Chi ha inventato i Pixel?

Il pixel, la più piccola unità di misura utilizzata in un’immagine digitale o in un display, ha una storia affascinante che inizia nel lontano 1957, grazie all’ingegno di Russell Kirsch, pioniere nel campo delle immagini digitali. La parola “pixel” deriva dalla fusione delle parole “picture” (immagine) ed “element” (elemento), e rappresenta un punto singolo all’interno di un’immagine che ha la capacità di mostrare un colore specifico. Quando i pixel vengono combinati insieme, formano l’immagine completa che siamo abituati a vedere sui nostri schermi.

Quando sono stati inventati i pixel?

Russell Kirsch rivoluzionò il mondo delle immagini digitali quando creò uno scanner capace di digitalizzare le fotografie. Nel 1957, insieme ad un gruppo di ricercatori, sviluppò un piccolo scanner per il SEAC, il primo computer digitale a essere utilizzato in un laboratorio scientifico. Questo scanner era in grado di catturare immagini digitali delle dimensioni di 5×5 cm, e una delle prime foto ad essere digitalizzata fu quella del suo bambino di tre mesi, Walden. Questa fotografia è stata addirittura inclusa nella lista delle cento immagini che hanno cambiato il mondo secondo Life nel 2003.

Il funzionamento dello scanner di Kirsch era piuttosto ingegnoso: utilizzava un tamburo rotante e un fotomoltiplicatore per rilevare la riflessione dell’immagine posta sul tamburo. Attraverso una maschera, l’immagine veniva suddivisa nei singoli pixel. Inizialmente, le immagini digitalizzate erano in bianco e nero, ma Kirsch e il suo team capirono che scansionando l’immagine a diverse altezze potevano creare una scala di grigi sovrapponendo più scansioni.

L’innovazione apportata dal piccolo scanner di Kirsch aprì le porte a nuove possibilità nello sviluppo di algoritmi per l’elaborazione e il riconoscimento di modelli di immagini. Tuttavia, nonostante il successo ottenuto, Kirsch aveva un cruccio che lo tormentava: la forma quadrata del pixel.

Secondo Kirsch, la scelta di rendere il pixel quadrato sembrava la più logica all’epoca, ma non era l’unica possibile. Questa decisione comportava conseguenze fastidiose per tutto il mondo delle immagini digitali. Tale affermazione di Kirsch spiega in parte perché alcune tecnologie si aggrappano alla loro forma originale nonostante i continui sviluppi nel settore. La tecnologia deve trovare un equilibrio tra innovazione, sviluppo e vendibilità, il che include anche le apparecchiature necessarie per produrla.

Kirsch decise di non arrendersi e cercò di porre rimedio al suo cruccio.

Nel 2010, sviluppò un sistema che utilizzava maschere per tentare di rendere meno evidente la forma quadrata del pixel. Queste maschere, composte da 6×6 pixel, venivano utilizzate per dividere il pixel in due aree con maggiore contrasto. Successivamente, venivano provate diverse maschere triangolari su ogni area, ruotandole finché si trovava la configurazione migliore per dividere l’area in due parti con un contrasto migliore. Infine, i pixel simili ai lati della divisione venivano uniti.

Sebbene questa tecnica non portasse all’eliminazione completa del pixel quadrato, rappresentava comunque un tentativo di adattare i suoi angoli, un nuovo algoritmo che cercava di rendere più accettabile quella forma che tanto infastidiva Kirsch. Nella mente di Kirsch, tuttavia, esisteva l’idea di un pixel dalle forme variabili che, purtroppo, non riuscì mai a realizzare.

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