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Shibari e cultura nerd: quando l’arte del bondage giapponese incontra anime, manga e immaginario pop

Nel vasto universo della cultura giapponese, esistono pratiche che riescono a fondere sensualità, tradizione e arte visiva in una forma di espressione tanto affascinante quanto controversa. Una di queste è senza dubbio lo shibari (縛り), noto anche come kinbaku (緊縛), letteralmente “legatura stretta”. Ma non si tratta soltanto di bondage nel senso occidentale del termine: lo shibari è un rituale estetico, una coreografia fatta di corde, pelle, respiro e silenzi carichi di tensione emotiva. E sì, ha trovato il suo spazio anche nell’universo nerd, tra manga, anime e curiosità da veri intenditori.

Le radici storiche dello shibari: da arte marziale a scultura vivente

Lo shibari ha origini antiche e affonda le sue radici nello hojōjutsu, una tecnica di immobilizzazione dei prigionieri utilizzata dai samurai e dalle forze di polizia giapponesi già dal XV secolo. In un Giappone dove il metallo era raro e prezioso, le corde – fatte di canapa o juta – diventavano strumenti indispensabili per mantenere l’ordine. Ma non si trattava solo di legare: c’erano regole precise, pose codificate, e un’estetica che rifletteva il rispetto (o il disprezzo) per il prigioniero. Ancora oggi, curiosamente, alcuni reparti della polizia giapponese portano con sé fasci di corda nei propri furgoni, una traccia tangibile di un retaggio che sembra non voler svanire.

Col passare dei secoli, e con l’arrivo del periodo Edo (1600-1868), il legame tra corde e immaginario erotico iniziò a farsi più stretto. Le seme-e, xilografie appartenenti alla tradizione degli ukiyo-e, rappresentavano scene di costrizione erotica. Fu però nel XX secolo, con l’artista Seiu Ito, che nacque il kinbaku moderno. Le sue opere, ispirate al teatro kabuki e intrise di una sensualità teatrale e crudele, gettarono le basi per l’evoluzione artistica dello shibari. Negli anni Cinquanta, riviste come Kitan Club e Yomikiri Romance cominciarono a pubblicare fotografie esplicite in cui il corpo legato diventava un’opera d’arte. E così, la legatura erotica divenne sempre più popolare, portando con sé un bagaglio estetico potente e controverso.

Shibari nei manga e negli anime: un’arte tra eros e simbolismo

Il mondo degli anime e manga, si sa, ha affrontato quasi ogni aspetto della cultura giapponese, e lo shibari non fa eccezione. Anche se il tema è spesso relegato a opere per adulti o comunque mature, esistono rappresentazioni che trattano la legatura con rispetto, ironia o anche in chiave simbolica.

Uno dei manga più iconici è sicuramente “Nana to Kaoru” di Ryuta Amazume. In questa commedia romantico-erotica, due adolescenti esplorano il mondo del bondage in modo graduale e consensuale. Le “sessioni di respiro” diventano il pretesto per scoprire sé stessi e la propria identità attraverso la pratica dello shibari. Non c’è solo erotismo, ma anche introspezione, rispetto reciproco e una forte attenzione all’estetica e al contatto emotivo tra i personaggi.

Un’altra opera che merita una menzione è “Shin Yami no Koe – Kaidan” di Junji Ito. Qui lo shibari non è trattato con intento erotico, ma piuttosto disturbante. In una delle sue storie brevi compare una scena di legatura artistica trasformata in una prigione mentale, un’illusione di controllo che sfocia nell’orrore. D’altronde, chi conosce Ito sa bene quanto l’arte possa diventare inquietante.

C’è poi “Pet”, anime tratto dal manga di Ranjō Miyake. Sebbene non ci siano scene di shibari in senso stretto, l’uso delle corde come metafora di manipolazione mentale e psicologica è fortissimo. I personaggi si “legano” letteralmente ai ricordi altrui, creando un’estetica visiva che ricorda le trame intricate delle corde.

Per chi è più aperto ai contenuti espliciti, esiste l’hentai storico “La Blue Girl” (Injuu Gakuen), dove il bondage è presente in modo molto spinto e fantasioso. Attenzione, però: qui lo shibari è solo un elemento decorativo e spesso esagerato, che poco ha a che fare con la pratica reale.

Un titolo più raffinato è invece “Fruits of Passion”, tratto da un film ispirato a L’Impero dei sensi. Questo manga si avvicina al mondo dello shibari con un tocco artistico e sensuale, destinato a lettori adulti e consapevoli.

E non possiamo dimenticare il curioso caso di “Monster Musume no Iru Nichijou”, dove il personaggio Rachnera, una donna-ragno, lega regolarmente altri protagonisti con le sue ragnatele. Sebbene sia un’opera comica ed ecchi, l’allusione allo shibari è chiara, anche se ironica.

Lo shibari come scultura vivente e meditazione

Oggi, lo shibari è praticato anche al di fuori del contesto sessuale. Alcuni artisti lo utilizzano come forma di scultura vivente, in performance pubbliche o fotografiche che esaltano il corpo umano come tela dinamica. Altri ancora lo praticano per rilassamento, sfruttando la sensazione avvolgente delle corde per entrare in uno stato meditativo. In questi contesti, la fiducia reciproca tra chi lega e chi viene legato è totale, e l’obiettivo non è l’erotismo, ma la connessione profonda.

Lo shibari non è solo una pratica erotica: è storia, arte, disciplina, teatro, introspezione e sì… anche cultura pop. E il fatto che sia riuscito a entrare in manga, anime e persino in ambientazioni fantasy la dice lunga sul suo fascino visivo e simbolico. La corda diventa strumento di narrazione, segno grafico, elemento di tensione e talvolta persino comicità. Se sei arrivato fin qui, forse sei pronto per scoprire quanto può essere profondo il mondo dello shibari… oltre ogni cliché. E ora la parola passa a te, lettore nerd e curioso: hai mai notato scene di shibari nei tuoi anime preferiti? Conosci altri manga dove la legatura diventa arte o racconto? Condividi l’articolo, commenta con le tue scoperte o tagga un amico che ha bisogno di saperne di più su questa intrigante disciplina giapponese!

Redazione

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