Le vite degli altri (Das Leben der Anderen)

La Germania durante il 1984, anno in cui è ambientato il film, era divisa in due parti: est e ovest.

La Germania dell’est era chiamata Repubblica Democratica Tedesca ( RDT per noi, DDR per loro).

La parte dell’est era, tra l’altro, la zona socialista assegnata all’Unione Sovietica dopo la disfatta della Germania, esistita fino al 1990.

Qui entra in scena il dramma.

Un agente della STASI (organizzazione di sicurezza e spionaggio) viene incaricato da un alto dirigente dello stato di indagare su un intellettuale e le sue amicizie, in cerca di qualcosa che possa incolparlo di tradimento e quindi toglierlo di mezzo.

L’agente della STASI ,però, comincia ad entrare nella vita dello scrittore, prima cercando di emulare la sua vita e il suo amore per un attrice teatrale, dopo, fino a trasformarsi nel loro angelo custode.

Nulla di più svelerò sulla trama, il film è da gustare in ogni suo attimo, in ogni frase, bisbiglio captato dall’orecchio attento dell’agente.

Attraverso quest’ultimo, ci viene svelato il mondo di terrore, che le alte cariche dello stato creavano intorno ai cittadini della DDR.

Un mondo dove una semplice battuta contro la DDR poteva metterti ai lavori forzati a vita.

Tutto gira attorno a  pochi uomini che cercano di incastrare l’altro a proprio vantaggio.

E in questo mondo di bugie e di ipocrisie, si alza questo piccolo agente, dall’aspetto anonimo agli occhi di molti, caratterizzato da un attore formidabile, che ha fatto della fisicità il modus operandi della sua interpretazione.

Il film si muove come un giallo, grazie anche alla poderosa colonna sonora del premio Oscar Gabriel Yared, emozionanti in alcuni momenti, come nell’annunciazione della caduta del muro.

Il film non si sottrae a sottili venature ironiche dal gusto un po’ amaro nel  ricordarci l’imprevedibilità della vita (il dipendente sottomesso avrà la sua rivalsa dopo la caduta del muro).

Un gran bel colpo per un film girato in soli 37 giorni, senza contare che è un’opera prima….

Senza contare che poi questo film ha vinto l’Oscar, come miglior film straniero.

Oscar che, a mio avviso, non premia  un opera  singola, come una rosa cresciuta nel cemento, ma premia un lavoro in cui tutto il cinema tedesco deve farne parte; al modo in cui la Germania si sta raccontando.

Dalla “Caduta” che narra gli ultimi giorni di Hitler, passando per la “ Rosa Bianca”, “ Le particelle elementari”.

La volontà dei tedeschi di costruire una coscienza che sia da monito per l’avvenire, la nuova generazione tedesca guarda al passato. Cerca di comprendere gli orrori del terzo Reich, ma non dimenticandoli, anzi scavandoli affondo, e nelle “Vite degli altri” l’attenzione si sposta sul terribile periodo che ha vissuto la Germania disgiunta.

Un’autoanalisi mirata al superamento dei traumi passati, costruita tutti insieme per raccontarsi, per poter dire questa è la nuova generazione tedesca, una nazione che guarda al futuro senza dimenticare al passato, ma anzi riprenderlo e  ricostruirlo nei minimi particolari,  a scanso di equivoci.

L’Oscar, non me ne voglia Florian Henckel von Donnersmarck, dovrebbe andare alla nuova generazione di cineasti tedeschi che con incredibile sforzo stanno cercando una nuova identità, riuscendoci appieno, quest’ultimo film avvalora la causa di un cinema di riscoperta e rivalorizzazione del proprio passato.

Al di la di questa mia visione personale( e più generale) , sulla situazione tedesca,  il film è da vedere e i premi che gli sono stati conferiti sono tutti guadagnati, per ricreare le atmosfere dell’epoca è stato fatto un lavoro meticoloso sugli arredamenti e le strade, in particolare -molte energie sono state spese per nascondere i graffiti- a detta del regista. E questo per me non fa altro che avvalorare la mia tesi.

Questa ricerca spasmodica di ricostruire un passato che è oscuro mi ricorda l’intervista a Marc Rothemund quando parlava della Rosa bianca e Sophie Scholl, nella ricerca, anche qui meticolosa di ogni lettera, resoconto o testimonianza che potesse raccontare meglio le disavventure di Sophie.

Il cinema tedesco sta facendo passi da gigante, e “La vita degli altri” è l’ennesima dimostrazione.

Da vedere, consigliatissimo.

  

di Giulio Cangiano

 

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