La maledizione del Coniglio Mannaro

In “La maledizione del Coniglio Mannaro” ha vinto la comicità, la battuta senza pretese con Wallace e Gromit, l’uomo pazzo di formaggio e il suo assistente, un cane docile e premuroso chiaro nei suoi intenti e nelle sue sensazioni anche se non emette mai un verso. Questa volta i due eroi in plastilina sono alle prese, compassionevolmente parlando, di una piaga tenera e senza colpa: conigli, conigli ovunque che infestano i giardini della piccola città di Tottington. E Gromit è sempre alle prese con l’estrosità geniale e talvolta “irresponsabile” di Wallace. Come al solito è lui che fa da balia – e padrone?- a Wallace e già questo paradosso è carico di una comicità superba. Dal canto suo Wallace riesce a figurarsi come un tontolone di prima categoria e un genio incontrastato in invenzioni e marchingegni impensabili.

Un film molto divertente che colpisce in ogni fotogramma per la precisione e la cura di ogni gesto ed espressione. Per chi ama le atmosfere di Tim Burton ovviamente nulla è paragonabile, semplicemente questa è una storia fresca che scorre con piacevolezza. Il sorriso spesso nasce da meccanismi già visti, ma che funzionano come fossero nuovi, oppure da particolari molti sottili incorniciati con finezza. I personaggi di contorno – il prete è fenomenale – sono una novità ben riuscita.

Questo horror tutto vegetariano ha la suspense e i colpi di scena, la comicità e la favola. Inutile dire che il connubio è perfetto oltrechè originale.

 

Alice Rinaldi

 

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