Emo sta per emotional: infatti si tratta di musica ad alto contenuto emotivo, sia a livello sonoro che di testi. Il genere nasce negli States negli anni ’90 all’interno del più ampio filone dell’hardcore. In realtà con quest’ultimo l’emo ha ben poco da spartire, dato che la voce nei gruppi emo è quasi sempre più melodica degli urli gutturali dell’hc. Ci sono anche esempi di emo urlato, ma nella maggior parte dei casi la voce è tra il melodico e lamentoso (tipo quella di Morrissey, ex cantante degli Smiths, per intenderci).
Anzi, per essere più precisi l’emo è spesso stato in contrapposizione con l’hc, anche perché i pubblici dei due generi sono sempre stati piuttosto diversi tra di loro. Se infatti da una parte c’erano i classici nerd dei college americani, con occhiali e camicie a quadretti, dall’altra c’erano skater e surfisti con baggy pants (pantaloni molto larghi). Anche i testi erano( e sono tuttora) abbastanza differenti dal momento che nell’hc c’è anche qualche elemento positivo mentre nell’emo il mood è sempre piuttosto tristanzuolo, anche qui con le dovute eccezioni.
Negli anni ’90 sono stati degni rappresentanti del genere i Julia e gli Enkindel oltreoceano, i Bob tilton e i Kosjer d nel vecchio continente, i Mourn e gli Eversor nel Belpaese. Ora però il genere si è evoluto e, come gran parte della musica odierna, si è mischiato ad altre sonorità, quali metal (Finch) e musica acustica (DC appunto). In Italia è recentemente uscito il nuovo album dei Giardini di mirò (Punk… Not diet), che, per la prima volta nella loro carriera, vede la presenta quasi costante della voce, e che ricorda molto da vicino le migliori sonorità emo.
Quindi se cercate qualcosa di questo genere puntate su di loro, oppure sui già citati Finch e Dashboard, oppure ancora su Jimmy eat world e Get up kids, anche se in questi ultimi due casi ci avviciniamo maggiormente al college rock, in cui la voce si fa certamente meno lamentosa.
De gustibus…