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Shambhala, Terra Cava e… AREA 51

Da migliaia d’anni, circolano in tutto il mondo racconti di un luogo inaccessibile oltre il Tibet, un paradiso fra vette ghiacciate e recondite valli dell’Asia Centrale, dove esiste un luogo di saggezza universale e pace ineffabile, chiamato Shambhala. Nel 1939 lo scrittore James Hilton lo descrisse nel romanzo “Orizzonte Perduto”, da cui Hollywood trasse il film “Shangri-La”. Molto più recentemente, quella magica utopia è stata riproposta in altri film come “Kundun”, “Piccolo Buddha” e “Sette anni in Tibet”.

Il termine sanscrito Shambhala significa “luogo di pace, di tranquillità”. Sebbene la sua vera ubicazione non sia mai stata trovata, le sue origini siano ignote e la sua esistenza non sia provata, Shambhala è riconosciuta e venerata da almeno otto tra le principali religioni ed è considerata da più tradizioni esoteriche il vero centro del pianeta e il centro spirituale del mondo. Si dice che sia abitata da individui d’ogni razza e cultura: si tratterebbe di una comunità segreta che guida “tra le quinte” l’evoluzione umana. Si suppone che questo regno straordinario possieda una rete di tunnel sotterranei lunga centinaia di chilometri in quanto si estenderebbe “anche” sotto terra.

Andrew Tomas, autore di “Shambhala, Oasis of Light” scrive: “Macchinari dalla strana forma proiettano in avanti un forte bagliore e sono illuminati da una luce artificiale brillante che permette la crescita al grano e ai vegetali e una lunga vita senza malattia alle persone”. Trent’anni dopo le rivelazioni di Edgar Cayce, Tomas riceve da quello che i teosofi definiscono il “Maestro tibetano”, una serie di profezie simili per certi versi a quelle del “profeta dormiente”.  In un monastero del Tibet, il Maestro D.K. (Djwal Khul) annunciò a Tomas l’arrivo, alla nostra epoca, di un’era migliore che definì “Ciclo di Tara“; un’Età in cui tutta l’umanità sposerà il concetto universale di Fraternità. Quali guardiani d’eredità culturali delle civiltà scomparse, apriremo le cripte segrete dell’Egitto e dimostreremo l’esistenza, in un lontano passato, di una scienza e di una tecnologia altamente avanzate. Sugli schermi televisivi, gli spettatori potranno contemplare le fantastiche realizzazioni dell’antica Atlantide. Comprenderanno che rischiano di subire la stessa distruzione. “Da quando la Sfinge di Giza avrà lanciato il suo avvertimento”, profetizzò il Maestro tibetano, “siate pronti a grandi cose!”…

Sarebbe fin troppo facile congedare Shambhala come pura fantasia e questo farebbe molto comodo alla scienza ufficiale! E sarebbe certamente possibile, se non fosse per un esploratore molto attendibile che viaggiò, trovò Shambhala e ritornò per raccontarci parte delle sue esperienze. Il suo nome è Nikolaj Konstantinovich Roerich, artista russo, poeta, scrittore e distinto membro della Società Teosofica, che condusse, tra le varie, una celebre spedizione attraverso il Deserto del Gobi verso la montagna di Atlai dal 1923 al 1928, un viaggio con cui coprì 25.000 chilometri, attraversando 35 dei passi di montagna più alti al mondo.

Roerich era un uomo dalle credenziali incensurabili: archeologo, laureato in Giurisprudenza e diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Parigi, aveva partecipato a varie ricerche archeologiche nel nord-ovest della Russia, i cui capolavori architettonici diventarono i soggetti di molti suoi quadri. Nel 1905 iniziò la sua attività espositiva all’estero e dai suoi quadri emerse il suo interesse per le filosofie orientali. Dopo qualche anno iniziò ad occuparsi di scenografia per opere di Wagner, Rimskj Korsakov e Borodin, diventando famoso soprattutto per quella del “Rito di Primavera” di Stravinskj; fu collega dell’impresario Diaghilev e membro molto rispettato della Lega di Nazioni…

