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L’angolo del GdR – La Storia Infinita?

Sui siti di settore si è ripreso a riflettere su un fattore importante per la bontà di un videogioco – si tratta della longevità. Titoli come Mass Effect 3, Dragon Age: Inquisition, The Witcher 3: Wild Hunt,  e il discorso in fondo vale anche per Rise of the Tomb Raider Star Wars: Battlefront 2,  escono con una campagna a giocatore singolo dalla durata prevista di un certo numero di ore. Una misura approssimativa della quantità di contenuto, e del tempo che il giocatore medio impiegherà per esaurirlo. Gli utenti navigati valutano un prodotto sulla base dei contenuti che offre, e sono spesso vogliosi di prolungare una buona esperienza di gioco.

É qui che intervengono i DLC, Contenuti Scaricabili che sono eredi delle Espansioni di una volta. Il giocatore esperto vede al di là di pubblicità e presentazione: un dato titolo e i suoi eventuali capitoli aggiuntivi devono appassionare, mettere alla prova, sorprendere ed emozionare. Considerata la spesa, al termine dei giochi si spera in un bilancio positivo e “sorridente”.

“Contenuti” è il termine pragmatico e tecnico che nel caso di GdR, MMORPG, giochi di esplorazione alla Tomb Raider, e persino sparatutto in prima persona, si traduce spesso con Avventure: intrecci di vicende, viaggi, dialoghi, personaggi e azione, che prevedono un inizio e una fine. Non per niente guerrieri, maghi, ladri, chierici, druidi ed altri protagonisti da GdR sono raggruppati sotto la categoria di “avventurieri”. Questi branditori di spade ed incantesimi (o magari armi e tecnologie futuristiche) in essenza non sono così diversi da Lara Croft, o da Indiana Jones, alla ricerca di “Fortuna e Gloria”.

Che ci si ritrovi al tavolo del Master, oppure seduti davanti al PC o alla console, acquisire potere per il proprio personaggio significa aprirgli nuove possibilità, nuovi percorsi e nuovi luoghi in cui saziare la propria sete di avventura. Immaginate di possedere la forza bruta sufficiente a sbaragliare la guardia personale di un nobile arrogante che credeva di potersi esimere dal pagare la ricompensa pattuita. In un altro caso si tratterà di sottrarre un certo oggetto magico dalla collezione di un crudele boss del crimine, sfuggendo a guardie e trappole con la destrezza, con l’inganno o con l’astuzia… Anche se i GdR più noti sono da sempre sbilanciati verso il combattimento, potere per il proprio personaggio in sostanza significa capacità crescente di conoscere ed alterare il mondo di gioco. Dove -conoscere- e comprendere è una voce importante che spesso passa inosservata. In molti sensi, il personaggio del GdR è il guanto che si adatta alle abilità del giocatore, vero motore e attore che opera all’interno dell’avventura con passione, ingegno e fantasia.

Nuove possibilità, nuove avventure: la barca dei nostri avventurieri si spinge sempre più in là, verso lidi sconosciuti che prima era difficile anche solo immaginare. É un viaggio che, nei momenti più belli e preziosi, si vorrebbe infinito. La memoria di questi istanti di meraviglia ci spinge a chiederne ancora.

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All’origine di tutto, il “fatidico” momento in cui il giocatore sceglie una classe (“Ma è forte…?”) e una razza (“Non ho idea di come sia fatto, uno gnomo…”) per il proprio, o la propria, protagonista. In corrispondenza con le prime scelte, si muovono i primi passi in una costruzione puramente fantasiosa, che tuttavia deve rispettare delle regole di auto-coerenza. Ne fanno parte i necessari limiti cui devono sottostare non solo gli eroi, ma anche i loro nemici. Nei GdR carta & penna, per immaginarsi all’interno del mondo di gioco, il nuovo avventuriero deve poter visualizzare umidi, oscuri sotterranei, foreste secolari dal fitto sottobosco, città medievaleggianti coronate da torri, oltre naturalmente alle persone e alle creature più o meno magiche che popolano un simile scenario. In questo e in altri sensi contribuisce ed è attivo. Master e avventurieri di oggi attingono in modo naturale da un bagaglio di strumenti posti nelle loro mani da libri più o meno illustrati, dal cinema e dalla televisione, da internet e, per l’appunto, dai videogiochi.

Se su un piatto della bilancia risiede l’immaginazione, sull’altro poggia il peso altrettanto importante della logica (e spesso della semplice casualità…). Una delle eredità più importanti e difficili dei GdR carta & penna è l’effetto che le diverse forze in campo (agendo secondo certi vincoli) producono sul mondo di gioco. Il gruppo di avventurieri rappresenta una di queste forze, ma la storia si scrive a più mani: il Master ed ogni singolo avventuriero danno il proprio contributo, e il finale non è predeterminato.

