Nel cuore di Torino si nasconde un luogo che sfida i limiti della curiosità: il Museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso”. Un mix di storia, scienza e un pizzico di macabro, perfetto per chi ama esplorare i confini più oscuri del sapere. Fondato nel 2009, in occasione del centenario della morte del celebre e controverso criminologo, il museo accoglie una collezione unica nel suo genere, fatta di crani, documenti, manufatti artigianali e stranezze che raccontano, nel bene e nel male, le origini della criminologia moderna. Ma attenzione: questo non è solo un tuffo nelle teorie ottocentesche. Il Museo Lombroso è un terreno di scontro in cui etica, scienza e cultura si incontrano – e spesso si scontrano.
Cesare Lombroso: genio, scienziato, o visionario frainteso?
Non si può parlare del museo senza conoscere l’uomo che ne è il cuore. Cesare Lombroso, nato a Verona nel 1835 con il nome Marco Ezechia Lombroso, è stato uno dei pionieri della criminologia. La sua missione? Dimostrare che il crimine non era solo una questione di scelta morale, ma qualcosa scritto nei geni e visibile nel corpo. Le sue teorie, ispirate dal positivismo scientifico dell’epoca, si concentravano sull’idea del “criminale nato”. Secondo Lombroso, tratti fisici come la forma del cranio o particolari caratteristiche facciali potevano indicare una predisposizione naturale al crimine.
Oggi queste teorie sembrano assurde, quasi caricaturali, ma a quei tempi rappresentavano una vera rivoluzione. Persino figure come Freud e Jung furono influenzate dal suo lavoro. Eppure, dietro questa patina di innovazione, si nascondeva un lato oscuro: le sue idee erano fortemente intrecciate con il darwinismo sociale e vennero usate per giustificare discriminazioni e pregiudizi.
Dentro il museo: tra crani, scheletri e il volto del crimine
Varcare la soglia del Museo Lombroso è come fare un salto nel tempo. Tra le teche esposte, spiccano 684 crani e 27 scheletri umani, accanto a maschere mortuarie, abiti di briganti e oggetti artigianali creati da detenuti. Ogni elemento racconta storie di vite difficili, errori, e un’ossessione per mappare il crimine attraverso la fisicità. Tra i reperti più celebri c’è lo scheletro dello stesso Lombroso, lasciato alla scienza su sua richiesta, e il suo volto conservato in formalina (anche se non visibile al pubblico).
Più che un’esaltazione delle sue teorie, il museo invita a riflettere sulle loro implicazioni, mostrando i limiti della scienza dell’epoca e i pericoli che derivano dall’abuso delle conoscenze.
Un museo nel mirino delle polemiche
Non tutti, però, vedono il Museo Lombroso con occhi indulgenti. Molti lo criticano per il suo approccio ai resti umani e per perpetuare stereotipi razzisti. Un caso celebre riguarda il cranio di Giuseppe Villella, un brigante calabrese usato da Lombroso come prova del “criminale atavico”. La disputa per la restituzione del cranio ha coinvolto il comune di Motta Santa Lucia, scatenando un acceso dibattito che si è concluso nel 2019, quando è stato deciso che il reperto rimanesse a Torino.
Cristina Cilli, curatrice del museo, difende il progetto come uno strumento educativo: l’obiettivo non è glorificare Lombroso, ma offrire una contestualizzazione storica, mostrando quanto sia facile sbagliare anche nel nome del progresso. Il museo, inoltre, è attivo su temi sociali, coinvolgendo detenuti e persone con patologie psichiatriche in progetti di inclusione.
Un’esperienza unica per esplorare le ombre della scienza
Visitare il Museo Lombroso non è per i deboli di cuore. Tra crani, oggetti inquietanti e storie tormentate, ogni angolo sfida la nostra visione del mondo. È un luogo che mescola fascino e inquietudine, un promemoria di quanto la scienza possa essere potente – ma anche pericolosa – quando si allontana dall’etica.Per i nerd appassionati di storia e di dibattiti filosofici, questo museo è una tappa imperdibile. Qui non si parla solo di un uomo e delle sue idee, ma di un’intera epoca e dei suoi errori. Con un biglietto in mano e tanta curiosità, si entra in un mondo che ci ricorda che il sapere, proprio come il crimine, è fatto di luci e ombre.
Foto di copertina di Bruce The Deus – Opera propria, CC BY-SA 4.0