Tecnicamente la nascita del cartone animato si fa risalire al 1877 con l’invenzione del prassinoscopio da parte di Reynaude, un macchinario che proiettava immagini con un gioco di specchi. È però negli anni ’30 del 1900 che i cartoni acquistano davvero importanza grazie a Walt Disney e al cinematografo.
Potrebbe esser facile credere che un mondo fantasioso e un po’ pazzo come quello dell’animazione non abbia regole. Non è del tutto vero: tutte le figure professionali sottese alla realizzazione di un anime, dal produttore al disegnatore allo storyboarder fino all’effettista sono sottoposti a dei vincoli, espliciti o meno, di bilancio, di target, di tempi di realizzazione e anche ad una velata autocensura che, per esempio i compositori delle sigle devono imporsi per la realizzazione del loro lavoro, quali ad esempio la scelta delle parole da usare o meno e l’uso di particolari voci a seconda del target.
Ovviamente non c’è una rigidità normativa vera e propria, molto dipende dalle culture di riferimento, da ciò che ritengono opportuno e decente o meno. La vera dogmaticità s’impone nel disegno del cartone, in fase di realizzazione: qui esistono delle vere e proprie regole, che furono inventate da Walt Disney ma attualissime ancora oggi. Ciò che alla fine preoccupa veramente gli addetti ai lavori di un cartone animato è il budget. La realizzazione di film d’animazione richiede più tempo di lavorazione, standard qualitativi più elevati nonché investimenti maggiori, anche a livello di personale poiché ogni personaggio avrà un doppiatore specifico e qualora si presentino parti cantate i personaggi disporranno anche di una propria voce cantata diversa da quella del parlato abituale. Un film d’animazione riprodotto al cinema può avere un certo ”ritorno” economico grazie ai biglietti venduti al botteghino e al merchandising di vario genere. Avrà però poi una replicabilità piuttosto limitata sulle reti televisive. Senza contare che esistono ora anche i dvd pirata…
Un cartone animato invece richiede meno tempo di lavorazione e soprattutto standard qualitativi molto più bassi. I doppiatori possono ricoprire più personaggi e le serie sono notevolmente più replicabili. Difficilmente ci sono parti cantate; qualora queste ci siano, sono lasciate sempre in lingua originale. Subentra anche l’idea che se i finanziamenti provengono dall’estero la serie o il film saranno già pensati in termini d’esportazione. C’è da dire che spesso i finanziamenti provenienti dagli enti pubblici e privati nazionali non riescono a coprire adeguatamente i costi, quindi necessariamente si deve ricorrere a finanziamenti esteri, che consentono così il completamento del lavoro. I produttori così si sentono quasi “obbligati” poi a riprodurre all’estero il loro lavoro, quasi per ringraziarli delle sovvenzioni. Un altro fattore importante da considerare è che in Italia c’è uno scarso numero di canali in chiaro che consentono un’adeguata fruizione. L’introduzione delle nuove tecnologie via satellite ha dato sì un impulso al miglioramento, ad ogni modo non sufficiente a risollevare le sorti finanziare del settore. È comunque una crisi generalizzata, tanto che il settore dell’animazione pur di poter lavorare esula dalla produzione di cartoni animati o lungometraggi veri e proprio per sfociare nella realizzazione di videogiochi o videoclip musicali.
Eppure al giorno d’oggi ci sono tecnologie così avanzate, che noi giovani padroneggiamo e potremmo sfruttarle al meglio per potenziare e sviluppare questo settore. Chi di noi da bambino non si è seduto davanti al televisore per vedere i cartoni animati o non ha visto i grandi film Disney? Perché allora non riportare questo settore ad una florida vitalità e ridargli l’importanza che merita? Ritengo che non si debba avere timore di investire, poiché una riduzione, deprecabile, della qualità dei prodotti spingerebbe solo il pubblico a spendere ancora meno per vedere un film di scarsa qualità al cinema o a cambiare canale se è il cartone ad essere poco gradevole. È inutile livellare verso il basso il budget di una produzione se questa poi va in passivo alla pubblicazione.
Quindi meglio investire ed avere poi un prodotto di qualità: il pubblico se ne accorgerà e i soldi spesi rientreranno. In fin dei conti, perché non alimentare un mercato di sicuro successo come quello dei cartoni animati, che può unire oltre una funzione ludica anche quella formativa, educativa, istruttiva, e d’incremento della fantasia che nel mondo moderno inizia a scarseggiare perché inizia a scarseggiare l’immaginazione? Senza immaginazione, senza fantasia, non ci sarebbero state neppure le più grandi invenzioni.