Tornando al nostro discorso sui contenuti videoludici, ancora una volta entriamo nel campo del gusto personale: apprezzare non vuol dire solo gradire, ma anche solo notare, vedere. Per fare degli esempi, se un certo giocatore cerca solamente azione e combattimento, la costruzione dell’ambiente, dei personaggi e dei dialoghi gli sarà indifferente, “invisibile”. Il lavoro speso nella loro realizzazione, inutile. Se invece quello che gli interessa è solo vivere una bella storia ed entrare in un mondo fantasy, ripetere scontri difficili perché non riesce a superarli, preoccuparsi del suo equipaggiamento, imparare il sistema di combattimento e delle abilità, è qualcosa che potrebbe infastidirlo. Da tempo gli sviluppatori hanno iniziato a rispondere a questo problema offrendo livelli di difficoltà compatibili con le varie esigenze, ed altre misure di adattabilità.

Giocatori con gusti diversi avranno quindi idee diverse e potenzialmente opposte, a proposito di quello che chiamerebbero “contenuto di gioco”, e “contenuto buono”, al quale siano disposti a dedicare tempo e denaro. Offrire un’esperienza variegata ed equilibrata è un’impresa difficile. Il GdR è un genere ibrido – attira un pubblico ampio, ma potenzialmente più difficile da soddisfare. Nell’ambito “carta & penna”, quando si tratta di costruire le avventure, gran parte del peso poggia sulle spalle del Master. Un Master responsabile e con esperienza si cura di venire incontro ai gusti dei suoi avventurieri. Non solo prepara quanto dovrebbe avvenire nella prossima sessione, ma anticipa, per quanto gli è possibile, le decisioni dei giocatori, guidandoli e lasciandosi guidare verso un’avventura, si spera, divertente e memorabile. I suoi mezzi, anche se “esili ed elementari”, paragonati a quelli ultramoderni e multimediali dell’industria videoludica, sono molto più adattabili, flessibili ed economici.

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D’altro canto, l’esperienza multimediale è ricca e complessa, capace di allacciarsi al suo fruitore con i mezzi dello scritto, della voce, dei suoni, della grafica, del movimento, della “cinematografia”. Per l’industria del videogioco creare contenuti di alta qualità rappresenta un investimento molto consistente. Nel caso di un titolo di alto profilo, pensato per il mercato internazionale (il cosiddetto AAA, “triple A”) si parla di anni di lavoro che impegnano un nutrito team di sviluppo, di decine di milioni di dollari di spesa, e di notevole azzardo per chi investe. Sceneggiatori e architetti dei GdR videoludici svolgono compiti simili a quelli dell’umile Master, ma sono professionisti che (almeno idealmente) puntano a standard elevati nella speranza di un largo successo di pubblico.

Nel loro caso però, i percorsi aperti all’iniziativa del giocatore (o giocatori) sono necessariamente più rigidi. Il Master e i suoi avventurieri, operando in tempo reale, anche se con mezzi rudimentali conservano adattabilità e versatilità per ora ineguagliate da qualunque copione preparato, per quanto complesso. GdR carta & penna e GdR videoludico operano attraverso canali diversi. Se vogliamo la loro relazione assomiglia a quella tra teatro semi-estemporaneo e mega-produzione cinematografica. Ognuno si sforza di sfruttare al meglio i propri specifici vantaggi.

I titoli più moderni su PC e console si sforzano di ampliare in ogni senso il territorio e le scelte che il giocatore può esplorare, ma ci sono sempre dei confini. Un GdR che sia “tutto testo”, per esempio, probabilmente garantisce più libertà ed alternative al giocatore, in quanto creare contenuto in tal caso costa meno. Di certo però non spingerà in avanti la frontiera della tecnologia, non sarà (perché non ambisce ad esserlo) una sbalorditiva esperienza multimediale, e non ne possiederà la travolgente attrattiva.

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Nei titoli prestigiosi che definiscono il genere, storia coinvolgente e ricca ambientazione non sono solo condimento per l’azione, oppure scenografia passiva e slegata. Piuttosto sono loro a dare senso alle azioni che il giocatore compie all’interno del mondo di gioco; a loro volta tali azioni influiscono in modo percepibile sulla storia e sull’ambientazione, dando luogo a un ciclo virtuoso, con relativa girandola di emozioni. Questa sinergia stabilisce un legame ancor più forte tra giocatore-attore e mondo fantastico.