Aveva anche una certa influenza nell’amministrazione di Franklin Delano Roosevelt per cui ebbe perfino un ruolo di rilievo nel mettere il Gran Sigillo degli Stati Uniti sulla banconota da un dollaro. All’inizio degli anni ‘20 fondò negli USA, con la moglie Helena, la “Agni Yoga Society”, seguita dal “Master Institute of United Arts” e dall’Istituto “Corona Mundi”; poi ci fu la grande spedizione scientifica (dal 1923 al 1928) in Asia Centrale (Tibet, Mongolia, Altai) di cui ho parlato prima. Con il pretesto di studiare le piante che vivevano a quelle altitudini, Henry Wallace (seguace spirituale di Roerich) fece finanziare dal governo americano quella spedizione, che doveva servire anche per tornare a Shambhala e portare così a termine una missione conosciuta come “Seconda Venuta”: restituire la sacra “Pietra Chintamani”, il frammento di un meteorite magico proveniente dal sistema solare della Costellazione di Orione. Secondo una leggenda lama, la Pietra Chintamani, proveniente probabilmente dalla stella Sirio, è mandata ovunque serva creare una missione spirituale di vitale importanza per l’umanità ed è poi restituita quando la missione è completata.

 

Secondo antichi testi tibetani, la pietra era stata spedita (dal Tibet a Gerusalemme) al Re Salomone, che la spezzò e con uno dei frammenti si fece fare un anello. Secoli dopo, Maometto portò altri tre frammenti alla Mecca.Un frammento più piccolo era stato mandato in Europa tramite Roerich, come aiuto per creare la Lega delle Nazioni. Dopo lo scioglimento della Lega delle Nazioni, la pietra magica fu riconsegnata a Roerich per essere riportata in Tibet. In seguito, il tredicesimo Dalai Lama decretò che i frammenti dovevano essere custoditi, per sicurezza, in luoghi diversi. Nella carovana, un pony portava un cofanetto contenente la misteriosa pietra “la cui radiazione è più forte di quella del radium, ma di un’altra frequenza”. Si trattava, secondo Tomas, di un frammento caduto dal cielo e conservato in un tempio di Shambhala.

Roerich era convinto che la pietra fosse un tipo di Moldavite, un minerale magnetico considerato un acceleratore spirituale. Alcune leggende dicono che la pietra può agire anche come indicatore di ritorno, per guidare verso la “Città degli Immortali” Durante quel viaggio verso il Tibet, Roerich riportò d’aver visto un disco volante, un termine che usò vent’anni prima che fosse coniato. La sua guida gli disse che veniva dalla città di Agartha… Roerich tenne un diario di viaggio in cui, durante una sosta in Mongolia, annotò: “La credenza nell’imminenza dell’Era di Shambhala è molto forte”. Nel suo libro “Cuore dell’Asia” descrisse le sue osservazioni scientifiche e la sua personale ricerca spirituale; questa miscela di scientifico e spirituale è presente anche nel centinaio di dipinti che realizzò durante la spedizione.

 

“Il suo occhio catturò le forme e i colori di montagne, conventi, intagli di pietra, stupas, città e popoli dell’Asia”, scrive Jaqueline Decter, una biografa di Roerich, “La sua anima capì il loro spirito e il suo pennello creò una sintesi della bellezza”. In tutta la sua vita, Roerich si sforzò di collegare discipline scientifiche e creative per proporre la vera cultura e la pace internazionale; riuscì a portare a termine tale impresa, evidenziando il potere dell’arte e della bellezza.  Il “Patto di Pace Roerich”, che obbligò le nazioni a rispettare e proteggere musei, cattedrali, università e biblioteche, fu sancito nel 1935 e divenne parte dello statuto delle Nazioni Unite. Il Patto fu progettato durante il suo soggiorno nella valle di Kulu, dove si era stabilito nel 1929 e dove aveva fondato l’istituto Himalayano di Ricerche Scientifiche “Urusvati” (Luce della stella del mattino), sede di ricerca artistica, scientifica e spirituale. Disegnò anche la bandiera da esporsi in ogni luogo d’interesse artistico e culturale (e quindi protetto dal Patto). Questo progetto gli valse la nomination al Nobel per la Pace.

