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Perl Harbor

Sono passati sessant’anni da quel 7 dicembre del’41 e, al solo ricordo, l’America di oggi ancora rabbrividisce, come se le fosse rimasto un nervo scoperto. L’attacco a sorpresa dell’aviazione giapponese segnò un punto di non ritorno nella coscienza del Paese: “una data – come sentiamo nel film dalla voce del presidente Roosvelt (interpretato da John Voight) – che vivrà segnata dall’infamia”. Il pacifico isolamento americano era finito per sempre. Non solo gli Stati Uniti si videro catapultati in una guerra sentita come lontana, ma da quel momento nessuno, in nessun angolo della terra, poteva sentirsi al riparo.

Ancora un altro film sulla Seconda guerra mondiale, ancora un altro inno e un’altra autocelebrazione degli U.S.A. In questo caso la vicenda presa in esame è il noto attacco sferzato alla flotta statunitense, presente nel porto di Perl Harbor, dall’aviazione nipponica; gesto che convincerà gli americani a prendere parte al secondo conflitto mondiale. Il bombardamento subito dagli americani appare in quest’opera come la giustificazione alle successive azioni  belliche compiute dagli americani, soprattutto al bombardamento di Tokio, portato a termine da un manipolo di “eroi”, che ci viene mostrato nella seconda metà del film.  Le vicende di guerra  sono contornate da un triangolo amoroso, tanto romantico quanto patinato e fasullo. Chiaramente non mancano una overdose di effetti speciali, scene di battaglia aerea e tanta, tanta retorica e autoesaltazione.

Insomma tutto come di norma nei recenti kolossal hollywoodiani, opere lontano da noi geograficamente, storicamente e culturalmente che riescono, però, ad ottenere larghi consensi ed un grande successo, grazie ad un pubblico disposto a bersi il grande mito americano; la sua presunta superiorità razziale, mai mostrata apertamente ma sempre adombrata; l’ideale di U.S.A. salvatore del mondo. Certo questo è lo scotto da pagare per potere assistere a film di elevatissimo potere spettacolare e indubbia qualità tecnica, realizzabili solo in un sistema cinematografico come quello hollywoodiano il quale ha a disposizione, oltre a grandi capitali e attrezzature, anche un sistema collaudato e di sicuro successo che riesce ad appassionare milioni di persone a prescindere dalla nazionalità e dai gusti. Insomma siamo davanti ad un vero e proprio “Mc Donald’s della cinematografia”  che offre in tutto il mondo prodotti ben confezionati, veloci, gustosi quanto basta ma mai abbastanza da essere ricordati, non impegnativi, che omologano e appiattiscono i gusti e le culture,  che ognuno può consumare senza sapere da dove provengano e cosa esattamente contengano.

Valeria Doddi

Satyrnet

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C'è un mondo intero, c'è cultura, c'è Sapere, ci sono decine di migliaia di appassionati che come noi vogliono crescere senza però abbandonare il sorriso e la capacità di sognare.

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