Tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600, Roma aveva circa 100 mila abitanti, concentrati per lo più nella zona di Campo Marzio, tra piazza del Popolo e il Campidoglio. I periodici straripamenti del Tevere, le scarse condizioni igieniche, erano spesso veicolo di malattia, specie tra i più poveri: a terrorizzare Roma era soprattutto la sifilide, il male del secolo (si stima abbia provocato la mortalità tra il 15 e il 30% della popolazione). E, povere tra i poveri, le più soggette alla sifilide erano, ovviamente, le meretrici, il cui numero aumentava considerevolmente nei periodi più acuti di miseria (nella carestia che colpì Roma nel 1590-1592, si stima che nella città vi fossero 17 cortigiane ogni 1000 donne).
Il fenomeno del meretricio doveva essere represso dalla Chiesa, per “l’infamia… che dalle meretrici siano habitate le più belle strade di Roma santa, ove è sparso il sangue dei santi martiri, ove sono tante reliquie, tante devotioni, ove è la Santa Sede Apostolica et tanta religione: città, che per specchio del mondo tutta doverà esser monda da vicii et peccati a confusione d’infideli et eretici”. La repressione fu e divenne sempre più severa: con Pio V, le cortigiane furono “tolte dalla vista” e relegate nelle periferie di Trastevere e dell’Ortaccio; con Sisto V, le cortigiane che mancavano alle messe “deputategli apposta” venivano frustate ed esposte al pubblico dileggio; con Clemente VIII, le donne dopo l’Ave Maria non potevano uscire di casa, venendo così le prostitute spesso arrestate. Fu così per le “modelle” del Caravaggio: espulse come Fillide, fustigate come Annuccia, arrestate perché sorprese fuori casa dopo il tramonto come Lena.
Ma la Roma papalina, se da un lato esecrava e condannava le meretrici, dall’altro su di esse lucrava: la Curia le registrava, rilasciava loro le licenze e controllava i bordelli, riscuotendone le tasse. Fu proprio grazie alle tasse dei bordelli che fu finanziata la costruzione di Borgo Pio e di via Ripetta.
Lo stupro e l’avviamento alla prostituzione divennero reati, puniti però, anche qui, in maniera diversa a seconda se perpetrati su una donna onesta (la pena era la morte), oppure su una cortigiana (la pena era una semplice multa o al massimo la galera). Nacquero, per ospitare le figlie di prostitute e per le giovani povere a rischio di prostituzione, istituti religiosi: il “Conservatorio di Santa Caterina della Rosa” (che accoglieva e proteggeva le fanciulle giovani, belle e soprattutto povere che potevano cadere in balia di sfruttatori), il “Monastero di S. Maria Maddalena” (che accoglieva le meretrici desiderose di abbandonare il ”mestiere”). Nessuna speranza vi era, però, per le ragazze brutte o malate (non correvano “certi rischi”) e per le ex-prostitute oramai vecchie (in cerca solo di aiuto per la povertà), che venivano abbandonate al loro triste destino.
E nella Roma del tempo, nessuno, come Caravaggio, ha saputo rendere grazia a tali donne, da tutti condannate ma da tanti cercate. Annuccia, Lena, Fillide, con la loro bellezza continuano a vivere, per sempre, nelle stupende opere del Merisi, perennemente famose, a rendere giustizia al triste destino delle migliaia di donne, povere e sconosciute, che vissero la loro stessa vita.