Si può essere realmente posseduti da entità demoniache oppure si tratta esclusivamente di gravi malattie psichiche che vanno curate con farmaci e non con preti ed esorcismi? Di questo tema affascinante tratta il secondo lungometraggio di Scott Derrickson, già presentato al Festival di Venezia con buoni responsi da parte della critica.
Emily Rose (la bravissima Jennifer Carpenter) è una ragazza diciannovenne che muore durante un esorcismo che le stava praticando un prete della sua parrocchia, padre Moore (Tom Wilkinson). Quest’ultimo si ritrova così sotto processo per omicidio colposo e trova come suo difensore una rampante avvocatessa, Erin Burner (Laura Linney), decisa ad avanzare di carriera. Gran parte del film non è altro che un dramma processuale, a dire la verità un po’ lento, schematico e semplicistico. I momenti migliori si hanno nelle scene di flashback e negli eventi misteriosi in cui sono coinvolti i vari personaggi al di fuori dell’aula del tribunale. Indubbiamente in quei momenti il film raggiunge l’obiettivo che ogni film horror si prefigge: fare paura. Specialmente le scene dell’esorcismo sono altamente efficaci nel loro realismo. Peccato poi per il solito finale che non è nè carne né pesce e che lascia di conseguenza un po’ l’amaro in bocca. Si capisce chiaramente che il regista non ha voluto prendere posizione sulla vicenda, peraltro ispirata a fatti realmente accaduti. Proprio quest’ultimo elemento sembra essere un’arma furbescamente utilizzata dai registi per accrescere il senso di inquietudine nello spettatore.
Non siamo certo sui livelli del probabilmente inarrivabile “L’esorcista” ma credo che questo “L’esorcismo di Emily Rose” non deluderà i fan dei film votati al sovrannaturale.
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