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Pinocchio di Zemeckis: una rilettura live-action Disney tra magia e ombre

C’è qualcosa di magico, quasi sacrale, nel ritorno di un grande classico come Pinocchio. Disney lo sa bene, e per il live-action diretto da Robert Zemeckis si è fatta carico di una sfida: reinterpretare una delle storie più amate al mondo, nonché uno dei suoi capolavori animati del 1940, portandolo nel panorama contemporaneo. Ma questo viaggio dal legno alla carne – o meglio, dalla marionetta alla pellicola – ha funzionato davvero?

Visivamente, Pinocchio è una festa per gli occhi. La maestria di Zemeckis nel creare mondi fantastici si percepisce in ogni dettaglio, dalla bottega di Geppetto, calda e intrisa di malinconia, ai vividi colori del Paese dei Balocchi. Tuttavia, questa estetica impeccabile soffre di una freddezza emotiva che lascia lo spettatore distaccato.

Il design di Pinocchio, pur fedele al modello originale animato, sembra incapace di trasmettere quella scintilla vitale che rende il burattino un personaggio amato. C’è una cura ossessiva per i dettagli visivi, ma questa stessa attenzione finisce per soffocare l’emozione, rendendo il film una vetrina lucida ma priva di anima.

Tom Hanks e il peso della nostalgia

Tom Hanks, nei panni di Geppetto, offre un’interpretazione affettuosa e nostalgica, incarnando il dolore di un padre che cerca conforto in un sostituto per la perdita del figlio. Eppure, la sua performance, per quanto sentita, risulta appesantita da un ritmo narrativo che non gli permette di esplorare a fondo la complessità emotiva del personaggio.

Il resto del cast fatica a emergere: Cynthia Erivo, nella breve apparizione come Fata Turchina, è magnetica ma sottoutilizzata, mentre Luke Evans nei panni del Postiglione regala una performance energica, ma relegata a una caratterizzazione fin troppo caricaturale. La gabbiana Sofia, nuovo personaggio inserito nella trama, appare come un’aggiunta fuori luogo, quasi un segnale di smarrimento creativo.

Una trama dal respiro corto

La narrazione è forse il punto più debole del film. La sceneggiatura di Zemeckis e Chris Weitz cerca di condensare temi e momenti iconici del racconto originale, ma il risultato è frammentario e privo di coesione. I comprimari, come il Gatto e la Volpe, sono ridotti a mere comparse; persino il viaggio di Pinocchio, che dovrebbe rappresentare un percorso di crescita e scoperta, sembra più un insieme di episodi scollegati che una trasformazione autentica.

La decisione di concentrarsi sul tema dell’essere figli – e sul dolore di Geppetto per la perdita del figlio – è interessante ma non sufficientemente sviluppata. Questo focus, pur nobile, finisce per appesantire il film, che perde la vivacità e il senso di avventura del classico animato.

Il peso del messaggio

In linea con le riletture moderne, il Pinocchio di Zemeckis tenta di veicolare un messaggio sulla tolleranza e l’accettazione, ma lo fa in modo troppo didascalico. Il film sembra più interessato a spiegare che a far sentire, e questa impostazione finisce per rendere l’esperienza emotivamente piatta. Pinocchio stesso, con il suo desiderio di diventare un bambino vero, appare più come un simbolo che un personaggio autentico.

In definitiva, il Pinocchio di Zemeckis è un esperimento ambizioso che non riesce a mantenere le sue promesse. Sebbene visivamente affascinante e arricchito da un cast di talento, il film soffre di una narrazione debole e di una mancanza di calore emotivo. Per chi è cresciuto con il classico Disney, questa versione live-action potrebbe rappresentare un’occasione mancata di rivivere la magia. Per i nuovi spettatori, invece, rischia di essere un’esperienza dimenticabile.

In un’epoca in cui la Disney sembra impegnata a rielaborare ogni suo classico, forse il vero messaggio che questo Pinocchio ci lascia è che non sempre un’operazione di restauro riesce a restituire la stessa anima dell’originale. Come dice il Grillo Parlante nel finale del film: “La cosa più importante non è diventare un bambino vero, ma imparare a esserlo.” E forse questa lezione, stavolta, vale anche per i cineasti.

Maria Merola

Maria Merola

Laureata in Beni Culturali, lavora nel campo del marketing e degli eventi. Ama Star Wars, il cosplay e tutto ciò che riguarda il mondo del fantastico, come rifugio dalla realtà quotidiana. In particolare è l'autrice del blog "La Terra in Mezzo" dedicato ai miti e alle leggende del suo Molise.

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