La smisurata ambizione della famiglia della Famiglia Barberini

Nel cuore di Roma, le ombre del passato si intrecciano con i monumenti che caratterizzano il paesaggio della città eterna. Tra le leggende e le verità storiche, una in particolare è rimasta impressa nella memoria collettiva: la presunta esportazione e fusione dei bronzi antichi del Pantheon per la realizzazione del baldacchino di San Pietro. Questo atto, che si dice abbia sacrificato le massicce travature del pronao del Pantheon, divenne il fulcro di una celebre pasquinata che incise un marchio indelebile sulla reputazione della famiglia Barberini.

La pasquinata, che recita “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini” (“ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini”), rappresenta un’accusa pungente e satirica verso la famiglia del papa Urbano VIII. L’affermazione non era solo una critica verso il loro smisurato desiderio di autocelebrazione attraverso monumenti opulenti, ma anche una denuncia della spesa eccessiva che non esitava a ledere uno dei monumenti più venerati dell’antica Roma. Ma la verità dietro questa accusa è più sfumata di quanto la pasquinata non lasci supporre.

Sandro Barbagallo, critico d’arte de L’Osservatore Romano, ha identificato l’autore della famosa pasquinata nel monsignor Carlo Castelli, ambasciatore del Duca di Mantova. Questo è confermato dal diario stesso di Urbano VIII, conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana con il nome di Codice Urbinate 1647. A pagina 576, il diario narra:

“Dalle lingue malediche e detrattori di fama contaminata fu decantato lo spoglio d’un ornamento antico, benché ciò sia stato vero di aver levato quel Metallo, ma stimato ancor bene e posto, per essere stata ornata la Chiesa de’ SS. Apostoli, e si è visto a tempi nostri sopra di questi Critici la maledizione di Dio, perché l’Agente del Duca di Mantova che fu Detrattore di aver affissi i Cartelli di quell’infame Pasquinata da famiglia Barbera ad Barberina, egli morse d’infermità e nel letto chiedo perdono a Papa Urbano Ottavo.”

Questo passo non solo svela l’autore della pasquinata, ma testimonia anche la risposta e il risentimento che suscitò. Il documento rivela un episodio di grande rilevanza storica: l’agente del Duca di Mantova, dopo aver diffuso i cartelli della pasquinata, si trovò a letto con una grave malattia e chiese perdono al papa, quasi a confermare la paura e la colpa che l’aveva vista. ‘accusa poteva evocare.

La questione dei bronzi del Pantheon, tuttavia, non si limita alla loro presunta fusione per il baldacchino di San Pietro. È noto che parte di questo metallo è stato effettivamente utilizzato per la costruzione di 80 cannoni destinati a Castel Sant’Angelo. Louise Rice, storica dell’arte americana e docente alla New York University, ha proposto che la versione degli eventi fosse in realtà una costruzione propagandistica papale. Secondo Rice, si trattò di una vera e propria fake news, orchestrata ad arte per deviare l’attenzione e giustificare le azioni intraprese.

Inoltre, la questione dei materiali antichi non si limitava solo ai bronzi del Pantheon. Si narra che anche per la costruzione di Palazzo Barberini, la famiglia Barberini utilizzasse materiali provenienti dal Colosseo, alimentando ulteriormente le accuse di sacrilegio e sfruttamento dei resti dell’antica Roma.

La storia, così come la percezione popolare, è spesso plasmata da eventi e miti che si intrecciano con la realtà. Le accuse mosse contro i Barberini non sono solo il riflesso di un’opinione pubblica scettica, ma anche un esempio di come la verità storica possa essere manipolata e reinterpretata nel corso del tempo. La pasquinata rimane un potente simbolo di come le ambizioni e le azioni dei potenti possono contrastare e plasmare la memoria collettiva, riflettendo le tensioni e le polemiche di un’epoca.

La città di Roma, con il suo ricco patrimonio storico e culturale, continua a custodire segreti e leggende che arricchiscono la sua complessa narrazione. Il caso dei bronzi del Pantheon e della pasquinata Barberini è solo un esempio delle molte storie che si celano dietro le sue antiche mura, un racconto di ambizione, critica e, inevitabilmente, di storia in continua evoluzione.

Foto di copertina di Jebulon

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