Larghissimi sono stati i consensi ottenuti da Nanni Moretti con il suo film ” La stanza del figlio”. Oltre chiaramente alla Palma d’Oro, commenti positivi sono arrivati dalla critica e da ogni parte politica e addirittura un quotidiano come “L’Osservatore Romano” ha espresso un profondo apprezzamento; ma ciò non vuol dire che il numeroso pubblico non sia diviso. I grandi amanti del Moretti graffiante, cinico, ironico hanno storto il naso di fronte a quest’opera. Il pubblico che meno conosce e ama i precedenti lavori del regista romano ha apprezzato questa pellicola. I primi accusano Moretti di essersi piegato ai gusti del pubblico raffinato e della critica; di aver trattato un tema toccante e commovente grazie al quale è facile suscitare sentimenti e ottenere consensi.
Certo è che c’è stata una cesura netta nella filmografia morettiana. Sono cambiati i temi e anche lo stile che si è fatto più introspettivo e piano. Insomma sembra che Moretti si sia messo un po’ da parte affrontando una tematica che gli è nuova, una tematica così forte e dolorosa da mandare in secondo piano le precedenti problematiche.Ruffianeria o maturità? Questo non lo possiamo sapere ma intanto possiamo gustare un’opera asciutta e rigorosa che porta a riflettere sulla morte esaltando la vita. Un’opera in cui tutti i problemi e le fobie creati dal benessere si rendono ridicoli ai nostri occhi e svaniscono nel pianto sommesso di due genitori che cercano un senso di fronte al dolore più grande. Una grande lezione di sentimenti veri, lontani dalla superficialità o dall’esasperazione e spettacolarizzazione.
E, considerato il quadro culturale attuale, non credo sia cosa da nulla.