso ci si avvicina a quella che sembra la conclusione della storia, solo per scoprire che c’è ancora tanto da fare. Il “finale” è sempre in movimento, con nuove storie che si srotolano come una cassetta da girare su entrambi i lati. Nonostante ciò, la sua struttura episodica contribuisce a rendere il gioco sempre interessante, anche se può risultare faticoso per chi preferisce una trama più definita e concisa.
Il cuore di S.T.A.L.K.E.R. 2 però risiede nelle sue storie secondarie, quelle che non si trovano nei dialoghi, ma emergono dalle dinamiche del gioco stesso. L’intelligenza artificiale del mondo di gioco, con il suo sistema A-Life, crea situazioni spontanee che sembrano sfuggire al controllo del giocatore, ma che lo coinvolgono completamente. Gli NPC, con i loro nomi bizzarri come “Gena Badass” e “Max Sleepy”, vivono le loro storie, si scontrano tra di loro e affrontano le stesse minacce che il giocatore deve superare.
Un esempio lampante di questa imprevedibilità è un incontro con un posto di blocco militare, dove il protagonista non è ben visto dalla fazione di controllo. Dopo aver cercato in tutti i modi di risolvere la situazione, i soldati vengono sommersi da una feroce banda di cani randagi, che mette fine alla questione in un turbinio di caos e violenza. È questo il cuore pulsante di S.T.A.L.K.E.R. 2: un mondo che segue le sue proprie regole, dove le scelte e le azioni possono avere conseguenze a volte imprevedibili, ma sempre significative.
Tuttavia, come ogni gioco di S.T.A.L.K.E.R., ci sono anche dei difetti tecnici. Alcuni bug, in particolare quelli legati al sistema delle fazioni, possono minare l’esperienza, creando situazioni in cui il giocatore non riesce a portare a termine determinate missioni. Sebbene questi bug siano stati in parte risolti con una patch, l’ecosistema di S.T.A.L.K.E.R. non è mai stato privo di imperfezioni, e anche in Heart of Chornobyl queste non mancano.
Eppure, in un certo senso, i bug sono parte integrante dell’esperienza di S.T.A.L.K.E.R.. Sono la “jank” che ha definito il fascino di questa serie, una serie che non ha mai cercato di piegarsi alle esigenze del grande pubblico, rimanendo fedele alla sua natura spartana e crudele. Non ci sono aiuti, non c’è mano tesa, solo una Zona che non ha pietà per nessuno.
In definitiva, S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl è un gioco che si fa apprezzare per la sua profondità e la sua capacità di immergere il giocatore in un mondo tanto affascinante quanto pericoloso. Non è per tutti, e la sua natura ardua e imperfetta potrebbe far storcere il naso a chi cerca un’esperienza più facile e lineare. Ma per chi sa apprezzare la filosofia alla base della serie, per chi è disposto a lottare contro il sistema, S.T.A.L.K.E.R. 2 offre un ritorno trionfale, un’esperienza unica che riesce ancora a stupire e a coinvolgere, nonostante gli anni trascorsi e le difficoltà affrontate nello sviluppo.
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