“Logan – The Wolverine” ha segnato un’importante svolta per il genere dei film sui supereroi, con un tono più maturo e riflessivo, lontano dai tradizionali blockbuster d’azione. Diretto da James Mangold, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Scott Frank e Michael Green, il film è liberamente ispirato alla graphic novel “Old Man Logan” di Mark Millar e Steve McNiven, ma si distingue per la sua capacità di trattare temi universali con un tocco di realismo emotivo.
Il film è il terzo e, al momento, l’ultimo capitolo della saga spin-off di Wolverine, e vede protagonista Hugh Jackman nel ruolo che l’ha reso celebre. In un futuro distopico, nel 2029, Logan è ormai esausto, segnato da un declino fisico che lo ha ridotto a un’ombra del potente mutante che era stato. Si rifugia in un angolo sperduto del mondo, al confine tra Stati Uniti e Messico, dove si occupa di un malato e debilitato Professor X, interpretato ancora una volta da Patrick Stewart. Quest’ultimo, purtroppo, sta perdendo il controllo delle proprie capacità a causa dell’Alzheimer, creando una dinamica di cura e protezione che arricchisce la trama di una dimensione fortemente emotiva. La quiete apparente della loro esistenza viene presto interrotta dall’incontro con Laura, una giovane mutante con abilità simili a quelle di Logan, che si ritrova a dover proteggere da forze oscure e pericolose.
“Logan” non è il tipico film d’azione: con il suo approccio più intimista, esplora temi profondi come la vecchiaia, la morte e la solitudine, non solo dei protagonisti, ma dei mutanti in generale, un popolo ormai ridotto all’estinzione. La storia del film è una riflessione sulla condizione di chi, come Logan, ha vissuto una vita segnata dalla violenza e dalla sofferenza, ma che alla fine trova un barlume di redenzione e di pace interiore. Mangold, con la sua regia, opta per un’atmosfera quasi western, con paesaggi spettacolari e scene di violenza cruda che accentuano la decadenza del mondo che Logan e Xavier devono affrontare.
Il film segna un’epoca per Hugh Jackman, che offre una delle sue interpretazioni più apprezzate, presentando un Logan umano e vulnerabile, lontano dal supereroe invincibile che aveva interpretato in precedenza. La chimica tra Jackman e Patrick Stewart è palpabile, con la loro relazione che evolve da un legame di dipendenza reciproca a un affetto quasi paterno, rendendo ancora più intensa la drammatica conclusione del film. Stewart, a 76 anni, si è anche sottoposto a un duro regime di allenamento per perdere peso e interpretare un Professor X fisicamente debilitato ma ancora presente nel cuore della narrazione.
“Logan” è stato accolto positivamente dalla critica, con un incredibile 93% di recensioni positive su Rotten Tomatoes, e ha ottenuto un notevole successo al botteghino. Il film ha incassato oltre 600 milioni di dollari in tutto il mondo, a fronte di un budget di 97 milioni, dimostrando come anche un film con una dimensione più adulta possa attrarre un vasto pubblico. Questo risultato testimonia il desiderio del pubblico di vedere storie più profonde e complesse, anche nell’ambito dei supereroi.
Il film è stato presentato in anteprima alla Berlinale, dove ha ricevuto consensi per la sua capacità di mescolare intrattenimento e riflessione. La sceneggiatura e la regia non si limitano infatti a proporre una semplice storia di azione, ma offrono anche una visione intima del personaggio di Logan, il quale, pur avviandosi al sacrificio finale, trova una ragione per difendere la vita di un’altra generazione di mutanti. Il suo ultimo atto, il suo “testamento spirituale”, diventa un atto di speranza e redenzione, un ritorno alla natura e un simbolo di resistenza contro il male.
La pellicola affronta anche la paura e l’odio dell’umanità verso i mutanti, che sono visti come simboli di cambiamento e di incertezze. In questo senso, “Logan” rappresenta non solo una conclusione per il personaggio, ma anche una riflessione sulle difficoltà di accettare ciò che è diverso, sulle lotte interne dei mutanti e sul loro posto in un mondo che non li accoglie.
Le performance degli attori, in particolare quelle di Hugh Jackman e Patrick Stewart, sono state elogiati da molti critici come le migliori della saga. Jackman offre una versione di Logan più sfaccettata e complessa, lontana dallo stereotipo del supereroe, mentre Stewart riesce a trasmettere tutta la fragilità del suo personaggio, ormai ridotto a un uomo vulnerabile. La loro relazione, che si sviluppa nel corso del film, diventa il cuore pulsante della storia, aggiungendo una componente emotiva che raramente si trova nei film di supereroi.
“Logan – The Wolverine” non è solo un film di supereroi: è una riflessione sulla condizione umana, sull’eredità che lasciamo dietro di noi e sul nostro desiderio di redenzione. Una conclusione epica per uno dei personaggi più amati del cinema contemporaneo, che trova finalmente una sua dimensione tragica e liberatoria, lontana dalle tradizionali convenzioni del genere.
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