Nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974, nei pressi di San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna, una bomba ad alto potenziale esplode nella carrozza numero 5 del treno 1486 Italicus, partito da Roma e diretto a Monaco di Baviera. Le indagini, nonostante i numerosi depistaggi e le contraddizioni dei testimoni, hanno infine dimostrato la natura neofascista dell’attentato, senza però riuscire a individuare i colpevoli. La strage dell’Italicus — uno dei più gravi attentati messi in atto durante gli Anni di Piombo — è l’ultimo tassello del così detto “quinquennio nero”, che trova origine nella strage di Piazza Fontana, avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969.
“La strage dell’#Italicus sembra soffrire di un oblio inspiegabile, moralmente e storicamente.”
Dalla postfazione di @Baro_BarilliLa strage dell’Italicus
di Stefano “Bzi” Bonazzi e Vittorio Santi
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Essere il fratello di un eroe ti riempie di orgoglio e responsabilità, e sento ancora il dovere di essere il portavoce della tua figura esemplare e del tuo nobile gesto capace di salvare vite umane, perché oggi più che mai rappresenti per noi la speranza verso quel futuro migliore che tutti vogliamo.
Dalla prefazione di Franco Sirotti, fratello di Silver Sirotti, Medaglia d’Oro al Valor Civile, vittima della strage dell’Italicus
La strage dell’Italicus sembra soffrire di un oblio inspiegabile, moralmente e storicamente. Moralmente, perché è impossibile accettare che un attentato con 12 vittime non sia maggiormente ricordato. Storicamente, perché se Piazza Fontana è il punto di partenza dello stragismo nero, il treno Italicus è lo sbocco tragico di un periodo in cui la strategia della tensione si era evoluta, adattando profili, obbiettivi e tattiche al mutare della situazione geopolitica nazionale e internazionale.
Dalla postfazione di Francesco Barilli, mediattivista e sceneggiatore di Piazza Fontana e Piazza della Loggia