Intervista a Daisy Franchetto

Oggi ho l’onore di presentarvi Daisy Franchetto. Scrittrice, autrice di diversi libri (alcuni anche tradotti in più lingue). Anche lei, come altri autori qua intervenuti, fa parte della grande famiglia di Dark Zone (DZ Edizioni). Una donna forte di una forza maturata con le sue esperienze. Ma lasciamo che a parlare sia lei. Buona lettura! E ricordatevi di visitare i link in fondo all’articolo.

Introduciti e parlaci un po’ di te.

Eccomi, sono Daisy. Vi racconto di alcune cose che ho fatto perché hanno molto a che vedere con ciò di cui scrivo. Ho lavorato per dodici anni in comunità psichiatriche, sono stata in zone di guerra come volontaria (ex- Jugoslavia, Rwuanda e Kossovo), ho lavorato come counselor, ho in corso una ventennale attività di scavo nella mia psiche e nella mia anima. Recentemente ho deciso di portare quel che ho imparato in editoria: scrivo, mi occupo di correzione bozze e di ufficio stampa.

Ora introduciti e raccontaci qualcosa di te, ma nel tuo stile di narrazione!

Mi piace condurre il lettore e introdurlo in ambienti che forse non gli sono familiari, mi piace parlare di argomenti importanti utilizzando immagini, simboli e archetipi, ma anche presentando la realtà per quella che è. Le mie trame sono complesse e le chiavi di lettura molte, per questo lo stile è curato e lineare, perché nessuno si perda in mondi paralleli.

Quando hai iniziato a scrivere?

Ho sempre scritto molto per lavoro, ma ho iniziato a dedicarmi alla narrazione dodici anni fa, in un momento di grande ispirazione, che per ora non mi ha ancora abbandonata.

Hai un genere preferito, oppure ti piace scrivere su più generi?

Devo essere onesta: non credo di avere un genere. Molto di quello che scrivo ha una forte componente fantastica, ma sfocia nel surreale e nell’onirico, con ambientazioni a cavallo tra il mondo reale e le dimensioni parallele. Quindi può essere definito in un certo senso fantasy, ma i cultori del genere faticherebbero a inquadrare la mia opera in questo senso. Inoltre, quasi tutto è permeato da una lettura psicologica degli eventi.Tratto argomenti che non vengono abitualmente accostati al fantasy. Ecco, io credo di usare il fantasy, ma di non scrivere fantasy. Da lettrice mi appassiono a generi molto diversi tra di loro e questo si riflette nella mia scrittura.

Quando ti capita di stare in giro e ti viene un’idea, come la “intrappoli” (note vocali sul telefono, appunti veloci su un blocco note etc.)?

Utilizzo foglietti, carte di cioccolatini, pezzetti di agenda oppure l’agenda stessa scarabocchiando tra gli appuntamenti, lo dico alla prima persona che mi capita a tiro, sperando che lei ricordi quello di cui abbiamo parlato.

Ci sono autori a cui ti ispiri?

Ci sono autori che amo e che credo abbiano influito sulla mia produzione: Márquez, Murakami, Benni, Pennac.

Quando devi scrivere un nuovo racconto, ci sono mille cose da tenere in considerazione. Noi siamo tutti abituati a leggere i libri in maniera lineare, e molte volte ci sono capitoli interi con flashback o richiami alla lore, o alla storia personale del protagonista. Queste cose tu preferisci definirle prima, oppure scrivi i capitoli in sequenza e le sviluppi man mano?

Scrivo sempre tutto in sequenza, seguendo lo stesso filo che condurrà poi la lettura una volta che il romanzo sarà finito. Mi preparo una traccia e una linea con lo sviluppo della storia e soprattutto gli “incastri” fondamentali, ma poi proseguo in modo lineare. Non salto mai i capitoli, non anticipo mai la scrittura delle scene, ho bisogno di ordine.

Come si sceglie il titolo di un libro (o di un racconto)?

All’inizio! Non riesco a scrivere né un libro né un racconto se non so come si intitola. Per me è fondamentale rapportarmi alla storia sapendo come chiamarla. Rispetto alla scelta sono sempre stata fortunata, i titoli affiorano spontaneamente, senza grandi ragionamenti, così come i nomi dei personaggi e per fortuna sono sempre piaciuti anche all’editore.

Come scegli la suddivisione in capitoli?

La suddivisione è dettata dal ritmo della storia, dalla scansione degli eventi. Mentre scrivo so esattamente che si sta avvicinando la necessità di chiudere il capitolo. Mi piacciono i capitoli brevi, ma sono flessibile: se la storia richiede un capitolo lungo, allora lungo sia. Poi amo che il capitolo si chiuda con “un’inspirazione” che avrà la sua espirazione all’inizio del capitolo successivo. Mi piace che sia così per il lettore e mi piace che questo accada anche a me nella scrittura. Interrompo la sessione di scrittura sempre con una scena sospesa, sapendo che la sessione successiva partirà da lì e che mi è chiaro cosa dovrò scrivere.

Tu sei autoprodotto, o hai un editore?

Ho avuto una breve esperienza di autoproduzione, ma da molto tempo ho un editore, DZ Edizioni. Ho poi collaborato ad alcuni progetti con edizioni Bakemono Lab.

Nei tuoi racconti, quanto c’è di attualità, per quanto celata dietro metafore?

Molto. La realtà che vivo e che vivono le persone intorno a me è la base per scrivere, l’ispirazione fondamentale e la spinta a concludere il mio progetto.

E nei tuoi personaggi, quanto c’è di te?

Direi tanto, anche se in alcuni ci sono aspetti esasperati di me. Con il tempo però mi accorgo che i personaggi che sviluppo iniziano a staccarsi da me, da quello che sono. Come se nei primi libri avessi avuto un grande bisogno di far uscire me stessa e ora ci fosse lo spazio per far uscire altro.

Vuoi lasciare un messaggio ai lettori di Satyrnet che vogliono avvicinarsi alla scrittura?

Lancio a loro lo stesso messaggio che lancio anche a me stessa: per scrivere bisogna vivere, leggere e scrivere. Bisogna fare tanta esperienza di tutti e tre e continuare ad applicarsi. Vivete tanto, anche le cose brutte che vi capitano, fatene tesoro, trasformatele in scrittura. Leggete tutto quello che vi solletica e scrivete tanto, tanto, tanto.

Se vi è piaciuta Daisy, volete approfondire la conoscenza e leggere i suoi libri, visitate i seguenti link:

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