Oggi, ogni importante città russa ha un’“Organizzazione Roerich”, che diffonde le sue idee per un nuovo tipo di civiltà illuminata, basata sui principi utopistici di Shambhala. Andrew Tomas, ammiratore di Roerich e accanito sostenitore dell’esistenza “fisica” di Shambhala, sostenne che gli archivi del Vaticano contenessero i rapporti dei missionari Gesuiti sui pellegrinaggi degli imperatori della Cina agli “Spiriti delle Montagne” nelle catene montagnose di Nan Shan e Kun Lun, “in genere durate periodi di crisi nazionale quando i regnanti cinesi non potevano giungere ad una decisione”… Tomas non era l’unico a considerare Shambhala una realtà fisica: la sua convinzione fu condivisa dalla scuola metafisica europea, da George Gurdjieff e da René Guènon, uno studioso Sufi specializzato nella Cabala ebraica antica. Il suo libro, “Le Roi du  Monde” (Il Re del Mondo), sebbene scritto in uno stile criptico che richiede una decodificazione, contiene alcune delle più specifiche informazioni disponibili sul misterioso luogo sacro. Guènon considerò Shambhala il prototipo della Terra Santa, di cui Gerusalemme, Delphi e Benares sarebbero semplicemente dei riflessi.

La neo-teosofa Alice Bailey scrisse: “Shambhala è il centro vitale nella coscienza planetaria” e, particolare piuttosto interessante, la convinzione nei poteri di Shambhala fu anche la forza trainante della mistica neo-occultista del Nazismo. Numerosi scrittori hanno affermato che il Nazismo aveva tentato di scoprire Shambhala spedendo emissari in Tibet, cercando di carpire i segreti delle forze Ahrimaiche (sconosciute alla scienza, esse eserciterebbero il loro potere su ogni tipo di materia), che ritenevano si trovassero a Shambhala…

Secondo molte tradizioni esoteriche, negli ultimi anni i segreti dell’iniziazione si stanno aprendo alle masse, così come lo furono in secoli passati. Il famoso libro di James Redfield], “Il Segreto di Shambhala – Alla ricerca dell’undicesima illuminazione” cattura l’essenza dell’illuminazione che sta già accadendo a molte persone. Come anche per Celestino, Shambhala è un’avventura che vuol essere una parabola. Questa volta, attraversando il Tibet alla Brad Pitt, ci eleviamo su illuminazioni precedenti, connettendoci consapevolmente alla nostra energia superiore, inspirandola e diffondendola all’esterno per influenzare quello che ci circonda. Impariamo così le “Quattro Estensioni”, altrettanti modi per migliorare e canalizzare i nostri campi energetici, costringendoci a dominare i pensieri e le emozioni e avere i requisiti per entrare a Shambhala.

La “Prima Estensione” migliora la qualità dell’energia che acquisiamo fisicamente, a cominciare dal cibo; mantenere alta l’energia è impossibile, infatti, se si mangia carne…

Redfield, che è vegetariano, sente che c’è una relazione tra dieta, movimento fisico e coscienza spirituale. Egli è un sostenitore della ricerca condotta da Robert Young (autore di “The pH miracle”) sul ruolo dell’acido alcalino – o pH – nella nutrizione e nella longevità. “Il concetto medico che il microbo sia un nemico, nel prossimo secolo farà ridere a crepapelle”, afferma Redfield in un’intervista, che aggiunge: “Quando mangiamo, i cibi metabolizzati lasciano nei nostri corpi residui o cenere. Se questa cenere è alcalina, può essere estratta rapidamente dal nostro organismo con poca fatica. Se è silicea, è molto difficile eliminarla attraverso il sangue e il sistema linfatico e i residui sono immagazzinati nei nostri organi e nei tessuti in forme cristalline a bassa vibrazione, creando blocchi o disgregazioni nei livelli vibratori delle nostre cellule e rendendo il nostro corpo chimicamente siliceo, segnalando così a batteri, virus e microbi fungini che è ora di decomporre il tessuto morto”.

