Ironica, aperta, persa nei suoi mille pensieri, nei mille cliché che fanno parte della vita, Ofelia è questo ed altro. Julieta Arroquy a soli 32 anni inizia a disegnare e dà vita al personaggio di Ofelia, donna in un corpo di ragazzina, prendendo in giro i normali stereotipi. Ofelia è anche arte, pensare al di fuori del normale con i suoi disegni atipici nel mondo del fumetto e riprendendo a volte i più grandi artisti contemporanei, citazioni del momento che vanno molto in voga o film che hanno fatto la storia (Alien, E.T.). Prende le drammaticità, i mille pensieri e problemi che una persona o per meglio dire una donna si crea e li ribalta, li rende divertenti, leggeri.
Qui una sua riflessione sul personaggio: “Chi è Ofelia? Questa domanda è sempre difficile, il tempo passa e ogni volta trovo più difficile definirlo perché Ofelia sta cambiando. Oggi non è la stessa dell’inizio, si evolve con me. Posso dire che è una donna che sembra graficamente una ragazza, e si preoccupa dei problemi umani, dei legami e della dialettica tra uomini e donne. È sensibile, analitica, esagerata, innocente. Le convenzioni sociali e le etichette la infastidiscono, si preoccupa della mancanza di empatia e della trasformazione in un’epoca in cui i collegamenti sono mediati dalla tecnologia. È abbastanza sveglia, penso. Ha il corpo di una ragazza ma pensa come una donna, e si arrabbia un po’, ma si arrabbia. Cerca risposte alle sue domande, anche se poi quelle risposte le ritrova dentro se stessa. Perché in Ofelia è il dialogo interiore che diventa protagonista. Questo mi consente un altro livello di analisi per parlare, ad esempio, dell’esistenza o meno di Dio, del legame tra padre e figlia, della sessualità, della tratta di esseri umani e della violenza di genere. Aspiro a scappare dal luogo delle mie ferite e a cercare di capire l’incomprensione, che considero uno dei problemi più grandi della mia generazione. Per le mie storie uso come materia prima i discorsi con gli amici e le coppie, letture, testi, film e persino passaggi della Bibbia.”
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