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Dove si trova la Selva Oscura di Dante?

La Selva Oscura, descritta all’inizio della Divina Commedia di Dante Alighieri, rappresenta non solo un luogo immaginario ma genera un’immagine complessa e affascinante. Più di una semplice allegoria del peccato, questo luogo enigmatico emerge come un simbolo di smarrimento e ricerca interiore.

  Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
    Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
    Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.
    Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.
    Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m’avea di paura il cor compunto,
    guardai in alto, e vidi le sue spalle
vestite già de’ raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle.
    Allor fu la paura un poco queta
che nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pieta.
    E come quei che con lena affannata
uscito fuor del pelago a la riva
si volge a l’acqua perigliosa e guata,
    così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva.

 

In questo paesaggio avvolto nella nebbia, Dante ritrae una crisi profonda dell’anima umana, che riflette la confusione e l’angoscia del proprio viaggio spirituale. La sua collocazione geografica rimane incerta e, nonostante i tentativi degli studiosi di localizzarla, sia vicino a Firenze che in luoghi più lontani come nei pressi di Gerusalemme, la Selva Oscura è descritta come un ambiente selvaggio e ostile, dove la morte stessa può apparire come una liberazione dal tormento.

Nel poema, Dante si smarrisce nella selva in una notte di plenilunio, tra il giovedì e il venerdì santo.

La luce della luna piena, che illumina l’oscurità esterna e quella interiore, contribuisce a creare un paesaggio che è tanto fisico quanto metafisico. Recenti ricerche hanno aggiunto nuove dimensioni a questa immagine leggendaria.

Quando pensiamo alla Selva Oscura, quella foresta inquietante in cui Dante Alighieri inizia il suo straordinario viaggio nell’aldilà, la nostra mente è immediatamente invasa da immagini di mistero e ombre. Tradizionalmente, questo bosco è stato interpretato come una potente allegoria della crisi spirituale del poeta. Ma c’è molto di più da scoprire dietro questo luogo enigmatico. Diverse teorie intriganti ci portano a esplorare potenziali vere localizzazioni della Selva Oscura, svelando nuovi dettagli e suggestioni sullo sfondo reale che potrebbe aver ispirato Dante.

Uno degli scenari più affascinanti è quello che ci conduce nella Lunigiana, una regione incantevole della Toscana. È qui, si dice, che Dante iniziò a scrivere la sua Divina Commedia con ardore a partire dal 1306, sotto la protezione del potente Moroello Malaspina. Il castello di Mulazzo, nel cuore di questa terra, potrebbe essere stato il rifugio creativo di Dante. La teoria affascinante è che la Selva Oscura descritta nel poema corrisponda a un bosco fitto situato tra i castelli malaspiniani di Mulazzo e Villafranca, oggi conosciuto come la Selva di Filetto. Nonostante i castagni siano ormai diradati, il paesaggio conserva ancora una certa aura che potrebbe evocare l’atmosfera trecentesca descritta da Dante. Qui, è probabile che Dante abbia ricevuto la notizia devastante del rifiuto della sua richiesta di ritorno a Firenze, segnando un punto di svolta cruciale nella sua percezione del destino come perpetuo esiliato. Nonostante appartenesse ai guelfi bianchi, la nostalgia per la sua casa natale rimase intensa, e la Lunigiana lasciò un’impronta indelebile nella sua mente.

Ma la Lunigiana non è l’unica contendente per il titolo di vera Selva Oscura. Un’altra teoria coinvolge la Faggeta del Monte Cimino, un luogo di straordinaria bellezza situato nel cuore della Tuscia Viterbese. Questa faggeta, ricca di fauna selvatica come cervi, caprioli e cinghiali, potrebbe aver ispirato Dante. Tito Livio, nella sua “Ab urbe condita”, descriveva la Selva Ciminia come una foresta impervia e spaventosa, simile a come i romani percepivano luoghi inquietanti. Dante, noto per la sua ammirazione per la letteratura romana, potrebbe aver tratto ispirazione proprio da questa faggeta quando immaginava l’inizio del suo viaggio ultraterreno.

