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Sergio Toppi e l’eco della guerra: “Köllwitz 1742”, un affresco epico sull’anima umana

C’è qualcosa di sacro nel prendere in mano un’opera di Sergio Toppi. Un senso quasi rituale che si prova nel posare gli occhi sulle sue tavole, dense, complesse, cariche di tensione e significato. E quando a firmare il volume è il tempo stesso, quello della Storia con la “S” maiuscola, la lettura diventa un viaggio intimo e spietato tra le pieghe dell’umanità. È il caso di Köllwitz 1742, l’ultima uscita delle Edizioni NPE dedicata al maestro milanese, un volume che raccoglie quattro racconti disegnati e narrati con la consueta potenza evocativa di un autore che ha saputo scolpire nel fumetto qualcosa che va ben oltre il disegno: l’anima stessa della narrazione visiva.

Se vi aspettate il classico fumetto bellico con sparatorie e rombi di cannoni, vi sbagliate di grosso. Toppi non è mai stato interessato al rumore della guerra, quanto piuttosto ai suoi silenzi, ai volti segnati dal dubbio, alle mani che tremano prima di sparare, agli sguardi persi di chi si interroga se sia giusto obbedire. Köllwitz 1742 è proprio questo: un mosaico di storie che sanno parlare alla coscienza del lettore.

Nel volume troviamo quattro racconti: Köllwitz 1742, Tell Aqqaqir 1943, Qualcosa che mi cammina vicino e Nahim. Quattro titoli, quattro epoche, quattro teatri di guerra apparentemente lontani eppure legati da un unico filo rosso: l’inutile crudeltà dei conflitti e la tenace sopravvivenza dell’umanità anche dove tutto sembra perduto.

La guerra secondo Toppi

Nel racconto che dà il titolo al volume, siamo proiettati nel cuore dell’Europa del Settecento, durante le guerre del re di Prussia. Köllwitz 1742 non è solo un episodio di guerra: è un’indagine sul concetto stesso di obbedienza, sull’onore, sulla disillusione. Il soldato che osserva, riflette e si lascia attraversare dai dubbi è una figura ricorrente nelle opere di Toppi, come se il vero campo di battaglia non fosse la trincea, ma la mente dell’uomo.

Poi c’è Tell Aqqaqir 1943, ambientato nel deserto del Nord Africa, dove il conflitto assume toni quasi metafisici. La sabbia inghiotte le certezze, la distanza tra nemico e fratello si assottiglia. La narrazione si fa simbolica, come se Toppi ci volesse dire che, sotto l’uniforme, il cuore batte allo stesso ritmo.

Qualcosa che mi cammina vicino è invece un racconto che sfocia nell’horror psicologico, portandoci dentro una guerra diversa, fatta di paure che strisciano nell’anima. Qui l’elemento bellico è lo sfondo per una riflessione sulla perdita dell’identità, sulla follia che prende il sopravvento.

Infine, Nahim ci conduce nei Balcani dilaniati dalla guerra civile jugoslava. Un’ambientazione più recente, più vicina a noi, forse per questo ancora più dolorosa. È qui che il tratto di Toppi diventa grido e preghiera, testimonianza e denuncia. Le sue linee si fanno nervose, le ombre più fitte, il nero più cupo.

L’arte di raccontare il dolore

C’è una frase che ogni lettore di Toppi prima o poi si ritrova a pensare: “Questo non è solo un fumetto”. Perché nelle sue storie ci sono la letteratura, la pittura, la poesia. C’è Goya, c’è Rembrandt, c’è Pasolini. Le sue tavole sono costruite come quadri, ogni vignetta è pensata per colpire come un pugno o accarezzare come una carezza inaspettata. Non c’è mai nulla di gratuito. Ogni tratto ha una funzione narrativa e psicologica. Il volto scavato di un soldato, l’esplosione lontana, il volo lento di un avvoltoio: tutto concorre a costruire un racconto che è visivo e spirituale.

Toppi non ci dà risposte. Ci mette di fronte a interrogativi scomodi. Ci chiede: “E tu? Cosa avresti fatto?”. È un autore che non racconta la guerra, la interroga. E nei suoi silenzi disegnati ci costringe a riflettere sulle scelte, sulla coscienza, sulla nostra complicità nel male che spesso preferiamo ignorare.

Un’eredità che parla alle nuove generazioni

Köllwitz 1742 è il venticinquesimo volume della collana che Edizioni NPE sta dedicando a Sergio Toppi. Un’opera preziosa, curata con rispetto e passione, che ci restituisce uno dei grandi maestri del fumetto italiano in tutta la sua potenza espressiva. È anche un’opportunità per le nuove generazioni di scoprire un autore che non ha mai cercato la spettacolarizzazione, ma che ha sempre scelto la profondità. In un’epoca in cui tutto è veloce, istantaneo e superficiale, Toppi ci invita a fermarci, a osservare, a pensare. E questa, forse, è la più grande forma di resistenza culturale: insegnarci a guardare il mondo con occhi più attenti, più critici, più umani.Köllwitz 1742 sarà in libreria dal 25 aprile. Se amate il fumetto storico, quello che non ha paura di sporcarvi l’anima pur di raccontare la verità, allora non lasciatevelo sfuggire.

Enrico Ruocco

Enrico Ruocco

Figlio della GOLDRAKE generation, l’amore che avevo da bambino per il fumetto è stato prima stritolato dall’invasione degli ANIME, poi dall’avvento dei Blockbuster e annientato completamente dai giochi prima per PC e poi per CONSOLE.
In seguito con l’arrivo del nuovo millennio, il tanto temuto millennium bug , ha fatto riaffiorare in me una passione sopita soprattutto grazie ad INTERNET.
Era il 2000 quando finalmente in Italia internet diventava sempre più commerciale, ed io decisi di iniziare la mia avventura sul web creando il mio sito TUTTOCARTONI. Sito nato da una piccola ricerca fatta fra quello che “tirava” sul web e le mie passioni. Sappiamo bene cosa tira di più sul web … sinceramente non lo ritenni adatto a me, poi c’era lo sport, altra mia passione ma campo altamente minato. Infine c’erano i cartoon e i fumetti…beh qua mi sentivo preparato e soprattutto pensavo di trovare un mondo PACIFICO…
Man mano che passava il tempo l’interesse si spostava sempre più verso il fumetto, ed oggi, nel 2017, guardandomi indietro e senza vantarmi troppo posso considerarmi un blogger affermato e conosciuto, uno dei padri degli eventi salernitani dedicati al mondo del fumetto ma soprattutto lettore di COMICS di ogni genere.

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