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RTS, che passione…!

Ci sono pochi generi videoludici tanto legati agli anni ’90 quanto i giochi RTS (Real-Time Strategy). Nella formula delineata da Dune II (1992) di Westwood Studios e da loro perfezionata in Command & Conquer (1995), il giocatore edificava sulla mappa di gioco la sua base, capace di raccogliere una risorsa-chiave dall’ambiente. Poi le usava per costruire un variegato esercito, affrontare l’IA in battaglia, sconfiggerla e vincere la partita. È stata rilevata una parentela coi giochi di costruzione delle città e simili, ma gli RTS veri e propri hanno un’impostazione militaresca e sono a tutti gli effetti dei wargame.

(Fonte dell’immagine – Amazon.it)

Non è mancato comunque spazio per variare la ricetta: il successo di Dune II suscitò la comparsa di successori, concorrenti e ibridi. Sull’onda dei progressi nella tecnologia PC degli anni ’90 iniziò una fase vivace e avventurosa in cui molti sviluppatori diversi hanno cercato di costruire il proprio marchio. L’RTS è diventato un genere di punta. Il più illustre “clone” di Dune II è probabilmente Warcraft: Orcs & Humans (1994) di Blizzard Entertainment, prima pietra della saga di Warcraft… che ormai ha vissuto la parte più lunga e prospera della sua vita nel reame dei MMORPG (Massively Multiplayer Online Role-Playing Game).

Ensemble Studios, parte del gruppo Microsoft, si unì alla corsa con la saga di Age of Empires, poi da RTS come Stacraft (1998) e Warcraft III: Reign of Chaos (2002), entrambi di Blizzard, è nato il sotto-genere MOBA (Multiplayer Online Battle Arena), cui appartengono League of Legends (2009) e DOTA 2 (2013). La loro esplosione assieme ad altri fattori potrebbe aver provocato la fine dell’età dell’oro degli RTS.

La popolarità del genere negli anni ’90 e nei primi anni 2000 attirò interesse, investimenti ed esperimenti. L’evoluzione del mercato però ha in molti casi deviato l’attenzione delle maggiori case di produzione dagli RTS a prodotti più di massa, più in vista e quindi proficui.

Gli RTS tornano a volare alto? (Fonte dell’immagine – WARNO Gameplay 2024)

Venuti al nostro tempo, da qualche anno la stampa di settore annuncia e smentisce un grande “Rinascimento degli RTS”. Nei fatti però agli appassionati importa avere titoli belli e divertenti da giocare, e non di stupire il mercato videoludico. In particolare per chi cerca la competizione è fondamentale avere un panorama di gioco interessante, vitale e bilanciato, e un numero sufficiente di colleghi giocatori da affrontare in scontri all’ultimo respiro.

Forse la ragione della declinante popolarità degli RTS sta proprio nel fatto che si tratta di giochi (molto) difficili, specialmente a livello competitivo.

Gli RTS non hanno la profondità e la ricercatezza dei loro spesso spartani padri, gli strategici a turni, e non potrebbero averla per una serie di ragioni come la minore durata delle partite (10-30 minuti) e l’elevata intensità.

Il giocatore di RTS deve seguire tutte le operazioni essenziali che si svolgono contemporaneamente all’interno della partita: raccolta delle risorse, ampliamento della base, produzione di unità e gestione degli scontri. Nei moderni RTS di stampo tradizionale come Starcraft II (2010) e Age of Empires IV (2021), le partite competitive 1 contro 1, per fare l’esempio più semplice, assomigliano a una lotta serrata. Ciascun giocatore produce a raffica unità operaie o da combattimento scelte per mettere l’avversario sotto pressione sempre maggiore. Le pause sono limitate; non c’è tempo di fermarsi a riflettere. La vittoria si raggiunge in una varietà di modi, con la sconfitta irreversibile nello scontro diretto in battaglia, l’acquisizione di uno schiacciante vantaggio economico, il controllo delle risorse sulla mappa o l’invasione/distruzione della base nemica. La resa di uno dei giocatori può arrivare anche prima, perché uno scontro è andato molto male, per esempio, o per effettivo sfinimento.

Forse qualcuno si sorprenderà, ma giocare gli RTS è impegnativo sul piano fisico e mentale.

In un gioco moderno, ogni aggiornamento (patch) può cambiare sensibilmente le regole. È necessario avere presenti strategie e ordini di costruzione ed essere capaci di eseguirli organizzando edifici, produzione e ordini con destrezza e precisione. L’allenamento conta molto. Certo, col passare del tempo sono arrivati miglioramenti alle interfacce di gioco… che hanno reso più comoda ed efficace la gestione della partita anche ai vostri avversari umani!

Se giocare bene un RTS è così difficile, progettarne uno è ancora più arduo, e in senso economico, una scommessa pericolosa. Forse per questo, mentre MOBA e prodotti correlati sottraevano pubblico agli RTS, le grandi case hanno abbandonato il genere o hanno deciso di andare sul sicuro e riproporre formule collaudate o semplificate.

(Fonte dell’immagine – Age of Empires II: Definitive Edition su Steam)

Non è un caso che il fenomeno dei Remaster, adattamenti di videogiochi classici rimessi a nuovo per il pubblico di oggi, interessi in particolare gli RTS. A tratti è stato definito il genere nostalgico per eccellenza. Remaster ben fatti sono stati accolti con entusiasmo sia dai “vecchi” giocatori che da fresche nuove leve; penso a Starcraft: Remastered (2017) e Age of Empires II: Definitive Edition (2019). In entrambi i casi si tratta di titoli dal gameplay inossidabile, con un pubblico inter-generazionale, rinnovati e trasportati in una nuova era. Questi solidi Remaster contendono attenzione ai relativi discendenti, Starcraft II e Age of Empires IV.

Nel panorama odierno grandi case come Blizzard, EA, Microsoft e Ubisoft, con elevate spese di gestione e produzione, innovano poco e preferiscono andare sul sicuro. Sono gli sviluppatori minori, gli “indie” a rischiare nel tentativo di inventare qualcosa dal sapore realmente nuovo. E mentre alcuni filoni appaiono e prosperano, altri appassiscono, come le saghe di Homeworld, Dawn of War e Company of Heroes, in visibile declino e tutte e tre ferme allo sfortunato terzo capitolo, per non parlare del deludente Warcraft III: Reforged (2020).

Davanti a uscite tanto criticate c’è chi perde le speranze, ma il relativo abbandono di un franchise significa potenzialmente più pubblico per chi invece rimane, e molti palati da soddisfare.

Sta ai giocatori esercitare il diritto di “votare col portafoglio” e comunicare come possono le loro preferenze. Di questi tempi do spesso più credito a recensioni Steam ben fatte e alle opinioni condivise da giocatori esperti sui forum dedicati, che alla stampa di settore.

Dal canto mio ritengo che la storia degli RTS non sia affatto finita. Certo, non parliamo lontanamente di fenomeni di massa come Fortnite e Counter-Strike 2, ma il panorama di oggi non è sprovvisto di buoni titoli, e la prossima sorpresa potrebbe essere dietro l’angolo.

Francesco Pellegrini

Francesco Pellegrini

Autore del romanzo La Ragazza Spaziale, scrive articoli di settore avventura, fantasy, gaming. È appassionato di lunga data di Star Trek, Star Wars, di videogiochi e di romanzi, in particolare di Tom Clancy, Michael Crichton, Lee Child, J.K. Rowling.
Laureato con Lode in Lingue, la sua riflessione verte principalmente sullo storytelling e sull’importanza del raccontare in ambito letterario, televisivo, cinematografico e videoludico.

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