E non è finita qui! La Campania offre un’altra suggestiva connessione. Leggende e storie raccontano che Dante avesse un legame significativo con questa regione. Giovanni Sercambi narra di un episodio in cui Dante, maltrattato inizialmente alla corte del re di Napoli Roberto d’Angiò, si vendicò con astuzia, dimostrando che il suo onore non era legato ai vestiti. Inoltre, Galileo Galilei suggeriva che la Selva Oscura di Dante potesse trovarsi tra Cuma e Napoli, vicino all’Averno, l’antico ingresso dell’Inferno. Questo collegamento con Napoli è ulteriormente confermato dalla diffusione delle copie manoscritte della Divina Commedia e dal contributo critico degli intellettuali partenopei, come Gian Battista Vico e Francesco de Sanctis. Questo interesse è proseguito fino ai giorni nostri, con studiosi moderni come Enrico Malato che continuano a indagare l’opera dantesca.

Ma non finisce qui! Dante, durante le sue peregrinazioni, visitò anche Pola, dove la grotta di Zadlaška, poi chiamata “grotta di Dante”, potrebbe aver influenzato la sua descrizione dell’Inferno. Ospite di Pagano della Torre e poi del Conte di Gorizia Enrico II, Dante trovò ispirazione in ogni angolo del suo viaggio.

Curzio Malaparte ha suggerito un altro intrigante punto di partenza per l’Inferno di Dante: Prato. In questo scenario, la porta dell’Ade sarebbe situata a Galceti, vicino alla città natale di Dante. Malaparte racconta di un barrocciaio di Coiano che, dopo essere entrato in una cava abbandonata, tornò spaventato e segnato, suggerendo un legame con l’Inferno.

E infine, la teoria che il vero accesso alla Selva Oscura possa trovarsi nel Lazio aggiunge ulteriore mistero e dibattito alla ricerca del vero luogo che ispirò Dante.

Recentemente, un documento inedito suggerisce che, durante il suo esilio, Dante potrebbe aver trovato ispirazione nella catena dei Monti Sibillini, situata nell’Italia centrale , con le loro foreste fitte e vette avvolte nella nebbia, luoghi carichi di leggende antiche, come quella della Sibilla Appenninica. Gli studiosi Rita Monaldi e Francesco Sorti, esperti del mondo dantesco e autori di una trilogia su Dante, hanno confermato che il poeta potrebbe aver soggiornato nelle Marche durante la composizione della Divina Commedia. La loro recente pubblicazione, “Dante di Shakespeare III. Come è duro calle,” presenta una scoperta significativa: un antico registro di lettere, rinvenuto presso l’archivio del Comune di San Ginesio, in provincia di Macerata, dimostra che Dante si trovava nella regione dei Sibillini intorno al 1300. Questo documento conferma la teoria avanzata da Monaldi e Sorti.

In passato, erano emerse tracce della presenza del figlio di Dante, Jacopo Alighieri, nelle Marche meridionali, ma questa nuova scoperta rappresenta una conferma decisiva del soggiorno del padre. Secondo gli studiosi, Dante potrebbe essere stato inviato nei Sibillini in una missione segreta. Firenze stava inviando informatori per monitorare le azioni del papa Bonifacio VIII, che aveva avuto un ruolo rilevante nell’esilio di Dante. È quindi plausibile che Dante fosse coinvolto in un’attività di spionaggio, considerando la sua posizione e le sue connessioni politiche.

Questa scoperta rafforza l’idea che Dante abbia concepito la sua opera epocale durante un soggiorno nelle Marche. Monaldi e Sorti aggiungono che il documento è un registro di lettere in cui Dante appare come latore di corrispondenza giudiziaria nell’aprile del 1300, proprio nei giorni in cui ambienta il suo viaggio nell’aldilà. Fino ad oggi, i documenti che citano Dante erano quindici, tutti copie successive; questo nuovo reperto porta il numero degli originali medievali a sedici, confermando la sua presenza e il suo lavoro prima dell’esilio.La Selva Oscura, pertanto, non è soltanto una creazione dell’immaginazione poetica, ma un riflesso di paesaggi reali e leggendari che continuano a suscitare interesse e curiosità.

Fonte: initalia.virgilio.it/la-selva-oscura-dante-era-sui-sibillini di Martina Bressan.

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