Ritratto dell’eroe da giovane

Il titolo dell’articolo di oggi viene da un albo a fumetti, il quinto della serie Paperinik New Adventures (PKNA#5, maggio 1997), in cui Paperinik viene “rapito” dalla sua epoca per andare a lottare contro i suoi nemici alieni, gli evroniani, in un futuro distante ma comunque familiare, e in cui è ancora ricordato e ammirato per le sue avventure.

Il titolo dell’albo vuol essere uno scherzoso rimando a Ritratto dell’artista da giovane (1916) di James Joyce.

E proprio l’avventura di Paperinik ha suscitato una riflessione, stamattina.

In Ritratto dell’eroe da giovane si parla dell’ipotetica popolarità di “Pikappa” in un futuro distante. Inoltre, anche se in numeri successivi si allude al fatto che le sue avventure abbiano avuto un termine, Paperinik è uno di quegli eroi che non invecchiano.

Per molti eroi della nostra fiction contemporanea il ritratto più amato, quello iconico per tanti appassionati, li vede nel pieno delle loro abilità, nei loro anni migliori. È questo il modello da imitare, quello che a nostra volta sogniamo di raggiungere!

Il protagonista di un film d’azione o di avventura, per quanto operi in un contesto più o meno lontano dalla nostra realtà, deve comunque rispondere ad alcuni requisiti. Forse si tratta di un’avventura fantasy o di fantascienza, o di un contesto (pseudo)storico più o meno lontano dalla nostra vita quotidiana, ma certi legami di massima con la realtà vanno mantenuti. Il lettore/spettatore deve comprendere cosa c’è in gioco, perché la partita è cruciale, e quali effetti avrà sul protagonista, sui suoi amici e affetti, e naturalmente sul mondo intero.

Per fare alcuni esempi, anche in mondi magici come quello di Frodo Baggins o di Harry Potter, il fisico umano(ide) è fragile; spade e frecce uccidono con relativa facilità, abilità e forza fisica sono aspetti rilevanti in combattimento, bisogna mangiare per vivere, e la morte è definitiva.

Davanti a queste e altre sfide, è importante avere un/una protagonista abile e capace di affrontarle. Forse è una persona timida, dall’aria comune; un eroe improbabile, e parte del valore della storia sta nella sua sorprendente trasformazione “from zero to hero” – da zero a eroe, per usare un’espressione anglosassone. Il nostro eroe o eroina sotto pressione rivelerà qualità fuori dal comune. Oppure ha già un certo bagaglio d’esperienza e si avvicina a un’impresa più difficile delle precedenti.

Forse è mosso/a dal desiderio di “fortuna e gloria”. Forse vuole rendersi utile alla comunità e proteggere la gente o la sua cerchia di amici e familiari. Oppure cerca di mostrare il proprio valore e distinguersi dalla massa, o è stato trascinato suo malgrado in una (dis)avventura.

Se è un eroe solitario, sarà importante l’abilità di cavarsela in ogni situazione. Se è membro di un team contano il gioco di squadra e l’eccellenza nei suoi campi di specializzazione. Pensate a Capitan America, Iron Man e Vedova Nera nelle loro avventure in solitaria, e al loro contributo agli Avengers. Oppure ad Achille, Ulisse, Ettore e ai loro ruoli nella Guerra di Troia secondo Omero.

Il viaggio di un eroe popolare è un’eco della nostra vita nel mondo reale.

Da giovane, si lancia all’avventura con entusiasmo e incoscienza tipici della sua età. Oppure ci rimane invischiato e sopravvive mentre altri cadono. Le difficoltà e l’esperienza lo/la fanno crescere, ne rivelano debolezze e punti di forza, cambiano il suo approccio e la visione del mondo. Ne mettono alla prova il fisico, l’intelletto e i sentimenti.

Ma per quanto sia un personaggio eccezionale e a volte sovrannaturale, le fasi della sua vita assomigliano alle nostre. La scelta di tanti bravi autori e sceneggiatori si deve al fatto che un protagonista troppo lontano dagli aspetti essenziali del nostro modo di vivere risulterebbe semplicemente estraneo e incomprensibile.

Per fare un esempio, lo stregone Gandalf è un componente essenziale della Compagnia dell’Anello di J.R.R. Tolkien, ma non è il protagonista. La sua apparente età e saggezza lo collocano naturalmente nel ruolo di guida e mentore, ma Gandalf non è umano; è uno degli Istari, creature semi-divine, spiriti in forma umanoide inviati a proteggere la Terra di Mezzo. Gandalf non invecchia come gli umani o come gli hobbit, non è cresciuto come loro e la sua “vecchiaia” non lo ostacola. Anzi; per via dei loro poteri magici, Gandalf e Saruman sono tra gli esseri più potenti della Terra di Mezzo… e per questo più suscettibili all’insidia dell’Anello. Eldrond e Galadriel a loro volta sono creature dai grandi poteri magici e di fatto sovrumane. Tolkien invece ha scelto come protagonista della sua storia più bella creature piccole, umili e generose… con tanto spazio per crescere.

Lo stile di vita avventuroso impone sfide e compromessi anche sul piano sentimentale e della famiglia.

I cavalieri itineranti tanto cari a Cervantes e al suo Don Chisciotte assomigliavano a James Bond e Indiana Jones, o ai cowboy giustizieri di una certa tradizione western, perché erano avventurieri costantemente in viaggio. È sempre forte il richiamo di luoghi esotici e lontani, e relative bellezze. Probabilmente avevano una ragazza diversa, o più di una, in ogni libro delle rispettive saghe.

Si tratta di protagonisti senza famiglia, senza legami, forse senza fratelli, sorelle o genitori. La comparsa di una relazione stabile o di una famiglia pone fine allo status di “sguinzagliato” proprio della fase giovanile della vita, fase che per la maggior parte di noi non perde mai il suo fascino e il suo richiamo.

Vedere un protagonista di storie d’azione-avventura alle prese con gli ostacoli della vita coniugale o coi figli piccoli, piace perché lo avvicina a noi, crea un collegamento virtuoso tra il suo mondo di prodezze impossibili e la nostra normale quotidianità.

Comunque nel più dei casi il raggiungimento di un traguardo importante nel campo delle relazioni rappresenta la conclusione perfetta di un ciclo di avventure.

 

(Continua…)

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