Con il passare degli anni, il Foro Romano divenne via via un centro simbolico e un luogo di glorificazione degli imperatori morti: nell’area centrale infatti sorgeva una fila di sette grandi colonne per onorare queste figure che tanto avevano influito sul destino di Roma. Purtroppo il tempo,i saccheggi vari e (sigh) l’incuria, ce ne hanno lasciato una sola: la Colonna di Foca, imperatore bizantino sconosciuto ai più e ricordato per aver donato il Pantheon al papa. Ma non tutti sanno che questa colonna è un vero simbolo, è stato infatti l’ultimo monumento eretto all’interno del Foro: eravamo nel Medioevo, nel 608 d.C. e l’Impero Romano in Occidente già non esisteva più, l’Italia era diventata un regno, quello dei barbari Goti che erano impegnati in una guerra senza fine con i Bizantini e di conseguenza il grande Impero Romano era diventato semplicemente un campo di battaglia!
Ma la Colonna di Foca è solo uno dei monumenti simbolici all’interno dei Fori, ne esistono molti altri, anzi, esiste una vera e propria “geografia” di monumenti curiosi, simbolici, a volte molto venerati e sacri per i Romani.
Eccone alcuni:
Narra Plinio il Vecchio che tre enormi alberi dominavano la piazza posta al centro del Foro: erano un fico, l’albero sotto al quale si dice fossero stati allattati i gemelli Romolo e Remo, la vite e l’ulivo, cioè il vino e l’olio, a simboleggiare la forza e la linfa di Roma. Oggi gli alberi sono stati impiantati di nuovo dalla Soprintendenza sebbene non proprio nella loro antica collocazione, ma il luogo prescelto dagli archeologi sembra molto adatto vicino com’è ad uno dei monumenti più antichi e misteriosi del Foro: protetto da una struttura si trova infatti il Lapis Niger. E’ forse il monumento più importante di Roma, ma anche uno dei meno conosciuti per via di un decennale e delicato restauro. E’ indicato da tutti gli studiosi come la Tomba di Romolo. Un’altare in realtà molto semplice, a forma di U con accanto quello che sembra essere un basamento a tronco di cono per una statua oggi scomparsa. Poco più indietro un cippo che reca un’iscrizione in latino arcaico, che risulta essere la più antica iscrizione latina mai rinvenuta, ed è curioso che si tratti di una maledizione. Invocando le divinità si chiedeva la dannazione eterna per chiunque avrebbe osato profanare questa tomba.
In età repubblicana tutta l’area che sovrasta la tomba fu sepolta e ricoperta da un pavimento di marmo nero, da cui appunto il nome Lapis Niger, pietra nera. Nella parte settentrionale del Foro, poco distante dalla tomba di Romolo, c’era un altro luogo di importanza fondamentale per Roma: il Miliarium Aureum, il punto di partenza di tutte le strade consolari che si diramavano nell’Impero. Oggi tutto ciò che ne rimane è un frammento del basamento di una colonna, ma da qui un tempo partiva quello che possiamo definire il più grande monumento realizzato dai Romani: una rete viaria di centomila chilometri che collegava tutte le province dell’Impero. Più che dire “tutte le strade portano a Roma” sarebbe più giusto dire “tutte le strade partono da Roma”, infatti duemila anni fa le distanze tra Roma e le varie province si misuravano partendo appunto dal Miliarum Aureum.
La cosa curiosa, o meglio, interessante, è che a Roma ancora oggi c’è una via, la Via Trionfale, situata a nord della città, che segue ancora questo concetto: i numeri civici delle case si riferiscono alla distanza dal Campidoglio, ed è forse l’unica strada d’Italia dove i numeri civici sono espressione di una distanza. Pensate: questa via arriva ad avere numeri civici fino al 14.500!
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