Mimì e la nazionale di pallavolo / Quella magnifica dozzina (in originale “Attack No. 1”) non è solo un manga o un anime, ma un vero e proprio fenomeno culturale che ha segnato un’epoca, influenzando intere generazioni e lasciando un’impronta indelebile nella storia dell’animazione giapponese. Scritto e disegnato da Chikako Urano, questo capolavoro è stato pubblicato tra il 1968 e il 1970 sulla celebre rivista shōjo Margaret. Ben presto, grazie al suo straordinario successo, è stato adattato in una serie animata che ha catturato il cuore del pubblico sia in Giappone che all’estero.
La Rivoluzione dello Shōjo Sportivo
Prima di “Mimì e la nazionale di pallavolo“, il genere shōjo era prevalentemente dominato da storie romantiche e sentimentali. Chikako Urano ha rivoluzionato questo panorama con un’opera che non solo esplorava la passione per uno sport, in questo caso la pallavolo, ma lo faceva attraverso una protagonista femminile forte e determinata, offrendo un nuovo modello di riferimento per le giovani lettrici. Kozue Ayuhara, conosciuta come Mimì Ayuhara nella versione italiana, non è solo una semplice atleta, ma una giovane donna che lotta contro le avversità, sia personali che sportive, per raggiungere i propri obiettivi.
La Serie Anime e il Suo Successo Globale
L’adattamento anime di “Mimì e la nazionale di pallavolo” è stato prodotto dalla Tokyo Movie Shinsha e trasmesso in Giappone su Fuji TV tra il 1969 e il 1971. Con i suoi 104 episodi, la serie è diventata rapidamente un punto di riferimento per il genere spokon (sportivo), conquistando un vasto pubblico. La regia di Eiji Okabe, Fumio Kurokawa e Yoshio Takeuchi ha saputo trasporre magistralmente l’intensità emotiva e la tensione delle partite di pallavolo, rendendo ogni episodio un’esperienza coinvolgente.
A differenza del più scanzonato e ironico Mila & Shiro, due cuori nella pallavolo, la serie di Mimì ha un tono tragico e drammatico, non soltanto a causa del lutto che colpisce la protagonista, il cui fidanzato Sutomo muore in un incidente d’auto, ma anche per la generale visione dello spirito di sacrificio e della totale dedizione al proprio ideale che pervade la serie. Al solo scopo di essere la migliore, non per mostrarsi superiore agli altri, ma per una continua sfida contro i suoi stessi limiti, infatti, Mimì non esita mai ad autoinfliggersi allenamenti supplementari e dolorosi (molto famose le catene ai polsi), nonostante i già durissimi e estenuanti esercizi cui è sottoposta, in particolare, dall’allenatore della nazionale juniores, Diego Nacchi (nel primo doppiaggio si chiama Inokuma e nell’originale è Inokuma Dayoda).
Altra caratteristica di questa serie sono azioni di gioco assai improbabili nella realtà, come l’attacco invisibile (la palla scompare nel nulla durante il gioco!), la goccia di ciclone o tornado a seconda dei doppiaggi, la palla che si ingigantisce, i salti mortali durante le schiacciate. Ciò che accomuna le serie (e a loro molte altre) è, invece, il coinvolgimento sociale positivo, il senso profondo dell’amicizia che lega le protagoniste e la stima reciproca che avvicina anche giocatrici di squadre diverse, acerrime nemiche nella tensione agonistica della gara, ma confidenti e amiche fuori dal campo.
Le Edizioni Italiane: Un Viaggio Attraverso gli Anni
In Italia, l’anime è arrivato nel 1981 con il titolo “Quella magnifica dozzina”, per poi essere riproposto nel 1983 con il titolo più noto “Mimì e la nazionale di pallavolo”. Questa serie ha avuto un impatto straordinario sul pubblico italiano, diventando un classico del palinsesto televisivo per ragazzi degli anni ’80 e ’90. Il personaggio di Mimì Ayuhara è diventato un simbolo di determinazione e tenacia, ispirando molte giovani telespettatrici a seguire i propri sogni nonostante le difficoltà. La storia delle edizioni italiane di “Mimì e la nazionale di pallavolo” è ricca e variegata. La prima versione, trasmessa nel 1981, si distingueva per alcune peculiarità, come l’uso del cognome “Ayuhara” anche da parte dei genitori della protagonista, un probabile errore di traduzione. Questa edizione, intitolata “Quella magnifica dozzina”, ha rappresentato il primo contatto del pubblico italiano con le avventure di Kozue.
Nel 1983, la serie è stata riproposta da Fininvest con il titolo “Mimì e la nazionale di pallavolo”. Questo adattamento è diventato il più popolare, grazie anche alla celebre sigla “La fantastica Mimì” cantata da Georgia Lepore. Tuttavia, la trasmissione è iniziata dal 27º episodio, omettendo la parte iniziale della storia. Nonostante alcune incoerenze nei nomi dei personaggi, questa versione è rimasta nel cuore di molti fan. Nel 1995, la serie è stata completamente ridoppiata per includere i primi 26 episodi e garantire continuità alla narrazione. Questo nuovo adattamento ha visto l’italianizzazione dei nomi e un adeguamento ai cambiamenti politico-geografici dell’Europa, eliminando riferimenti all’Unione Sovietica e alla Germania Est.
L’Eredità di “Mimì e la nazionale di pallavolo“
Il successo di “Mimì e la nazionale di pallavolo” non si è limitato al manga e all’anime. Nel 1975, Chikako Urano ha realizzato un seguito, “Shin Attack No. 1”, mentre nel 2005 Kanon Ozawa ha curato un remake. Nello stesso anno, il dorama “Attack No. 1”, con Aya Ueto nel ruolo di Kozue, ha riportato la storia sotto i riflettori, seguito nel 2018 da un musical interpretato dal gruppo idol Angerme. Queste opere testimoniano l’incredibile longevità e l’influenza di “Mimì e la nazionale di pallavolo” nel panorama culturale giapponese e mondiale.
Nel 2019, Yamato Video ha distribuito una versione rimasterizzata in alta definizione della serie anime su Italia 2 e in streaming su Prime Video. Questa nuova edizione ha permesso alle vecchie e nuove generazioni di apprezzare nuovamente le avventure di Mimì Ayuhara, consolidando ulteriormente il suo status di icona culturale.
“Mimì e la nazionale di pallavolo” rimane una pietra miliare nella storia del manga e dell’anime, un’opera che ha aperto la strada a molte altre serie sportive e che continua a ispirare milioni di fan in tutto il mondo. La storia di Mimì Ayuhara, con la sua determinazione, il suo spirito di sacrificio e la sua passione per la pallavolo, rappresenta un esempio di come lo sport possa essere un potente veicolo di valori universali e di crescita personale.
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