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La Città Proibita – Il Barocco Wuxia di Zhang Yimou

Nel 2006, il maestro Zhang Yimou porta sul grande schermo La città proibita (满城尽带黄金甲, Mǎn chéng jǐn dài huángjīn jiǎ), un’opera maestosa che unisce il dramma shakespeariano alla spettacolarità visiva tipica del regista cinese. Con un cast stellare capitanato da Chow Yun-fat e Gong Li, il film si colloca tra il dramma storico e il genere wuxia, trasformando la tragedia familiare in una coreografia grandiosa di potere, tradimento e violenza.

Un’opulenta tragedia familiare

La trama, ispirata al dramma Temporale (雷雨, Léiyǔ) di Cáo Yǔ, viene traslata nella Cina imperiale e ambientata in un periodo che richiama la dinastia Tang posteriore, durante l’epoca delle Cinque Dinastie e Dieci Regni. Al centro della vicenda troviamo l’imperatore (Chow Yun-fat), un sovrano autoritario e spietato, la cui famiglia è lacerata da intrighi, vendette e segreti. L’imperatrice (Gong Li), oppressa e malata, trama in segreto mentre i principi lottano per l’amore e il potere in una corte che sembra un santuario dorato pronto a diventare un campo di battaglia.

La regia di Yimou eleva il dramma familiare a una dimensione epica, dove ogni sguardo e ogni gesto assumono un peso quasi operistico. L’opulenza dei costumi e la monumentalità delle scenografie fanno da contrappunto a una narrazione che affonda le radici nella tragedia classica: tradimenti, incesti, veleni e ribellioni costruiscono un climax inarrestabile, in cui la bellezza diventa il riflesso inquietante della brutalità del potere.

Una sinfonia visiva di colori e simbolismi

Se Hero (2002) e La foresta dei pugnali volanti (2004) avevano già mostrato l’inclinazione pittorica di Zhang Yimou, La città proibita spinge questa estetica all’estremo. Il giallo oro domina la scena, dalle armature scintillanti ai tessuti riccamente decorati, evocando la magnificenza imperiale ma anche la corruzione e la decadenza. La simmetria esasperata delle inquadrature trasforma il palazzo imperiale in una gabbia sontuosa, dove i personaggi si muovono come pedine di un gioco mortale.

La fotografia di Zhao Xiaoding esalta la teatralità della messinscena, mentre le scenografie di Huo Tingxiao e i costumi di Yee Chung Man creano un universo visivo che fonde il barocco europeo con l’estetica della Cina imperiale. Ogni inquadratura è un dipinto, ogni battaglia un affresco vivente che esplode in una danza di colori e sangue.

Un wuxia fuori dagli schemi

Pur appartenendo al filone del wuxia, La città proibita si distacca dalle dinamiche tipiche del genere. Qui non troviamo la leggerezza aerea dei combattimenti di Hero, né il lirismo romantico de La foresta dei pugnali volanti. Yimou opta per una violenza più brutale e fisica, con battaglie che hanno il peso del ferro e del sangue piuttosto che la grazia della danza. Il regista non cerca la fluidità del combattimento, ma il contrasto tra il fasto imperiale e il caos della guerra, rendendo lo scontro finale un’apocalisse dorata, in cui migliaia di soldati si affrontano in un vortice visivo di devastante bellezza.

Le interpretazioni: un duello di titani

Gong Li e Chow Yun-fat offrono interpretazioni magnetiche. Gong Li incarna un’imperatrice tormentata, intrappolata tra desiderio e disperazione, regalando una performance intensa e stratificata. Chow Yun-fat, dal canto suo, porta in scena un imperatore glaciale e spietato, la cui autorità è una maschera di paranoia e insicurezza. I due attori trasformano ogni scena condivisa in un duello psicologico di sguardi e parole taglienti, mentre i giovani principi interpretati da Jay Chou, Liu Ye e Qin Junjie aggiungono ulteriore tensione a un dramma già incandescente.

Musica e suono: il battito della tragedia

Le musiche di Shigeru Umebayashi accompagnano la narrazione con una colonna sonora che alterna momenti di solennità a esplosioni di pathos. Le percussioni e gli strumenti tradizionali cinesi enfatizzano il senso di fatalismo che avvolge l’intera vicenda, mentre il sound design amplifica il contrasto tra il silenzio minaccioso della corte e il fragore devastante della battaglia finale.

Un’opera sontuosa e spietata

La città proibita è un film che divide: alcuni lo trovano un esercizio di stile eccessivo, altri lo considerano un capolavoro visivo. Di certo, Zhang Yimou realizza un’opera ambiziosa che fonde il dramma familiare alla grandiosità dell’epica storica, in un affresco cinematografico che ipnotizza con la sua bellezza e colpisce con la sua crudezza.

Non è solo un film wuxia, né solo un dramma storico: è un’opera che trasforma la tragedia in spettacolo e lo spettacolo in tragedia, dimostrando ancora una volta la capacità di Zhang Yimou di reinventare il cinema cinese con una visione inconfondibile.

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