“Pro Bono” è il nuovo e audace progetto di Nuova Editoria Organizzata, scritto da Salvatore Vivenzio e illustrato dall’esordiente Urca. Se il recente “Robin e Il Pettirosso” di Arianna Melone aveva un tono delicato, quasi fiabesco, pensato per i più piccoli, “Pro Bono” si getta senza paura nel lato oscuro e disturbante del noir erotico. Il fumetto narra della morte di George Hardrison, un noto pornoattore sotto contratto con la Big Porn Nation, un’agenzia di produzione che inizia a diffondere la versione ufficiale: George sarebbe morto d’infarto dopo aver assunto 600 grammi di Viagra per una performance in uno dei suoi ultimi film. Ma c’è qualcosa che non convince Mark Fisher, l’agente di George, che decide di rivolgersi a Archibald Guuf, un detective privato con un passato piuttosto particolare.
Archy – come lo chiamano tutti, tranne sua madre – non è un detective qualunque. È un uomo a pezzi: ex attore porno, tossicodipendente, malato di sesso, con un rapporto complesso e doloroso con le donne. Una figura cinica e autolesionista, che sembra trarre un macabro piacere dal disprezzarsi, dal vedere l’immagine di sé riflessa negli altri, soprattutto nelle donne, che cerca di analizzare ma che non può fare a meno di respingere. Archy non ha più alcuna passione per la vita e l’indagine che intraprende diventa solo un mezzo per aggrapparsi a un’esistenza che lo schiaccia.
Inizia a scavare, a fare domande, a partecipare agli eventi della Big Porn Nation, ma ciò che scopre non riguarda tanto la morte di George quanto la sua stessa misera esistenza. Le sue ricerche lo portano a una scomoda verità: cercare di mettere ordine nel caos del mondo esterno è solo un tentativo di fare lo stesso dentro se stessi, un gioco futile e doloroso. La sua indagine si trasforma quindi in un viaggio nell’abisso della propria psiche.
La storia di “Pro Bono” si ispira chiaramente ai romanzi di Thomas Pynchon, in particolare al suo celebre “Vizio di forma”, che esplora enigmi e gialli allucinati, e alla trasposizione cinematografica diretta da Paul Thomas Anderson. La narrazione si sviluppa come un flusso onirico, senza mai dare risposte definitive, immergendo il lettore in un mondo di disordine e confusione. Il titolo stesso, “Pro Bono”, fa riferimento al film del 2015 “Too Late” di Dennis Hauck, un’opera che condividede lo stesso spirito di ricerca nel caos e nella solitudine.
Le atmosfere di “Pro Bono” richiamano fortemente i fumetti noir di Munoz e Sampayo, in particolare la serie “Alack Sinner”, con il suo stile oscuro e crudo. Ma non è solo la trama a rispecchiare questa ispirazione: anche l’impaginazione, che si colloca a metà tra racconto illustrato e fumetto, si ispira al lavoro di Baru e ad altre rare fusioni tra fumetto e illustrazione, creando un’esperienza visiva unica che rende ogni pagina un piccolo capolavoro. In “Pro Bono”, ogni dettaglio – dalla scrittura alla grafica – contribuisce a costruire un mondo inquietante e coinvolgente, in cui il lettore non può fare a meno di perdersi.