Questa non è, pertanto, la situazione ideale per connetterci con l’Energia Divina dentro di noi, che sarà il prossimo passo. Dobbiamo imparare a chiedere “intenzionalmente” di connetterci col Divino, e a determinare il nostro successo, che è misurato dal nostro senso della bellezza sposato dallo standard di Roerich. “Il grado della bellezza che vediamo, misura quanta energia divina stiamo ricevendo all’interno di noi; più alto è il nostro livello d’energia, più bellezza vediamo”, scrive Redfield, che dice che possiamo imparare a visualizzare questo livello più alto d’energia mentre fluisce in noi (e poi esce da noi per diffondersi nel mondo), usando lo stato emotivo dell’amore per misurare quanto sta accadendo. Dobbiamo aspettarci che quel livello d’energia sia in ogni situazione e visualizzarlo come un “campo energetico” di fede, che fluisce in noi.

Redfield, in questo libro, condivide l’opinione pionieristica del dott. Larry Dossey sul potere della preghiera; Dossey aveva notato che questa poteva influenzare positivamente le condizioni mediche. Osservando che alcune forme di preghiera sono solo richieste “speranzose”, nota che altre sono richieste “consapevoli”, fatte con la certezza della fede e, per questo, prevedano di essere senz’altro esaudite. In effetti, tutte le preghiere della Bibbia sono affermazioni (e non richieste), mentre invece tutte le nostre speranze hanno effetto di preghiera. Anche se non ne siamo consapevoli, durante tutta la vita preghiamo continuamente affinché il futuro, nostro o di qualcun altro, sia buono o migliore…

·         La “Seconda Estensione” comincia quando estendiamo il nostro campo di preghiera per migliorare il flusso sincronistico delle nostre vite, aspettando, in uno stato di allerta consapevole, che la prossima intuizione o coincidenza sollevi le nostre esistenze.

·         La “Terza Estensione” comporta un’altra aspettativa: che il nostro campo di preghiera alzi il livello energetico degli altri, elevandoli nel loro collegamento col Divino.

·         La “Quarta Estensione” comporta l’importanza di ancorare e mantenere l’efflusso della nostra energia-preghiera, anche in presenza di situazioni terribili. “Otteniamo questo”, dice Redfield, “mantenendo un atteggiamento distaccato verso gli eventi che ci accadono, cercando di dare un senso positivo alla situazione e aspettandoci sempre di salvarci, al di là di quanto sta succedendo. Se ci viene in mente un’immagine negativa, dobbiamo chiederci se si tratti in realtà di un avvertimento intuitivo e, in tal caso, compiere l’azione adatta; ma dobbiamo sempre ritornare all’aspettativa che un sincronismo più alto ci guiderà oltre il problema”. Un secondo passo nella “Quarta Estensione” ci coinvolge completamente con l’aspettativa che l’umanità possa muoversi verso l’ideale utopistico modellato da Shambhala, eliminando anche le diversità di credo.

Dopo questo libro di Redfield, molti altri scrittori hanno iniziato a descrivere questa nuova consapevolezza emergente. C’è molto brusìo spirituale in tutto il mondo, un grande interesse nel riscoprire i misteri della vita umana e delle nostre origini. Forse sta emergendo davvero il primo progetto prospettico del “Nuovo Mondo” che sostituirà la prospettiva Cartesiana/Newtoniana che domina ancora la scienza, i governi e la coscienza popolare. Forse le cose stanno finalmente muovendosi sul pianeta verso una cultura più spirituale e positiva, anche se esistono molte situazioni terribili. Dobbiamo concentrarci sulla vera ragione per cui siamo su questo pianeta e creare, consapevoli del nostro ruolo, una cultura d’evoluzione spirituale sulla Terra e insegnarla ai nostri figli. Se potessimo abbracciare pienamente l’idea che siamo esseri spirituali in un mondo spirituale, allora il cibo, la salute, la tecnologia, i media e i governi potrebbero tutti essere responsabili, ognuno nel suo ruolo, dell’evoluzione e della perfezione del pianeta.

