La parola giapponese “Pantsu” è un termine che ogni vero otaku conosce a perfezione (anche troppo!) ma che probabilmente non dice assolutamente nulla ai non appassionati. Il termine significa letteralmente “mutandine” e deriva dall’inglese “panties”: questo lemma, che in senso più ampio indica il concetto di “biancheria intima” è un topos assai usato in diversi anime e manga per descrivere i momenti imbarazzanti delle serie che solitamente coinvolgono i protagonisti di sessi opposti. Infatti, è proprio nello “sguardo fortuito” che si cela il significato di questa esclamazione, quando la classica “bella ragazza”, accidentalmente o meno, lascia intravedere uno scorcio di slip o reggiseno (concetto che si riassume con il termine “panchira” traducibile in inglese con “upskirt“).
Questa azione scatena solitamente una reazione più o meno demenziale da parte del “maschietto”, anche in serie di per se molto serie, come il classico “sangue dal naso” che in Giappone è sinonimo di “eccitazione sessuale”.
Questo concetto semantico è molto popolare in numerose serie, come non citare oltre che in Panty & Stocking with Garterbelt i capolavori Chobits e Sora no Otoshimono. Oltre che per esigenze di inquadrature e solleticare “l’appetito otaku” dei fruitori, il realtà il “Pantsu” è una vera e propria scelta stilistica così come anche la scelta artistica del colore della biancheria intima negli anime e manga non è una cosa scontata ma rappresenta una sorta di linguaggio condiviso. Lo stile è dunque importante: ad esempio un intimo bianco o a tema con cuoricini indica una ragazza innocente e semplice mentre le leggendarie mutandine a righe (shimapan) alludono a timidezza ed introversione.