Social e ricordi d’infanzia: un mix di foto e… vuoti?

Hai mai provato a ricordare il tuo primo compleanno? O quel viaggio al mare quando eri piccolissimo? È normale non averne un ricordo preciso: l’amnesia infantile fa sì che i primi anni di vita restino spesso un mistero. Ma con l’avvento dei social media, le nostre vite, fin dalla nascita, vengono documentate con migliaia di foto e video. Allora, queste immagini possono aiutarci a colmare i vuoti della nostra memoria infantile?

I social: una fotogallery della nostra vita

Senza dubbio, i social sono diventati una sorta di album di famiglia digitale. Ogni sorriso, ogni passo, ogni traguardo viene immortalato e condiviso con amici e parenti. Ma è davvero così semplice ricostruire la nostra infanzia sfogliando un feed di Instagram?

Secondo gli esperti, la memoria è un processo complesso che richiede tempo e maturazione del cervello. Emi Bondi, presidente della Società Italiana di Psichiatria, spiega che “un bimbo a sei mesi riconosce il viso della mamma, ma non riesce a rievocarlo”. Per avere un ricordo vero e proprio, le connessioni tra le aree razionali ed emotive del cervello devono essere ben sviluppate.

Ricordi veri vs. ricordi indotti

Le foto sui social possono creare dei ricordi indotti, ma non sostituiscono quelli veri. La memoria è strettamente legata alle emozioni e ai sensi. Un profumo, un suono, un gusto possono riportarci indietro nel tempo con una vivacità incredibile. Le immagini, invece, anche se numerose, hanno un impatto meno profondo.

Cosa resta dell’infanzia?

Allora, cosa rimane dei nostri primi anni di vita? Sicuramente le emozioni. Anche se non ricordiamo gli eventi nel dettaglio, le sensazioni provate da piccoli ci accompagnano per tutta la vita e influenzano il nostro modo di essere.

In conclusione

I social media sono uno strumento potente per documentare la nostra vita, ma non possono sostituire l’esperienza diretta. I ricordi veri sono quelli che si costruiscono con le emozioni, i sensi e il tempo. Le foto sui social possono essere un piacevole ricordo, ma non sono l’unica chiave per comprendere la nostra infanzia.

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