 

Nell’estate del 2001, la stampa internazionale rendeva noto il ritrovamento di otto gruppi di antichissimi sarcofagi in pietra, in una zona settentrionale del Tibet presso il lago Gowang (4.650 s.l.m.). Altre tombe di questo tipo sono state trovate in diversi altri luoghi del Tibet e le più tipiche si trovano a Lhasa e a Qamdo. Il fatto che i tibetani, essendo buddisti, non abbiano mai avuto l’usanza di seppellire i morti in bare di pietra, ha indotto il prof. Chewang, un archeologo della Tibet University, a concludere che questi reperti risalgano ad almeno 3.000/4.000 anni fa. In tale epoca, infatti, il Tibet era abitato da un popolo che praticava una religione sciamanica chiamata “Bön”, basata sulla totale armonia tra l’uomo e il Divino, riconosciuto nelle “Forze della Natura”. In seguito, questa tradizione religiosa fu codificata nella dottrina buddista del Kalachakra, uno dei più antichi manoscritti sacri tibetani sulle pratiche di meditazione; dal Kalachakra emerge una visione del mondo altamente spirituale, imperniata su un piano dimensionale conosciuto come Shambhala. Secondo alcuni lama, Shambhala sarebbe Olmolungring, un misterioso luogo nel nord-est del Tibet, dove ebbe origine la religione “Bön” e dove risiedevano i Bön-pos (gli esseri supremi) e la sua origine andrebbe fatta risalite ai Veda e quindi a oltre 17.000 anni fa…

L’Asia settentrionale è sempre stata un crogiolo spirituale collettivo e la cultura tradizionale del Tibet è dedicata totalmente alla vita spirituale. Parlando di Shambhala, i lama tibetani lasciano intendere che si tratta di un luogo terrestre, a nord del fiume Sita delle sacre scritture buddiste dove esiste una dimensione che noi occidentali non siamo in grado di comprendere. Secondo recenti studi, quel fiume nasce dai monti Kunlun e scorre attraverso il deserto di Takla Makan e la catena del Tien Shan. Il suo corso si trova in una zona quasi inesplorata del pianeta, dove sono state scoperte alcune misteriose mummie “bianche” d’individui tatuati di razza caucasica, probabili sciamani Bön. È interessante, a questo proposito, notare che le montagne del Tien Shan sono le  “Montagne Celesti” dove risiedono gli “Immortali” del taoismo, dalla pelle bianchissima.

Shambhala è dunque una realtà multidimensionale e al contempo fisica, la cui parte più eccelsa si trova probabilmente nelle viscere della Terra…Come in alto, così in basso… quante volte incorriamo in questo principio ermetico? Ma stavolta è davvero diverso! Bisogna decidere se credere o no all’esistenza della cosiddetta “Terra Cava” e riconoscere come veritiere tutte (o in parte) le documentazioni e le testimonianze al riguardo… Se, come sembra, la Terra è attraversata da molte migliaia di chilometri di gallerie che collegano i vari continenti (con vari accessi, di cui uno al Polo Nord e uno sul monte Shasta in California), è verosimile che ci siano delle “cittadelle” sotterranee. Secondo le testimonianze del Colonnello Billie Faye Woodard (in servizio all’Area 51), dell’Aeronautica militare degli Stati Uniti dov’era giunto dopo avere lavorato al Pentagono, nell’Area 51 si sfruttano, oltre ai 15 costruiti dagli americani, altri 12 livelli di profondità, che erano già presenti in loco (!). Il Colonnello Faye Woodard fu accompagnato nella Terra Cava sei volte e fu in grado di descrivere persone, animali, piante e clima…

