L’esorcismo di Emma Schmidt – The Ritual. Un’Interpretazione del Demone e della Fede nel Cinema Horror

Quando si parla di possessioni ed esorcismi nel cinema, il pensiero corre subito a titoli scolpiti nella memoria collettiva: L’Esorcista, The Exorcism of Emily Rose, The Conjuring. Ma con L’esorcismo di Emma Schmidt – The Ritual, in uscita nelle sale italiane il 29 maggio grazie a Midnight Factory, David Midell tenta qualcosa di diverso: non solo riportare alla luce uno dei casi di possessione più documentati della storia, ma anche farlo con un taglio crudo, realistico e psicologicamente profondo. E, sorpresa tra le sorprese, al centro di questo viaggio infernale troviamo un Al Pacino in stato di grazia, nei panni di un prete anziano in lotta con le proprie ombre interiori.

L'Esorcismo di Emma Schmidt - The Ritual | Teaser Trailer Italiano Ufficiale

Una storia vera, un orrore senza filtri

Midell attinge a piene mani dagli archivi della storia per costruire la sua narrazione. Quella di Emma Schmidt – conosciuta anche come Anna Ecklund – è una vicenda realmente accaduta nell’America rurale del 1928, in un convento sperduto nello Iowa. Si trattò di uno dei pochi casi di esorcismo ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa cattolica, con testimonianze scritte e dettagli raccapriccianti conservati nei resoconti di padre Joseph Steiger, chiamato a documentare ogni fase del rituale.

È proprio questa base storica che conferisce a The Ritual un’aura disturbante e autentica: il film non rincorre gli effetti speciali o il facile spavento da “jump scare”, ma si affida a un’escalation lenta, soffocante, che sfiora il documentaristico. L’orrore non esplode: si insinua, si diffonde, cresce con il silenzio, con lo sguardo sbarrato di una ragazza tormentata e con il tremolio delle mani di un prete che dubita.

Pacino, Stevens e la battaglia tra fede e colpa

Padre Theophilus Riesinger (Al Pacino) è un esorcista consumato dal tempo e dai dubbi. La sua fede, ormai corrosa, sembra trovare nell’esorcismo di Emma l’ultima possibilità di redenzione. Accanto a lui, un giovane e brillante Dan Stevens (padre Joseph Steiger), prete con un passato oscuro e occhi che nascondono più di quanto rivelano. È proprio il rapporto tra questi due uomini – opposti per età, temperamento e ferite interiori – il fulcro drammatico del film.

Qui The Ritual si distanzia dal puro horror per abbracciare un’analisi psicologica. Ogni preghiera, ogni gesto rituale, diventa un confronto con i propri demoni. E nel riflesso delle urla di Emma (interpretata con sorprendente intensità da Abigail Cowen), lo spettatore scorge i vuoti e le crepe di chi cerca salvezza tanto per sé quanto per gli altri.

Estetica della possessione: quando la luce fallisce

La regia di David Midell si muove con precisione chirurgica. Dimenticate i conventi gotici e i cliché iconografici del genere: qui tutto è asciutto, scarno, claustrofobico. Il convento, girato nel Mississippi, è una prigione dell’anima, con pareti che sembrano chiudersi addosso ai protagonisti. La fotografia sfrutta la luce naturale fino allo stremo, per poi lasciare spazio all’oscurità – una metafora visiva che non si limita a descrivere l’ambiente, ma traduce visivamente lo stato interiore dei personaggi.

Il vero orrore non è solo quello che vediamo, ma quello che immaginiamo. Il corpo di Emma, contorto, graffiato, urlante, è il centro di una liturgia terrificante in cui anche l’assenza di effetti speciali diventa una scelta stilistica. Tutto è reale, o almeno plausibile. È questa verosimiglianza a rendere il film ancora più disturbante.

Un’esplorazione dell’anima prima che del demone

Oltre alla possessione, The Ritual parla soprattutto di fede – quella che vacilla, che si rompe, che si cerca nei momenti di disperazione. Il film ci ricorda che spesso, prima ancora di affrontare il Male con la M maiuscola, dobbiamo imparare a riconoscere quello che alberga dentro di noi. È per questo che ogni personaggio è segnato da un percorso personale di discesa agli inferi: non solo Emma, ma anche chi la circonda. Perfino le suore del convento, come la Rose di Ashley Greene o la madre superiora interpretata da Patricia Heaton, vivono la possessione come una contaminazione invisibile, come un’epidemia spirituale.

L’esorcismo di Emma Schmidt – The Ritual non è un film perfetto, ma è un film necessario. Necessario per chi ama il cinema horror che non si accontenta di far paura, ma vuole interrogare, insinuare, lasciare strascichi. È una pellicola che guarda agli archetipi del genere per poi scardinarli, affidandosi a un cast di altissimo livello e a una regia rigorosa, inquieta, capace di scavare più nell’animo umano che nella mitologia del demoniaco. David Midell, grazie anche alla potenza silenziosa di Al Pacino e alla fragilità intensa di Abigail Cowen, firma un film che difficilmente lascerà indifferenti. Perché se è vero che il Male può avere molti volti, è altrettanto vero che, in The Ritual, ci guarda dritto negli occhi.

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