L’isola di Pasqua è una isoletta sperduta a circa 2300 miglia a Est delle coste del Cile, e proprio grazie a questo suo isolamento i suoi abitanti storici hanno sviluppato una proprio cultura, differente da qualsiasi altra. I resti più evidenti di questa civiltà sono gli oltre 600 busti colossali che costellano l’intera isola. Sono alte più di 12 metri e hanno un peso di ottanta tonnellate.
Ma quale è il mistero? E’ evidente che esiste un forte dubbio che dei nanerottoli del genere, per di più preistorici, possano aver costruito dei colossi tali.
Per molti anni degli acuti osservatori hanno sostenuto che degli alieni erano scesi sulla terra con le loro astronavi, si erano fatti un giro panoramico, ed alla fine avevano deciso di porre piede su quell’idilliaca isola. Però non trovando nulla da fare avevano deciso di erigere delle statue che li rappresentassero (bè, beati loro che non avevano nulla da fare.) Infatti se guardate bene i lineamenti dei volti non assomigliano a quelli dei terrestri.
In realtà altri acuti osservatori, cercando di sfatare il mito, si sono messi a fissare i bei faccini degli indigeni e hanno visto che erano talmente brutti da ricordare quelle statue. E allora hanno detto: perché non facciamo una prova? Allora un antropologo, Thor Heyerdahl, tra il 1955-56 (non avendo anche lui nulla da fare) dimostrò che con una tecnologia alquanto rudimentale gli isolani erano capaci di riprodurre le statue. Infatti la pietra è tufo vulcanico, la quale si scioglie con la semplice acqua (e qui sorge una domanda spontanea: allora come cavolo riesco a stare ancora in piedi quei colossi? Non si dovrebbero sciogliere ogni volta che piove? Risposta: miracolo). Sicchè i nativi, solo con le semplici manine, davano alla roccia la forma che volevano. Poi prendendo 180 uomini il nostro antropologo si è fatto il giro turistico dell’isola portandosi dietro sto popò di mostro, tanto per far vedere che gli ALTRI ce la facevano a non morire nel trasportarla.
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