Risulta che questo mondo sotterraneo, che si estende in tutto il nostro pianeta, sia ben noto al governo americano e ad alcune altre potenze che usano i “corridoi” come scorciatoie. In questo mondo nascosto e quindi fuori della nostra comprensione, le malattie non esistono e si conoscono tecnologie futuristiche; è usato il potere della mente per spostarsi nel Cosmo e nello spazio-tempo, consentendo ai dischi volanti di uscire allo scoperto e  dirigersi ovunque, “curvando” lo spazio…Per andare nella Terra Cava esistono porte dimensionali (la cui ubicazione pochissimi conoscono) oppure è possibile entrarvi in astrale (in sogno o praticando la meditazione). Ci sono anche molti accessi fisicamente reali, sparsi in tutto il mondo e “determinate persone” ne conoscono alcuni.Shambhala esiste! E non è un luogo piccolo e circoscritto, ma un reame vasto quanto la Terra! Ha mille nomi, ma è un “mondo” unico; parlando di Shambhala s’intende la “parte per il tutto” e la regione oltre il Tibet da cui si entra, è probabilmente il luogo dove gli antichi Veda avevano realizzato la loro “base”… non a caso gli Indù chiamano Shambhala: “Paradesha”, termine che è sopravvissuto fino ad oggi come “Paradiso”.

Alessandro Csoma di Koros, un viaggiatore della prima metà del XIX sec, apprese di Shambhala nei monasteri buddisti, dove si soffermò per anni dovendo scrivere una grammatica tibetana per il governatore di Calcutta.Sappiamo, grazie a Roerich, che il Tashi Lama visitò Shambhala e che ne rimase in contatto. Pan-chen-rinpoche, il famoso Tashi Lama, scrisse infatti il libro: “Pal-den ye-she”, dove parlò della “via per Shambhala”. E il prof. Grunwedel, dopo aver tradotto questo libro, impazzì…Shambhala si manifesta in molti modi diversi e con nomi diversi. Gli Indù la chiamano “Paradesha” o “Aryavarsha”, la terra di provenienza dei Veda; i Buddisti “Shambhala”; i Cinesi la conoscono come “Hsi Tien”, il Paradiso di Hsi Wang Mu, la Grande Madre dell’est; per i Russi è “Belovodye” e “Janaidar”; i Cristiani e gli Ebrei la conoscono come “Giardino dell’Eden” o “Paradiso”. Nella letteratura esoterica è conosciuta come “Shangri-La”, “Agartha” o “Terra della Vita”. Si chiama anche “Terra Proibita”, “Terra del fuoco vivente”, “Terra degli dèi viventi” e in molti altri modi sibillini. È, probabilmente, anche la leggendaria “Avalon” dei Celti.

Personalmente, ritengo ci sia anche un serio nesso con il “Duat” e il cosiddetto “Libro dei Morti” degli antichi egizi…Finora, la tesi di un ignoto cerchio di esseri perfetti che guidano di nascosto l’evoluzione dell’umanità, appartiene al dominio della speculazione. Ma per alcuni di noi tale tesi non ha bisogno d’alcuna prova esterna: nella nostra mente, Shambhala è una forza ignota che sta guidando la razza verso il suo destino spirituale. Come la pianta cresce per l’eliotropismo, così l’umanità cresce per una compulsione interna verso la Luce che l’attrae a sé. Noi crediamo che Shambhala governi questo tropismo spirituale, attirando le coscienze animiche come se fossero attratte da un magnete interno. È una specie di Sole, sotto la cui lente incandescente che rispecchia la Divinità, la trasformazione diviene possibile.

Antichi testi sacri indiani parlano di un terribile conflitto in cui la razza umana fu quasi totalmente sterminata. “Quasi”, perché fu preservata dalla distruzione totale grazie all’esercito di Shambhala che guidava “cavalli volanti” e “barche che volavano nell’aria”. Forse si tratta di metafore (!), ma sembra proprio la descrizione di aerei e di UFO. Altri testi sacri parlano di  “epoche mentali” che sono nascoste nelle menti dell’umanità. Sospetto che siano atrofizzate nel nostro “Junk-DNA”, sotto forma di memorie ataviche non sfruttate…

Articolo di Daniela Bortoluzzi (Archeomisteri N° 30)

Nota sull’autrice

Daniela Bortoluzzi è da oltre 40 anni una ricercatrice indipendente. Pubblica articoli su varie riviste e gestisce la rubrica “Icone del Tempo” su www.edicolaweb.net . Recentemente ha pubblicato il libro “Alla ricerca dei Libri di Thot” (Eremon Edizioni)

 

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