41 anni fa un giovane creativo americano, decise di immagazzinare le sue fantasie sedendosi dietro una macchina da presa, cambiando per sempre la storia del Cinema e creando un nuovo concetto di entertainment. Quell’uomo si chiama George Lucas. Star Wars, un film, una trilogia, un’intera saga che ha creato il concetto stesso di crossmedialità, è una pietra miliare nella cultura condivisa dell’occidente, non solo film, videogiochi, romanzi, fumetti, serie televisive e prodotti di merchandising, Guerre Stellari rappresenta una vera e propria svolta che ha portato nuovamente il cinema alle sue origini “magiche” e illusorie, con l’obiettivo primario dei cineasti di stupire e divertire il pubblico su scala globale.
Quando Guerre Stellari, il primo episodio (ora chiamato “Star Wars Episodio IV – Una Nuova Speranza”) uscì al cinema, nel 1977, nessuno si aspettava che avrebbe avuto successo tanto che inizialmente fu diffuso in solo trenta cinema in tutti gli States. Nel primo giorno incassò duecentocinquantamila dollari con file chilometriche di curiosi. Dopo solo una settimana di proiezione il film ha incassato 2,5 milioni di dollari e, arrivando finalmente in quasi 2000 cinema, riuscì ad arrivare a un incasso di 300 milioni di dollari divenendo il film più visto al cinema fino all’invasione di Titanic a fine anni ’90. Se pur aspramente criticati dai fan, i film della seconda trilogia prequel si rivelarono un successo, superando vari record e primati; più recentemente il film “Star Wars Episodio VII -. Il risveglio della Forza” è risultato il film che ha incassato di più negli Stati Uniti e il terzo film più popolare nel mondo dopo gli intramontabili Avatar e Titanic. La saga di Star Wars ha generato, solo al cinema, introiti per oltre 9 miliardi di dollari secondi solo a quelli realizzati, più recentemente dal cosiddetto Marvel Cinematic Universe.
Perché questa saga ha avuto così tanto successo? A fine anni ’70 Lucas fu il primo a utilizzare nuovi e più efficaci effetti speciali, una rivoluzione per il cinema di allora, una scelta tecnica che però non voleva essere prevaricante rispetto allo story telling sapientemente combinato a un intreccio ben definito tale che l’opera può definirsi come una vera e propria epica moderna che, come le opere classiche di Omero ha i suoi eroi, le sue avventure, i suoi colpi di scena, l’indiscusso tema del rapporto padre-figlio, che spesso è alla base di capolavori letterari.
La storia è inserita in una classica fantascienza in cui il futuro è ambientato si in una galassia “lontana lontana” ma, al contempo in un passato indefinito che si riassume nel concetto di “Tanto tempo fa…”, non molto distante dalla frase “C’era una volta” tipica delle fiabe. Gli effetti speciali e i diversi pianeti, le spade laser, i droidi, gli ologrammi, i viaggi iperspaziali, sono trattati così bene e in modo tanto verosimile che il pubblico, basito, si trova in uno stato di sospensione dell’incredulità: è tutto così alieno eppure indubbiamente così familiare. Dopotutto, la narrazione di Star Wars descrive in maniera semplice e chiara, se pur in maniera epica, qualcosa che è esternamente quotidiano, i rapporti umani basilari: la crescita del figlio e il suo rapporto con il padre, l’amore contrapposto al destino avverso, l’amicizia che supera le difficoltà. Uno svolgimento che si basa su una costante rappresentazione “duale” che vede i personaggi muoversi in coppia: Anakin e Obi-Wan, i gemelli Luke e Leia, Chewbacca e Han, Boba e Jango Feet, i droidi R2-D2 e C-3PO, l’imperatore Palpatine e Darth Vader fino al più recente rapporto tra Rey e Kylo Ren. I personaggi rappresentano dunque dei topos letterari dell’epica, ma non sono trattati in modo infantile. Il motivo per cui, all’inizio del primo film del 1977, Luke scende in campo, non è solo per rispondere alla chiamata d’aiuto di una principessa in difficoltà, ma per intraprendere un viaggio alla ricerca delle proprie origini, attraverso un classico percorso di crescita. La stessa principessa Leia è un personaggio molto forte per l’epoca, una protagonista forte, indipendente, che molti critici hanno definito femminista. Non è la principessa che viene salvata dal cavaliere senza macchia e sena paura, anche perché in effetti, proprio il “principe azzurro” si rivela essere suo fratello e si dovrà “accontentare” della canaglia Han Solo. Il mercenario, che avrà presto un film tutto suo, è una figura interessante e non scontata, un’antidealista ma leale che si ritrova a combattere un oscuro nemico da cui stava sfuggendo per tutta la sua vita, trovando però se stesso e rivalutando la sua intera esistenza!
