Immaginate una distesa di ghiaccio infinita, solcata da venti gelidi che portano con sé il sussurro di segreti antichi e terrificanti. Questo è lo scenario che H.P. Lovecraft ci presenta nel suo romanzo horror, “Le montagne della follia”. Scritto nel 1931, ma pubblicato solo nel 1936 dopo numerosi rifiuti, questo capolavoro incarna l’angoscia e la maestria narrativa del suo autore. Lovecraft si ispirò a “La storia di Arthur Gordon Pym” di Edgar Allan Poe, immergendosi nelle stesse acque oscure e sconosciute dove l’ignoto provoca un’irresistibile attrazione verso il baratro della follia.
La trama segue sedici esploratori in una spedizione al Polo Sud. Dopo numerose scoperte di natura geologica, si imbattono in una caverna che custodisce esseri mostruosi congelati da milioni di anni, in uno stato di conservazione quasi perfetto. Queste creature, chiamate “Antichi”, sembrano aver vissuto sulla Terra e si rivelano essere anfibi, confondendo e terrorizzando gli esploratori. L’atmosfera si tinge di paura quando i cani della spedizione abbaiano furiosamente contro i resti degli Antichi. Nel tentativo di evitare il contatto, i ricercatori costruiscono un recinto per isolare i cani. Tuttavia, il terrore aumenta quando il gruppo del professor Lake, che ha fatto la scoperta, interrompe le comunicazioni con il campo base. Il narratore e alcuni altri decidono di indagare, scoprendo un campo disseminato di cadaveri orribilmente mutilati. Spinti da un presagio irrazionale, il narratore e Danforth, uno degli esploratori, si avventurano oltre la catena montuosa e scoprono un’immensa città ciclopica e aliena. Le statue e gli affreschi trovati raccontano una storia millenaria degli Antichi e delle loro lotte con altre creature mitologiche come i Mi-Go e gli Shoggoth.
L’orrore culmina quando il narratore e Danforth scoprono un tunnel che conduce a un abisso, ipotizzando che sia l’ultima dimora degli Antichi. Scoprono i resti di Gedney e di un cane, rivelando che le creature non erano morte, ma solo in ibernazione. Risvegliatesi, confuse e minacciate dagli umani, le creature reagiscono con violenza, innescando una serie di eventi che porta alla scoperta degli Shoggoth, esseri amorfi e plasmatici, creati dagli Antichi come schiavi, ma divenuti nel tempo i loro carnefici. La fuga disperata dei protagonisti culmina in un ritorno alla superficie carico di un terrore inesprimibile. Danforth, impazzito da una visione orribile oltre le montagne, si lascia dietro un mistero mai svelato. L’autore, attraverso il narratore, ci avverte delle terribili conseguenze della conoscenza proibita, implorando di non risvegliare gli orrori che dormono nelle profondità della Terra.
Il manoscritto originale di “Le montagne della follia” è stato recentemente riprodotto da SP Books, presentando note e correzioni di Lovecraft che gettano nuova luce sulla genesi del romanzo. Questo capolavoro, inizialmente rifiutato da “Weird Tales” e successivamente pubblicato in forma modificata su “Astounding Stories”, continua a tormentare e affascinare i lettori con la sua visione di un universo in cui la ricerca della verità può condurre alla follia. Lovecraft ci invita a esplorare i limiti della nostra comprensione, suggerendo che oltre le montagne della follia si nasconde una realtà che potrebbe annichilire la nostra sanità mentale. E così, con un misto di paura e meraviglia, ci immergiamo nelle sue pagine, consapevoli che il vero terrore risiede non solo nei mostri che ci descrive, ma nell’insondabile ignoto che ci circonda.