Il 1969 è l’anno in cui i Beatles suonano dai tetti, mentre imperversa la Guerra Fredda. È l’anno di Woodstock e della luna, mentre i conflitti e le rivolte fanno scoppiare bombe. E, tra le conseguenze di quelle bombe, il ’69 è l’anno in cui perde la vita Giuseppe Pinelli, detto Pino, il giovane partigiano, l’anarchico, il ferroviere, l’uomo. È proprio sull’aspetto umano del Pinelli che si focalizza il racconto delle figlie Silvia e Claudia, che, insieme a Niccolò Volpato e Claudia Cipriani, escono oggi con un racconto fatto di immagini, fotografie e testimonianze edito da Milieu edizioni: Pino, vita accidentale di un anarchico, in libreria dal prossimo 9 dicembre.
Riprendendo il lavoro che aveva portato alla realizzazione dell’omonimo docufilm animato, gli autori raccontano in maniera inedita, attraverso immagini e fotografie – tra le quali compaiono scatti originali di Uliano Lucas-, una storia intricata e opaca, per cui ancora non si è raggiunta una verità giudiziaria ma che non è mai stata dimenticata: la stessa che Dario Fo scelse di narrare in Morte accidentale di un anarchico.
Nella notte tra il 15 e il 16 dicembre ’69, il corpo di “Pino” precipitò da una finestra della questura di Milano. L’uomo, appena 41 anni, era sospettato di un coinvolgimento con la strage di Piazza Fontana. La sua morte venne fatta passare per un suicidio ma la famiglia e i compagni non smisero mai di cercare la verità. Solo a quarant’anni dalla morte, nel Giorno della Memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato: «Rispetto e omaggio per la figura di un innocente Giuseppe Pinelli che fu vittima due volte. Prima di pesantissimi e infondati sospetti e poi di un’improvvisa e assurda fine». Pinelli diventava così «la diciottesima vittima della strage di Piazza Fontana».
Il discorso politico e il contesto storico – fatti di contestazioni, di “strategia della tensione”, di un’Europa divisa – si combinano qui al racconto intimo e familiare. L’uomo che attraversava Milano a tutte le ore in sella al suo motorino rosso, che conobbe la moglie a un corso di esperanto, che nutriva una passione per l’Antologia di Spoon River e per Topolino, continua così a vivere con le sue idee in chi rimane, nelle figlie e nella moglie, che non hanno mai smesso di lottare. Più che un libro, un documento storico, la testimonianza di una memoria che, oggi più che mai, è importante sia tramandata per riscoprire un passato la cui violenza ancora riecheggia nel presente, attraverso le piccole storie degli uomini e delle donne che vi hanno preso parte.
Silvia Pinelli e Claudia Pinelli sono le figlie di Giuseppe Pinelli, da anni impegnate in attività di testimonianza, approfondimento e memoria sul periodo storico della “strategia della tensione”.
Claudia Cipriani e Niccolò Volpato lavorano insieme da molti anni e hanno realizzato sette lungometraggi e diversi cortometraggi. I loro documentari, tra cui La guerra delle onde, Lasciando la Baia del Re, L’ora d’acqua, sono stati trasmessi da reti televisive, proiettati al cinema e hanno ricevuto riconoscimenti importanti (tra cui la nomination ai David di Donatello).