Parchi a tema, riapertura dal primo luglio: cosa succederà?

Profondo sconcerto e delusione per la categoria dei parchi divertimento italiani – 230 imprese in Italia a fronte di 50.000 occupati tra diretti e indotto – per la decisione di posticipare, contro ogni aspettativa, la riapertura al 1° luglio. L’ultimo accorato appello, prima di azioni eclatanti. L’Associazione Parchi Permanenti Italiani, aderente a Confindustria, si appella al Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Maria Stella Gelmini, al Ministro del Turismo Massimo Garavaglia, al Ministro della Cultura Dario Franceschini e al Presidente del Consiglio Mario Draghi, per segnalare lo sconcerto e la profonda delusione causata dalla road-map delle aperture, che ha posticipato al 1° luglio il via libera per le oltre 230 imprese del settore, tra parchi faunistici, acquatici e tematici.

 

Giuseppe Ira, Presidente Associazione Parchi Permanenti Italiani, aderente a Confindustria, e del parco tematico Leolandia (BG) ha dichiarato: 

“La disparità di trattamento rispetto ad altre categorie ,,, è configurabile in una vera e propria concorrenza sleale, che genera rabbia e risentimento negli Associati. Siamo trattati peggio delle sale giochi e delle altre attività al chiuso, inclusi i ristoranti, nei quali si sosta per ore senza mascherina. Le attività dei nostri parchi si svolgono sempre all’aperto, con ampi spazi a disposizione e sotto il controllo di personale preposto, a differenza di quanto può accadere per strada o nelle aree gioco per bambini dei parchi pubblici, peraltro già aperte, dove manca ogni tipo di monitoraggio del distanziamento e non sono presenti i presidi per la sanificazione delle mani. Contingentiamo gli ingressi per evitare ogni rischio di assembramento e abbiamo predisposto severi protocolli di sicurezza che hanno già ampiamente dimostrato la loro efficacia lo scorso anno. Negli USA i parchi sono stati aperti in febbraio, non appena è partita la campagna vaccinale, e in Gran Bretagna hanno deciso di riaprire subito i pub all’aperto e tutti i parchi di divertimento”.

Tanti i casi emblematici, a dimostrazione della disparità di trattamento operata dal Governo: si riaprono i musei al chiuso (già dal 26 aprile in zona gialla) ma non i parchi faunistici all’aperto e i parchi avventura nei boschi; si dà il via libera alle piscine all’aperto il 15 maggio, ormai tutte dotate di scivoli per bambini, ma non ai parchi acquatici; si aprono le palestre e i ristoranti al chiuso dal 1° giugno e si annuncia addirittura il ritorno del pubblico negli stadi a maggio, ma non nei parchi tematici.

Nel 2020 il 20% dei parchi ha rinunciato completamente all’apertura e si sono persi 10.000 posti di lavoro stagionali. Il rischio, alla luce delle decisioni del Governo, è di rendere ancora più precaria la posizione di centinaia di imprese italiane e migliaia di lavoratori. Tolti 5/6 big player facenti già capo a gruppi multinazionali e Leolandia (uno dei pochi grandi parchi ad essere ancora saldamente in mano ad imprenditori italiani) il comparto è costituito da imprese di piccole e medie dimensioni che non hanno voce, pur giocando un ruolo importante nell’ambito dell’offerta del territorio e alimentando un forte indotto. Nel 2019 il settore ha generato un giro d’affari superiore ai 400 milioni di euro, cifra che sale a 1 miliardo di euro considerando hotel, ristorazione, merchandising, manutenzione e tante altre voci collaterali.

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