Di recente ho avuto l’opportunità di rivedere Solaris, il film del 1972 diretto dal maestro russo Andrej Tarkovskij, basato sull’omonimo romanzo di Stanisław Lem. Devo ammettere che mi ha lasciato un’impressione duratura e che mi ha spinto a riflettere a lungo sui temi affrontati. Prima di entrare nel merito della pellicola, è importante fornire un contesto storico. Solaris fu prodotto durante la Guerra Fredda, in un’epoca in cui la tecnologia stava facendo passi da gigante e in cui la concorrenza tra Stati Uniti e Unione Sovietica si stava giocando anche sul terreno della conquista dello spazio. In questo contesto, il film di Tarkovskij si distingue per la sua profondità filosofica e la sua riflessione sul significato dell’esistenza umana.
La trama di Solaris può sembrare confusa a prima vista, ma diventa progressivamente più chiara e coinvolgente man mano che la storia progredisce. Kris Kelvin, uno psicologo spaziale, viene inviato sulla stazione orbitante Solaris per investigare su alcuni strani eventi che stanno accadendo a bordo. Una volta lì, scopre che il pianeta gassoso, che è stato studiato per decenni, ha acquisito la capacità di materializzare i pensieri e i ricordi più intimi e dolorosi degli astronauti. Kelvin si trova quindi a fare i conti con il fantasma della moglie morta, Hari, che lo ha abbandonato anni prima.
Tarkovskij utilizza questi eventi surreali per esplorare temi come la memoria, l’identità, l’amore e la solitudine. Il regista non fornisce risposte semplici o banali a queste questioni, ma piuttosto invita lo spettatore a riflettere e a trovare la propria interpretazione. Ciò che rende Solaris così unico è la sua capacità di unire la fantascienza hard, con la sua attenzione ai dettagli scientifici, con una riflessione filosofica e spirituale.
La recitazione dei protagonisti è eccellente, in particolare Donatas Banionis nel ruolo di Kelvin e Natalya Bondarchuk in quello di Hari. I loro dialoghi e le loro interazioni sono intense e toccanti, e riescono a trasmettere al pubblico le emozioni e i conflitti interiori dei loro personaggi.
La fotografia di Vadim Yusov è altrettanto impressionante, con lunghi piani sequenza che creano un’atmosfera onirica e surreale. Le immagini del pianeta Solaris e della stazione spaziale sono estremamente suggestive e contribuiscono a creare un senso di alienazione e distacco dalla realtà. La colonna sonora di Eduard Artemyev, con la sua miscela di musica classica e elettronica, sottolinea perfettamente l’atmosfera rarefatta e misteriosa del film.
Tuttavia, Solaris non è un film per tutti. La sua lentezza e la sua natura contemplativa possono risultare noiose per alcuni spettatori, abituati a un ritmo più frenetico e ad una trama più lineare. Inoltre, la sua riflessione filosofica e spirituale può essere difficile da seguire per chi non è interessato a tali tematiche. Solaris è un’opera d’arte unica e straordinaria, che offre una riflessione profonda e toccante sui temi dell’esistenza umana. La sua lentezza e la sua natura contemplativa possono essere un ostacolo per alcuni spettatori, ma per chi è disposto a lasciarsi trasportare dalla sua visione onirica e surreale, Solaris è un’esperienza cinematografica indimenticabile. Consiglio vivamente di vedere questo capolavoro del cinema russo e di lasciarsi affascinare dalla sua bellezza e dalla sua profondità.