Tralasciando per un attimo l’analisi sulla produzione di questa saga stellare e i motivi di un successo condiviso a livello globale, quello che si deve a George Lucas è di aver creato, con un sapiente quanto incosciente approccio di marketing “non convenzionale”, una vera e propria icona pop, una mania transculturale e transmediale, una passione che, quasi ironicamente, molti hanno associato nel corso dei decenni a una vera e propria religione. Lucas non solo ha creato un genere e fissato il concetto di “franchise” e di “blockbuster” ma soprattutto ha creato qualcosa di inedito: ha fatto sì che il suo pubblico, i suoi fan si trasformassero in questi quarant’anni, da fruitori passivi dei prodotti mediali legati al brand a attori attivi, propositivi, creativi, protagonisti della saga che amano: Lucas ha creato il fandom.
La saga di Star Wars si è configurata sin dal l’inizio come un vero e proprio “cult”, un concetto che è stato pienamente descritto da Massimo Scaglioni, Professore Associato in Storia dei media ed Economia e marketing dei media dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: “Nel corso degli ultimi quattro decenni la categoria di culto è stata variamente impiegata in diversi contesti … una dimensione relazionale, sociale e culturale che essi sono in grado di generare”. Questo concetto si traduce in quello di comunità per alcuni versi simile, nei suoi tratti basilari, a una forma di venerazione che connette i suoi “adepti”. Una descrizione che si innesta perfettamente nell’analisi di ciò che è avvenuto con Guerre Stellari in tutto il mondo: nella raccolta di saggi Resistance Through Rituals, da autori come Stuart Hall e Tony Jefferson che hanno utilizzato il concetto dell’egemonia culturale di Gramsci per analizzare le modalità ribellione contemporanea delle comunità giovanili britanniche identificando anche modalità estetiche condivise da tutti gli appartenenti a questa subcultura come simboli di appartenenza, questa analisi delle subculture supera i limiti di una valenza politica o ideologica identificandosi nel più ampio campo degli “appassionati”, dei fan, dediti dunque al “culto” di opere mediali. Un fenomeno che, è passato nei decenni dalla semplice “venerazione” domestica, alle prime condivisioni nelle primitive convention di settore, nei raduni e nella diffusione di fanzine “home made” e che, grazie prima al web e dunque ai social, ha avuto una diffusione globale tale da abbattere il termine di “fenomeno di nicchia” per diventare “moda globale”. Oggi la condivisione globale di contenuti e la loro fruizione mirata a gli interessi personali ha cambiato questa prospettiva e non stupisce che molti critici considerano i nuovi episodi della terza trilogia di Star Wars come creati appositamente per i fan. Per la saga stellare per antonomasia non esistono solo “spettatori” ma veri e propri adepti ansiosi di ritrovare e ritrovarsi in ogni produzione dedicata al brand prevaricando e superando anche le intenzioni del suo creatore originale che, dopo il deludente exploit della sua “trilogia prequel” venne così criticato che dovette ammettere: “Perché dovrei farne un altro se tutti mi rimproverano continuamente e mi dicono che sono una persona orribile?”. Dopotutto, come celebra l’antico koan “Se incontri il buddha per la strada, uccidilo!” Bisogna a un certo punto rinunciare al ruolo di discepolo e distruggere la speranza che qualcun altro, all’infuori di noi, possa essere il nostro mentore. Quindi non stupisce che, quando la visione di Lucas non fu più in linea con le esigenze degli appassionati, la Walt Disney Studios, dopo aver comprato i diritti della saga, non ha preso in considerazione le idee del “maestro” questa nuova trilogia anzi ha creato intorno a George Lucas un’aurea di “anziano nonnino” che è perfetto solo per poter osservare, dal di fuori, i cantieri mastodontici delle nuove produzioni.