Come mi amava dire un mio mito, ognuno nel suo piccolo sposa una “causa”, fa solidarietà come meglio crede e di casi come quello di Alessia purtroppo il mondo è pieno . Le ultime duedi questa mia intervista mi hanno fatto molto riflettere e sono giunto alla conclusione che a mio avviso IL MONDO DEL COSPAY e DELLE FIERE nuota in un mare di ipocrisia.
Il cosplayer medio (qualsiasi cosa questa espressione possa significare…) non perde mai occasione per sottolineare quanto la sua passione sia fondata non sul desiderio di apparire, ma su “valori ben precisi” di amicizia, solidarietà,etc…
Nei fatti però i cosplayers sono i primi a non interessarsi ad iniziative come quella di “Alessia in Cosplayland”, non fanno fatica invece ad essere attratti da fiere “di grido” in cui vengono promessi premi e “visibilità”.
D’altro canto gli organizzatori spesso (per non dire quasi sempre) approfittano spudoratamente di questo fenomeno per aumentare il numero degli ingressi ai loro eventi.
Sono i primi a lamentarsi per queste invasioni pacifiche e poi fanno ben poco per offrire ai cosplayer un luogo confortevole in cui divertirsi o per promuovere concretamente iniziative lodevoli come quella di “Alessia in Cosplayland”.
Alessia sicuramente non è l’unica disabile al mondo, ma è l’unica COSPLAYER disabile che ha avuto il coraggio di parlare della sua vita per far capire che per lei il cosplay è stato uno strumento d’integrazione e crescita, che le ha permesso di superare le barriere reali ed ideologiche che la circondavano.
Un mondo – come quello dei Cosplay – che non sa far suo questo esempio, che futuro può avere?
Un ringraziamento particolare va a Travis Touchdown per l’aiuto nella stesura del pezzo.