“L’innocenza” di Hirokazu Kore’eda: il Labirinto dell’Emozione Familiare

Dal 22 agosto 2024, le sale cinematografiche italiane hanno accolto il nuovo capolavoro di Hirokazu Kore’eda, intitolato “L’innocenza”, il cui titolo internazionale è “Monster”. Questo film, premiato al Festival di Cannes per la Migliore Sceneggiatura e presentato con grande entusiasmo dalla critica, si aggiunge alla straordinaria filmografia di Kore’eda, che già vantava la Palma d’Oro per Un affare di famiglia e il Gran Premio della Giuria per Father and Son. Kore’eda, regista giapponese di 62 anni, sembra sfidare le leggi del tempo con il suo cinema, un corpus che si arricchisce e si rinnova con ogni opera, riflettendo una visione del mondo che è al contempo classica e profondamente contemporanea. La sua abilità nel raccontare le famiglie allargate, sgangherate e imperfette trova in L’innocenza una delle sue espressioni più mature e sofisticate.

La trama di L’innocenza si apre su una nota di inquietudine: Minato, undici anni, e la sua madre vedova, interpretata con grande intensità da Sakura Andō, stanno attraversando un momento difficile. Minato comincia a mostrarsi sempre più triste e il suo comportamento inquieta profondamente la madre, che teme che a scuola possa esserci qualcosa di terribile che lo turba. I sospetti si concentrano su un giovane insegnante, il cui comportamento ambiguo ricorda, per certi versi, i personaggi da “Johnny” del passato. Tuttavia, come accade frequentemente nei film di Kore’eda, ciò che sembra essere la verità si rivela ben più complesso. La narrazione si sviluppa come una matrioska di verità e mezze verità, portando lo spettatore in un labirinto emotivo dove ogni scoperta si intreccia con nuovi interrogativi. In questo contesto, il regista giapponese esplora la natura dell’innocenza e della colpa attraverso una lente di umanità e compassione.

Il titolo originale, Kaibutsu, che significa “mostro”, è emblematico di una narrazione che oscilla tra il buio e la luce, tra l’orrore e la ricerca di gioia. Questa dualità è alla base del cinema di Kore’eda, dove la felicità è sempre una conquista scombinata e imperfetta, ma pur sempre autentica. La rappresentazione della famiglia in L’innocenza non è mai banale o stereotipata; è una riflessione profonda e spesso struggente delle sue mille forme e contraddizioni. L’impronta di Kore’eda, pur nel suo continuo evolversi, rimane fedele a una visione che potrebbe ricordare quella di Yasujirō Ozu, un maestro del ritratto familiare, ma con una sintesi e una modernità che rendono il suo lavoro unico. I suoi film non sono solo storie da seguire, ma esperienze da vivere, un “stare nel” cinema che consente di esplorare, capire e sentirsi parte di un racconto universale.

In L’innocenza, Kore’eda utilizza l’arte del cinema per tessere una storia che è allo stesso tempo intima e universale. La conclusione del film, con i bambini protagonisti immersi in una caverna fangosa, è simbolica di un viaggio che esplora le profondità dell’animo umano e la resilienza delle relazioni familiari. La colonna sonora, firmata dal premio Oscar Ryuichi Sakamoto, rappresenta l’ultimo regalo musicale del compositore e amplifica ulteriormente la dimensione emotiva del film. Con ogni film, Kore’eda non si limita a raccontare storie, ma costruisce universi emotivi ricchi e complessi. L’innocenza non fa eccezione, dimostrando ancora una volta la maestria di un regista che, pur rimanendo ancorato al presente, riesce a evocare emozioni e riflessioni che trascendono il tempo e lo spazio. I suoi lavori sono finestre su un mondo che, per quanto imperfetto, è sempre ricco di bellezza e significato.

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