Proteggere chi non può farlo da sé, sventare diabolici piani, salvare persone o comunità afflitte da oscure minacce, svelare misteri sepolti da polvere e oblio accumulatisi nei secoli… Certo, ci sono molti casi in cui l’equipaggiamento e di conseguenza la pura forza del personaggio, da mezzo si trasformano in fine. Tuttavia l’intenzione iniziale, da conservare per tutto lo sviluppo del gioco, dovrebbe essere di arrivare alla conclusione (si spera felice) della storia. Gloria, gioia, soddisfazione (e ricchezza…) sono le classiche ricompense dell’eroe. Sconfiggere mostri sempre più forti, trovare porte segrete, uscire da un buio labirinto sotterraneo: anche se ci piace dimenticarlo, farci affascinare dal gioco di prestigio, si tratta di superare ostacoli per raggiungere un traguardo finale e il relativo premio, un po’ come fa Lara Croft per svelare i misteri e i tesori dell’ennesima città perduta.

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Ogni singola quest, ogni breve avventura condivide questa matrice episodica e può essere cellula di un corpo più grande. Il tutto però prosegue solo fino a che si sa mantenere un equilibrio delicato, operazione che col procedere degli episodi si fa gradualmente più difficile. Più sono i nemici invincibili, le imprese incredibili, gli ostacoli insormontabili, gli amori impossibili, i voltafaccia imperdonabili, e di fatto le cime inviolate che vengono conquistate dallo stesso eroe o dalla stessa squadra, più il carattere per l’appunto eroico ed unico di ciascuna impresa s’incrina. Mi viene in mente il susseguirsi di espansioni sempre meno significative, tentazione tipica per i MMORPG. Altrettanto hanno fatto (o continuano a fare) serie televisive e saghe cinematografiche che si sono accorte troppo tardi di essere “esauste”.

Il sistema rischia di corrodere la propria coerenza e il proprio significato nel tentativo di offrire “una puntata in più”, oppure viene semplicemente a noia: ecco un altro scontro finale, con un nemico ancor più “definitivo” di quello, già odioso e terribile, che lo aveva preceduto. Il pubblico, memore delle precedenti esperienze, si rende più o meno conto di quando l’auto-coerenza inizia a traballare. Il rischio, nella ricerca compulsiva di sfide sempre più grandi e solo apparentemente nuove, è che ogni precedente impresa e trionfo perda valore. Infatti per molti fans il modo migliore di salvare le saghe più amate da una triste svalutazione, è limitare i danni decidendo di ricordarne solo le parti migliori.

Nessuna storia, nemmeno la più bella, può continuare all’infinito senza rischiare di erodere o addirittura tradire le proprie fondamenta e sua speciale identità.  Nell’ambito dei GdR, quando dilaga il senso di “già visto, già fatto”, il giocatore gradualmente si allontana, per noia o per frustrazione. Magari viene sedotto da pascoli più verdi, e decide, a ragione, che rappresentano un modo migliore di spendere il suo tempo. Se lo sciogliersi del gruppo prima della conclusione della campagna è un fallimento per il Master, lo è ancor più una “playerbase” che si disperde prima di essere giunta alla conclusione prevista di un certo titolo, o lo abbandona a poca distanza dall’uscita, generando un pericoloso effetto domino.

Come succede nel mondo del cinema, per un certo brand, una data saga, proseguire oltre il primo episodio (o la prima trilogia…) diventa via via più difficile. Lo stesso succede alle serie quando si allunga (magari troppo) la lista delle stagioni. Per questo motivo chi offre l’avventura, ed è bravo nel proprio mestiere, si cura di trovarle una degna e soddisfacente conclusione prima che si scada in un giro vizioso di ripetitività e frustrazione.  Un finale ben fatto esalta la qualità mantenuta per tutto il viaggio, e ne è il necessario coronamento.

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Potrà sembrare ovvio, ma l’abilità di far entrare e di condurre qualcuno all’interno di un mondo fantastico, è tanto importante quanto la grazia necessaria a radunare ogni filo della storia e a chiudere i giochi in bellezza, quando l’esperienza è ancora in attivo, in modo che come tale venga ricordata.

 

 

 

 

Francesco Pellegrini

Francesco Pellegrini

Autore del romanzo La Ragazza Spaziale, scrive articoli di settore avventura, fantasy, gaming. È appassionato di lunga data di Star Trek, Star Wars, di videogiochi e di romanzi, in particolare di Tom Clancy, Michael Crichton, Lee Child, J.K. Rowling.
Laureato con Lode in Lingue, la sua riflessione verte principalmente sullo storytelling e sull’importanza del raccontare in ambito letterario, televisivo, cinematografico e videoludico.

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