La morte di Romolo: tra mito e realtà

Romolo è considerato il fondatore e il primo re di Roma, la città che porta il suo nome. Secondo la tradizione, egli era il figlio di Marte, il dio della guerra, e di Rea Silvia, una vestale. Abbandonato sulle rive del Tevere insieme al suo gemello Remo, fu allattato da una lupa e poi allevato da un pastore. Cresciuto, decise di fondare una nuova città sul colle Palatino, ma entrò in conflitto con il fratello, che voleva edificare sul colle Aventino. Il dissidio si risolse con la morte di Remo, ucciso da Romolo o da uno dei suoi seguaci.

Romolo divenne così il primo re di Roma, e si occupò di organizzare la città, le sue istituzioni, le sue leggi e il suo esercito. Per popolare la nuova città, invitò i vicini popoli a partecipare a una festa in onore del dio Consus, e poi rapì le loro donne, le famose sabine. Questo episodio provocò una guerra tra i romani e i sabini, che si concluse con la pace e l’unione dei due popoli, grazie all’intervento delle stesse donne rapite. Romolo regnò per trentotto anni, e condusse diverse campagne militari contro i nemici di Roma, come i latini, gli etruschi e i veienti.

Ma come finì la vita di questo eroe leggendario?

La tradizione ci offre due versioni molto diverse, una gloriosa e una tragica, che riflettono le diverse interpretazioni della storia romana.

La versione gloriosa: l’apoteosi di Romolo

La versione più nota e celebrata della morte di Romolo è quella che lo vede assunto in cielo, diventando un dio. Questa versione è raccontata da autori come Livio, Ovidio e Plutarco, che si rifanno a fonti antiche come Quinto Fabio Pittore e Diocle di Pepareto.

Secondo questa versione, dopo trentotto anni di regno, Romolo, all’età di cinquantaquattro anni, venne assunto in cielo durante una tempesta ed un’eclissi, avvolto da una nube, mentre passava in rassegna l’esercito e parlava alle truppe vicino alla Palus Caprae in Campo Marzio. L’improvvisa scomparsa del loro fondatore fece sì che i Romani lo proclamassero dio, con il nome di Quirino, in onore del quale fu edificato un tempio sul colle, chiamato in seguito Quirinale. Romolo era quindi figlio di un dio (Marte), re e pater (padre) di Roma. Ancora ai tempi di Plutarco si celebravano molti riti nel giorno della sua scomparsa, avvenuta secondo tradizione il 5 o il 7 luglio del 716 a.C. Durante la festa dei Quirinalia, celebrata il 17 febbraio, i romani lo onoravano come una divinità con il nome di Quirino.

Questa versione della morte di Romolo ha una chiara funzione mitica e religiosa, che mira a esaltare la figura del fondatore di Roma e a legittimare la sua origine divina. Romolo è il primo di una serie di personaggi illustri che, secondo la credenza romana, furono assunti in cielo dopo la morte, come Giulio Cesare, Augusto e altri imperatori. Inoltre, la sua apoteosi è collegata al fenomeno dell’eclissi, che era considerato un segno celeste di grande importanza. Infine, la sua identificazione con Quirino, il dio della guerra e della comunità romana, sottolinea il suo ruolo di capo militare e politico.

La versione tragica: l’assassinio di Romolo

Tuttavia, dietro questa versione edulcorata si nascondeva probabilmente una verità più cruda. Secondo un’altra storia diffusa, Romolo sarebbe stato ucciso dai senatori romani perché il suo potere stava diventando troppo autocratico e non teneva conto dei loro interessi. I patres, quindi, avrebbero complottato per ucciderlo e poi dismembrato il suo corpo, nascondendo i resti in varie parti della città. La testa di Romolo, in particolare, sarebbe stata tagliata in pezzi e persino mangiata dai senatori stessi, in un gesto di estrema barbarie.

Questa versione della morte di Romolo è attestata da autori come Dionigi di Alicarnasso, Tito Livio, Plutarco e Cassio Dione, che si basano su fonti come Ennio, Licinio Maceone e Lucio Calpurnio Pisone. Questa versione è anche confermata da alcuni indizi archeologici, come la scoperta di una tomba con un cranio umano sotto il Comizio, il luogo dove si riuniva il senato romano.

Questa versione della morte di Romolo getta una luce diversa sulle origini di Roma e sulle dinamiche di potere che caratterizzavano il periodo. Romolo non è più il padre benevolo e saggio, ma il tiranno sanguinario e dispotico, che suscita l’odio e la ribellione dei suoi sudditi. Il suo assassinio è il primo di una lunga serie di congiure e violenze che segneranno la storia romana, dalla caduta della monarchia alla fine della repubblica. Il suo corpo smembrato è il simbolo della frantumazione dell’unità politica e sociale di Roma, che sarà sempre minacciata da lotte interne e guerre civili.

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